Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1777 del 27/01/2021

Cassazione civile sez. II, 27/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 27/01/2021), n.1777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22075-2019 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY n.

23, presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 28.4.2017 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso avverso il provvedimento del 16.9.2015, notificato il 4.3.2016, con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano aveva respinto la domanda di H.A. volta al riconoscimento della detta protezione.

Interponeva appello l’ H. e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza oggi impugnata, n. 21/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione H.A. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe deciso la causa senza considerare la situazione di violenza generalizzata ed insicurezza esistente in (OMISSIS), Paese di origine del richiedente, e senza valorizzare il fatto che i diritti alla vita e all’alimentazione rientrano nell’alveo delle prerogative inviolabili della persona.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame della sua storia personale in relazione alla situazione di grave compromissione dei diritti umani esistente in (OMISSIS). In particolare, il giudice di merito avrebbe dovuto apprezzare la sostanziale inefficienza del sistema giudiziario interno, esposto alle ingerenze dei gruppi e delle consorterie più potenti, tra le quali i creditori che perseguitavano l’ H..

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione della Direttiva 2004/32/CE del Consiglio del 29.4.2004 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, perchè la Corte milanese avrebbe omesso di applicare al caso specifico l’onere della prova attenuato vigente in materia di protezione internazionale.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate solo in parte.

Va premesso che la Corte di Appello ha motivatamente escluso la sussistenza, nel caso di specie, di validi motivi per riconoscere all’ H. lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Il ricorrente aveva infatti narrato di essersi sposato con una propria cugina, di avere un figlio di nove anni, di aver iniziato un’attività commerciale in patria, per la quale aveva contratto ingenti debiti. Dopo il fallimento di tale intrapresa, l’ H. aveva deciso di espatriare per cercare condizioni economiche migliori, anche per poter onorare i debiti che aveva contratto, aggravatisi poi a fronte delle spese funerarie rese necessarie dalla morte del padre. La Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la vicenda presentasse un carattere esclusivamente privato e non offrisse alcuno spunto per il riconoscimento della protezione internazionale, anche a prescindere dalla credibilità del racconto. Tale duplice ratio decidendi non è utilmente attinta dai motivi, con i quali il richiedente non indica alcun elemento di fatto che il giudice di merito avrebbe omesso di considerare, o avrebbe considerato in modo non adeguato o non corretto, ma si limita a proporre censure generiche, che in sostanza si risolvono in una inammissibile richiesta di riesame del merito, estranea all’oggetto e ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Del pari non adeguatamente attinto dai motivi di ricorso è il punto della motivazione con cui la Corte di Appello esclude il riconoscimento della protezione umanitaria, posto che l’ H. non aveva allegato alcun profilo di vulnerabilità personale, nè documentato un effettivo percorso di integrazione socio-lavorativa, nè alcun problema di carattere sanitario. Egli, infatti, si era limitato ad affermare di “lavorare in modo irregolare in una sartoria di Roma da circa un anno… parla e comprende in maniera modesta l’italiano e non è stato finora in grado di reperire un effettivo e regolare lavoro; non ha in alcun modo documentato alcun tentativo di migliorare la sua posizione, partecipando a corsi di lingua o di formazione professionale” (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata). Nè aveva allegato, sempre secondo il giudice di merito, alcun serio rischio di compromissione del nucleo inalienabile dei suoi diritti fondamentali, in caso di rientro in Patria. Il ricorrente non si confronta con tale motivazione, non indicando alcun elemento che la Corte lombarda non avrebbe tenuto in considerazione ovvero avrebbe erroneamente apprezzato; di conseguenza, la censura è del tutto carente della necessaria specificità.

Sono pertanto inammissibili le doglianze relative, rispettivamente, al mancato riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) e della tutela umanitaria.

Sono invece fondate le censure relative al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) poichè la Corte milanese ha erroneamente escluso la sussistenza di una condizione di pericolosità diffusa e violenza generalizzata in (OMISSIS) senza indicare le C.O.I. consultate per pervenire a detta soluzione. La sola affermazione, contenuta a pag. 5 della sentenza impugnata, secondo cui “Il (OMISSIS) non può dirsi caratterizzato da una situazione configurabile come conflitto armato e nemmeno da un contesto di violenza generalizzata…” non è certamente sufficiente a dar conto della specifica fonte informativa consultata e della pertinenza e aggiornamento dell’informazione da essa tratta. Sul punto, merita di essere affermato il principio per cui “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv.653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv.654174). A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, dichiarandolo per il resto inammissibile; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2021

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