Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17769 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. II, 26/08/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 26/08/2020), n.17769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2654-2016 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURIZIO DELLA COSTANZA,

CARDENA’ CLAUDIA;

– ricorrente –

contro

EDIL 80 SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G ANTONELLI 50, presso lo

studio dell’avvocato ALESSANDRO LEPROUX, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PRIMO FONTI;

– controricorrente –

e contro

FABBRIZIOLI & C SRL IN LQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1058/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2019 dal Consigliere Dr. GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Claudia Cardenà, difensore del ricorrente, che ha

chiesto di riportarsi agli atti depositati insistendo per

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.F. chiamava in giudizio dinanzi al Tribunale di Pesare la Edil 80 s.r.l. e la F. & C. s.r.l, ed esponeva che la Edil 80, con contratto preliminare, si era obbligata a vendergli una porzione di un complesso immobiliare in Comune di (OMISSIS), edificato dalla F., che aveva rappresentato la venditrice nella stipula del preliminare; lamentava che l’unità promessa in vendita, consegnata in ritardo rispetto al termine pattuito, presentava vizi e difetti che ne diminuivano il valore rispetto al prezzo convenzionale.

Chiedeva pertanto che fosse pronunciata in suo favore sentenza di trasferimento del bene promesso in vendita, con riduzione del prezzo convenzionale (del quale il promissario offriva il pagamento) e con la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.

Il tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo l’esistenza sia di vizi riferibili all’unità immobiliare promessa in vendita, sia di vizi riferibili alle parti comuni dell’edificio. Il primo giudice quantificava la misura della riduzione nell’importo di Euro 39.596,62 sul prezzo convenzionale di Euro 97.596,92, con rivalutazione e interessi.

Il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione della F..

Per quanto interessa ancora in questa sede la Edil 80 impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Ancona, censurando la decisione perchè il primo giudice, nel determinare la riduzione del prezzo dipendente dai vizi delle parti comuni dell’edificio, aveva conteggiato a beneficio del compratore l’intero importo indicato dal consulente quale misura del deprezzamento delle stesse parti comuni. Secondo la venditrice il quantum della riduzione, riferibile a tale titolo, doveva essere invece contenuto nei limiti della quota millesimale del promissario. Il primo giudice aveva inoltre errato nel riconoscere rivalutazione e interessi, che non erano invece dovuti.

La corte d’appello accoglieva il gravame, determinando il residuo prezzo dovuto dal promissario per trasferimento nella somma di Euro 72.055,30 (il tribunale aveva stabilito il prezzo nella minore somma di Euro 46.942,98). Essa negava che fossero dovuti sul relativo importo rivalutazione e interessi, che il primo giudice aveva invece riconosciuto.

La corte, inoltre (decidendo sull’appello incidentale del P.), escludeva che il compratore potesse pretendere, i costi occorrenti per eliminare i vizi e i difetti della cosa promessa in vendita, costi che anche il primo giudice aveva negato. Al riguardo osservava che il compratore aveva chiesto la riduzione del prezzo e il risarcimento del danno, mentre non aveva chiesto, nè avrebbe potuto, trattandosi di domanda non compresa nella garanzia della vendita, l’eliminazione dei vizi a spese del venditore.

La corte d’appello rigettava l’ulteriore motivo di appello incidentale del P., con il quale si pretendeva la riforma della decisione nella parte in cui il tribunale aveva dichiarato il difetto di legittimazione della impresa costruttrice. Secondo i giudici d’appello era infatti da condividere il rilievo del primo giudice, e cioè che l’attore aveva proposto una domanda fondata su un preliminare rispetto al quale la società F. aveva rivestito solo il ruolo di procuratrice nel negozio.

Per la cassazione della sentenza P.F. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi.

Edil 80 s.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso.

F. & C. s.r.l. è rimasta intimata.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1319 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto che “gli importi risarcitori (per deprezzamenti e ripristini), determinati dal consulente (relativamente alle parti comuni) vanno calcolati pro quota millesimale”.

