Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17771 del 29/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 29/07/2010), n.17771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1,

presso lo studio dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

VIAGGI & TURISMO MAROZZI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA,

V.

ANTONIO CANTORE 5, presso lo studio dell’avvocato PONTECORVO MICHELE,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 758/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 07/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. CURCURUTO Filippo;

udito l’avvocato PONTECORVO MICHELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che:

1. Con la sentenza ora impugnata la Corte d’Appello di Perugia, in sede di rinvio, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di S.C., autista della Viaggi & Turismo Marozzi S.r.l., volta ad impugnare il licenziamento disciplinare intimatogli nel 1995 per non aver versato, dopo più di un mese dal loro incasso, il prezzo dei biglietti per un importo di L. 3.563.309.

2. La Corte ha respinto l’eccezione di nullità del licenziamento per la violazione della procedura prevista dal R.D. n. 148 del 1931, ritenendo inapplicabili all’azienda le norme citate, in difetto del requisito occupazionale di oltre 25 dipendenti e di provvedimenti dell’autorità amministrativa competente circa l’esigenza di disporre di personale in numero così elevato.

3. Nel merito, la Corte ha poi ritenuto che il fatto contestato avesse pregiudicato irrimediabilmente il vincolo fiduciario fra le parti e che la prassi di tolleranza dei ritardi nelle consegne, addotta dal lavoratore a giustificazione del proprio operato, non fosse stata provata.

4. S.C. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per tre motivi.

5. La società intimata resiste con controricorso.

6. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della L. 22 settembre 1960, n. 1054, art. 1, dell’art. 53 del Regolamento allegato a) al R.D. 8 gennaio 1931, n 148;

illogicità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia.

7. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., carenza, insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia.

8. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c., assenza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia.

9. E’ ormai principio consolidato che in tema di ricorso per cassazione, secondo il cit. art. 366 bis cod. proc. civ., è necessaria, in base a quanto disposto dall’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (per tutte. Cass. Sez. Un., 16 novembre 2007, n. 23732; Cass. 24 luglio 2008, n 20409).

10. Del pari consolidato è l’orientamento secondo cui nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ. nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al precedente art. 360, n. 5 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Nel medesimo ordine di idee è stato quindi affermato che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

(Cass. Sez. Un, 1 ottobre 2007, n. 20603).

11. Dalla lettura del ricorso emerge la totale assenza dei quesiti di diritto, come pure dei momenti di sintesi, ad essi omologhi, necessari per una chiara ed immediata comprensione delle censure motivazionali.

12. Così stando le cose, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per onorari, oltre ad IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2010

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