Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1777 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.24/01/2017),  n. 1777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12239/2015 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE VATICANO 45,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO GABRIELLI, rappresentato

e difeso dall’avvocato SALVATORE GIGLIOTTI, in forza di mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A.; G.V., in proprio e quale

erede di G.M.; G.S., G.A.,

M.M.G., quali eredi di G.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1559/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

emessa il 20/10/2014 e depositata i14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. Nel 2000 R.M. conveniva in giudizio G.V. e M. e la Nuova Ti(t)rrena S.p.a. per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni da lui riportati nel sinistro stradale avvenuto in data (OMISSIS) allorchè, mentre viaggiava sulla sua autovettura Fiat Uno, questa era venuta in collisione con la Fiat Uno condotta da G.V., di proprietà di G.M. ed assicurata dalla Nuova Tirrena S.p.a, che, viaggiando a velocità elevata aveva invaso la corsia di pertinenza del veicolo condotto dall’attore.

Si costituiva la sola Nuova Tirrena S.p.a. che contestava la domanda affermando che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva del R. tanto che la società assicuratrice di questi, la Meie Assicurazioni S.p.a., aveva risarcito i danni a controparte.

Il Tribunale di Lamezia Terme con sentenza del 3 novembre 2009 accoglieva in parte la domanda, dichiarando la colpa concorrente e paritaria dei due conducenti e liquidando il danno alla persona nella misura indicata dal ctu e sulla scorta delle tabelle di Milano e quello alla vettura nella metà dell’importo di cui alla fattura confermata in giudizio dal teste.

La Groupama Assicurazioni S.p.a. (già Nuova Tirrena S.p.a.) proponeva appello cui resisteva il R. che proponeva pure appello incidentale mentre restavano contumaci G.V. e M..

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 4.11.2014, in accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma della sentenza impugnata, determinava in complessivi Euro 18.406,29, oltre interessi, la somma, già corrisposta, dovuta al R. a titolo risarcitorio da G.V., G.M. e Groupma Assicurazione, in solido tra loro; rigettava l’appello incidentale e compensava tra le parti, per la metà, le spese del doppio grado del giudizio di merito, ritenendo i convenuti in primo grado soccombenti in misura prevalente.

Avverso la sentenza della Corte territoriale il R. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico ed articolato motivo.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

2. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

3. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione art. 2054 c.c. – artt. 112, 113, 155 e 166 c.p.c. – Omesso esame circa i fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti – Motivazione insufficiente e contraddittoria, in relazione art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5)”, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto errata la sua tesi difensiva in quanto 1) le affermazioni del R. avrebbero estrapolato un solo elemento dal contesto delle risultanze, anche di quelle relative alle indagini preliminari; 2) la lettura offerta dalla consulenza si “discosterebbe dai termini effettivi desumibili dalla medesima che riaffermerebbero la concorrente responsabilità dei due conducenti”. Assume il R. che egli non avrebbe estrapolato un solo elemento dal contesto delle risultanze ma avrebbe evidenziato, oltre all’effettiva portata della consulenza tecnica disposta dal P.M., anche l’importanza” dell’allegato costituito dallo schizzo planimetrico, la posizione delle vetture coinvolte e la dichiarazione del M. resa in sede di s.i.t. valorizzata dai rilievi contenuti nella c.t.u.; inoltre il complessivo esame delle circostanze acclarate anche dalla sola consulenza tecnica sarebbe in netto contrasto con l’affermazione di una responsabilità concorrente e, a tutto concedere, con l’affermazione di una responsabilità paritaria.

Sostiene inoltre il R. che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe incongrua, carente o contraddittoria laddove la Corte di merito desume “il concorso” dal solo rilievo che entrambi i conducenti avrebbero determinato il sinistro a seguito di distinte violazioni ad essi imputabili, poste in essere alla guida delle rispettive vetture.