Il credito può essere fatto valere per intero da ciascuno dei comproprietari delle parti comuni, dovendosi applicare in materia i principi in tema di obbligazioni indivisibili.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1382,1224,1494 e 1218 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte ha negato che sulla somma riconosciuta quale riduzione del prezzo fossero dovuti gli interessi e la rivalutazione monetaria, che invece andavano liquidati in favore del promissario. “Non è seriamente dubitabile che anche il promissario acquirente (come il compratore) possa chiedere in cumulo con la riduzione del prezzo anche il risarcimento del danno, costituendo questi mezzi di tutela di carattere generale che in quanto tali debbono ritenersi utilizzabili anche per il contratto preliminare di vendita”.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1494 e 1218 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui non ha tratto le debite implicazioni del fatto che, insieme all’actio quanti minoris, il promissario aveva chiesto il risarcimento del danno. Occorreva quindi considerare a suo favore anche i costi dei lavori e delle opere necessarie per eliminare i vizi ed i difetti, mentre la corte di merito li ha negati.

Il quarto motivo denuncia omissione di pronuncia e violazione e falsa applicazione di legge.

Si censura la sentenza laddove la corte di merito ha riconosciuto il difetto di legittimazione passiva della F. & C. s.n.c..

L’argomento usato dalla corte, e cioè che la detta società era estranea al preliminare di vendita oggetto della domanda ex art. 2932 c.c., essendo intervenuta quale procuratrice della Edil 80, non tiene conto del complessivo contenuto della citazione iniziale, nella quale si dedusse che la F., oltre a ricoprire il ruolo di rappresentante, era stata il soggetto che aveva materialmente realizzato la costruzione. Nei confronti della impresa costruttrice, inoltre, fu proposta domanda di risarcimento del danno in dipendenza dei vizi e difetti, di cui la medesima avrebbe dovuto rispondere a titolo extra contrattuale ai sensi dell’art. 1669 c.c. oppure degli artt. 2043 e 2055 c.c..

Tanto bastava, secondo il ricorrente, a giustificare la responsabilità della medesima nei confronti dell’acquirente a titolo di responsabilità extra contrattuale, in concorrenza con la responsabilità contrattuale della società promittente venditrice.

2. Si impone in via prioritaria l’esame del secondo motivo, che è infondato.

Il tribunale aveva accertato i vizi della cosa promessa in vendita, inclusi quelli riferibili alle parti comuni; ha poi accertato l’importo occorrente per i ripristini (sia della singola unità sia delle parti comuni), aggiungendo il danno per il ritardo; quindi ha determinato il danno per i vizi nella somma di Euro 39.596,50 e il danno da ritardo nella somma di 2.980,50. “Pertanto l’attore deve versare al momento della stipula del definitivo la somma complessiva di Euro 46.942,98, ottenuta riducendo il prezzo convenzionale accertato di Euro 97.942,98 di Euro 10.535,72 versati a titolo di caparra confirmatoria e di Euro 39.696 per vizi e difetti ex art. 1492 c.c.”.

Nel dispositivo la decisione non è sfociata nella sola statuizione del trasferimento coattivo con l’obbligo del compratore di corrispondere il prezzo minore a causa dei vizi e dei difetti, ma il primo giudice, dopo avere determinato il saldo nella minore somma, ha formalmente pronunciato la condanna del venditore a corrispondere la somma di Euro 39.596,92, pari all’importo utilizzato quale parametro della riduzione.

La corte d’appello, in termini più corretti, ha rideterminato la riduzione del prezzo e conseguentemente il saldo da versare dal compratore per il trasferimento, senza emettere statuizioni ulteriori.

Emerge comunque senza possibilità di equivoco che, sia in base alla sentenza d’appello, sia in base alla sentenza di primo grado, il solo soggetto tenuto al pagamento è pur sempre il solo compratore, nella minore misura risultante dalla riduzione. In relazione ai vizi della cosa non c’è stata nè in primo grado nè in grado d’appello una concorrente statuizione di condanna al rimborso dei costi occorrenti per la loro eliminazione. Tanto questo è vero che il mancato riconoscimento di questi costi da parte del primo giudice aveva costituito oggetto del primo motivo dell’appello incidentale del compratore.