Assume il ricorrente che in base alla risposta data dal consulente d’ufficio al quesito n. 3 secondo cui il sinistro non si sarebbe verificato se il G. avesse mantenuto la sua andatura nei termini prescritti, non si sarebbe potuta applicare nel caso all’esame la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., essendo stata data, attraverso la consulenza tecnica, la prova liberatoria circa l’inesistenza di un apporto causale del R. il quale nulla avrebbe potuto fare per evitare il sinistro, che si sarebbe verificato per il solo esclusivo apporto causale della condotta di guida del G..

Si duole inoltre il ricorrente che la Corte territoriale non si sia pronunciata in ordine alla domanda subordinata con cui aveva chiesto di attribuire “un concorso su base maggioritaria a carico del G.” e che, comunque, la Corte avrebbe “omesso di esplicitare i criteri di determinazione della responsabilità incorrendo nel vizio motivazionale sotto forma di assoluta carenza argomentativa a supposto della tesi del concorso di colpa… e, a maggior ragione della tesi dell’insussistenza di apporti prevalenti, pur in presenza di circostanze di maggiore rilievo influenti sulla dinamica del sinistro sia in termini di colpa che di nesso causale ascritte alla condotta di guida del G.”.

4.1. Il motivo non può essere accolto.

4.2. Va anzitutto rilevato che il motivo difetta di specificità, essendo stati riportati in ricorso solo brani della c.t.u. e della deposizione resa in sede di s.i.t. da M.A., estrapolatì dall’intero contesto in cui gli stessi sono inseriti nè è ivi riprodotto lo schizzo planimetrico cui pure si fa riferimento nel ricorso; pertanto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non è dato a questa Corte valutare dal contenuto del ricorso la decisività di tali elementi probatori (v., ex plurimis, Cass. 4/03/2014, n. 4980; Cass. 17/07/2007, n. 15952), sicchè, sotto tale profilo, il motivo risulta inammissibile.

4,3. Neppure è fondata la censura, cha va pertanto rigettata, secondo cui la Corte di merito avrebbe violato l’art 112 c.p.c. per non aver statuito sulla domanda subordinata formulata dal R., avendo invece la predetta Corte espressamente affermato che “non v’è dunque alcuna ragione per discostarsi da quanto già concluso dal primo giudice, che ha esattamente e compiutamente valutato tutte le risu1tane, le quali tutte, conducono alle medesime conclusioni, quanto ad una ricostruzione che non consente nè di escludere responsabilità concorrenti, nè di ripartirle in misura diversa”.

4.4. Inoltre, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, al quale va data continuità in questa sede, in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia – come nel caso all’esame – caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (Cass. 14/07/2003, n. 11007; Cass. 23/02/2006, n. 4009; Cass. 25/01/2012 n. 1028).

4.5. Risultano pure inammissibili le censure motivazionali proposte, evidenziandosi al riguardo che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 4 novembre 2014, nella specie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Alla luce del nuovo testo della richiamata norma del codice di rito, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4), (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata rifonnulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denuncìabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che sì tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nella specie, con le censure formulate nell’illustrazione del motivo all’esame, il ricorrente, lungi dal proporre delle doglianze che rispettano il paradigma legale di cui al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ripropone, come peraltro chiaramente si desume già dalla rubrica del motivo all’esame, inammissibilmente lo stesso schema censorio del n. 5 nella sua precedente formulazione, inapplicabile ratione temporis, nè può ravvisarsi nella specie un omesso esame di fatti decisivi, pure indicato nella rubrica del mezzo, vizio, questo, effettivamente riconducibile al vigente n. 5 del citato art. 360, dovendosi ribadire l’estraneità della omessa valutazione delle prove – su cui è, invece, incentrata buona parte della critica del ricorrente alla motivazione della sentenza impugnata – al paradigma censorio di nuovo conio”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio dispone la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata e, preso atto che non sono state depositate memorie, ritiene di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella sopra riportata relazione.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. Non vi è luogo a provvedere per le spese del giudizio di cassazione nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017

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