2.1. La riduzione del prezzo ha per conseguenza la restituzione di una parte del prezzo se questo è stato già pagato, o la liberazione del compratore dell’obbligo di pagamento di questa parte, se non l’aveva ancora pagata.

Gli interessi sono dovuti solo nel primo caso e non nel secondo, per l’ovvia considerazione che la riduzione, in questo caso, non dà luogo a una obbligazione di pagamento a carico del venditore.

Nel caso di specie il rimedio della riduzione del prezzo è stato esperito in relazione a un preliminare al fine di determinare il prezzo effettivamente ancora dovuto dal promissario per il trasferimento.

Accogliendo la domanda la corte d’appello non ha condannato il venditore a restituire parte di prezzo ricevuto, nè l’ha condannato al risarcimento del danno, ma ha determinato il saldo da versare dal promissario in misura minore del prezzo convenzionale, in considerazione dei vizi della cosa.

Le pronunce richiamate nel ricorso non dicono nulla di diverso. Il principio riconosciuto in queste pronunce – “l’obbligazione del venditore di restituire parte del prezzo, conseguente all’accoglimento dell’actio quanti minoris (…) ha natura non di debito di valore ma di valuta, trattandosi non di un’obbligazione risarcitoria ma di un rimborso a favore dell’acquirente, in quanto derivante dal venir meno, per effetto dell’accertamento della parziale alienità della cosa, della causa dell’obbligazione di pagamento dell’intero prezzo” (Cass. n. 2060/2013; n. 724/1989; n. 846/1985) – suppone all’evidenza che il prezzo sia stato pagato per intero e che una parte debba essere restituita al compratore.

Altrettanto inconferente è, a questi fini, il richiamo operato dal ricorrente al principio, sancito dall’art. 1494 c.c.: il compratore, insieme alla riduzione del prezzo, può chiedere il risarcimento del danno.

La corte non ha negato gli interessi sulla somma liquidata a titolo di danno sulle spese occorrenti per far riparare la cosa; li ha correttamente negati sull’ammontare della riduzione, cioè sulla somma detratta dal saldo prezzo convenzionale non ancora corrisposto dal compratore. Il fatto che queste spese siano state utilizzate quale misura per una uguale riduzione del prezzo ancora dovuto dal compratore, non rende certamente applicabili le norme sulle obbligazioni pecuniarie. Si deve ancora una volta rimarcare che il solo soggetto obbligato al pagamento, in base alla sentenza, è il compratore, nella minore misura risultante dalla riduzione (mentre la scelta dei giudici di merito, di determinare la misura della riduzione “nell’importo occorrente all’attualità, per il ripristino dell’opera imperfetta o difettosa, non rientra nel novero delle questioni sottoposte all’esame della Corte con il presente ricorso).

3. Segue, nell’ordine logico delle questioni, l’esame del terzo motivo.

In dissenso con la corte d’appello, il ricorrente sostiene che la possibilità del congiunto esercizio dell’azione di risarcimento del danno e dell’azione del prezzo, pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza, impone al giudice, investito delle due azioni, i “riconoscere – oltre alla diminuzione di valore del bene compravenduto – anche le spese ed i costi necessari per l’eliminazione dei vizi accertati” (pag. 18 del ricorso).

Il motivo è infondato

La garanzia per vizi della cosa sussiste per il solo fatto di non avere il venditore trasmesso una cosa in condizioni normali, cioè esente da vizi: essa ha la finalità di assicurare l’equilibrio contrattuale in attuazione del sinallagma, a prescindere da ogni indagine sulla colpa del venditore (Cass. n. 987/1975).

La protezione del compratore si realizza attraverso la riduzione del prezzo (azione c.d. estimatoria o quanti minoris) e la risoluzione del contratto (azione c.d. redibitoria), mentre non compete al compratore l’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta o la sua sostituzione della cosa, salvo che il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene (Cass., S.U., 19702/2012).

Ex art. 1494 c.c. “in ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa”.

Mentre risoluzione e riduzione del prezzo, stanno fra loro in concorso alternativo, il risarcimento del danno si cumula sia con l’una che con l’altra e quindi con quella fra le due che venga scelta dal compratore (Cass. n. 4980/1983), fermo restando che l’azione di risarcimento del danno può essere esercitata anche da sola, cioè senza chiedere nè la risoluzione, nè la riduzione del prezzo.

La tipologia dei danni risarcibili varia a seconda che l’azione di danni sia proposta in via autonoma o sia invece congiunta alla domanda di risoluzione o di riduzione del prezzo. In particolare, quando l’azione di risarcimento del danno sia esercitata insieme all’azione di riduzione del prezzo, vanno riconosciuti i danni che residuino dopo la riduzione, ad esempio il danno relativo alla mancata o parziale utilizzazione della cosa e il lucro cessante per la mancata rivendita del bene (Cass. n. 26852/2013; n. 5202/2007; n. 7718/2000).

Sicuramente non vanno rimborsate le spese necessarie per eliminare i vizi: a tal riguardo il compratore è già compensato dalla riduzione (Cass. n. 13717/2014).

Al rimborso integrale delle spese di riparazione il compratore ha diritto solo se aveva ottenuto sentenza di condanna del venditore all’esatto adempimento, qualora questa sia ammissibile (vendita dei beni di consumo, garanzia buon funzionamento o in presenza di specifico impegno del venditore alla riparazione: cfr. Cass., S.U., n. 17702/2012). Ma allora, appunto, perchè la via scelta è quella dell’adempimento (volontario o coattivo che sia), non spetta al compratore la riduzione del prezzo (cfr. art. 130, comma 7, del codice del consumo).

4. E’ infondato anche il primo motivo.

Il ricorrente sostiene che al credito risarcitorio spettante a più persone per il vizio di un bene unico e indivisibile (Cass. n. 4804/1994) sono applicabili i principi sulle obbligazioni solidali: esso, pertanto, può essere fatto valere dal singolo per intero.

La censura, senza che sia minimamente necessario indagare sulla effettiva sussistenza della legittimazione in linea di principio, non coglie la ratio decidendi.

La corte non ha negato la legittimazione del singolo a far valere per intero il danno dipendente dai vizi delle cose comuni, per l’ovvia ragione che non ha riconosciuto, per tale titolo, alcuna somma in favore del compratore. La decisione di primo grado è stata riformata esclusivamente sulla misura della riduzione del prezzo. Il primo giudice, infatti, aveva riconosciuto, in favore del compratore, la totalità dell’importo corrispondente al deprezzamento delle parti comuni, determinato dal consulente in base al costo di ripristino. La corte ha invece riconosciuto che l’importo doveva essere conteggiato a beneficio del compratore nei limiti della quota millesimale riferibile all’unità immobiliare promessa in vendita.

In questo senso la decisione è immune da censure. Il pregiudizio dipendente dai vizi delle cose comune si ripercuote certamente sul valore delle singole unità immobiliare, ma nei limiti della quota attribuibile alla stessa unità. Il che, appunto, non ha niente a che vedere con la eventuale legittimazione del singolo condomino ad agire da solo per il risarcimento del danno riferibile a una cosa comune in applicazione della disciplina delle obbligazioni indivisibili. Sfugge ancora una volta al compratore che la corte, in dipendenza dei vizi, non ha emesso condanna del venditore al risarcimento del danno, ma ha ridotto l’importo dovuto dal compratore a titolo di prezzo della singola unità promessa in vendita.

5. Il quarto motivo è infondato.

La corte ha negato la legittimazione passiva del costruttore, ritenendolo estraneo alla vicenda per non avere avuto altro ruolo se non quello di procuratrice della Edil 80 nella conclusione del preliminare.

Essa ha quindi confermato la decisione emessa in primo grado dal tribunale, il quale aveva rilevato che la F. era stata coinvolta nel giudizio quale procuratrice della Edil 80 nella conclusione del contratto e quindi in una veste e qualità completamente diversa da quella di appaltatore dell’opera prestata, in forza della quale ex art. 1669 avrebbe potuto rispondere nei confronti del committente.

Nella presente sede di legittimità il ricorrente continua a insistere nella propria tesi, volta ad attribuire al costruttore, in concorso con la promissaria e per diverso titolo, la responsabilità per i vizi di costruzione dell’immobile.

Ma se questa è la finalità della censura non può che riconoscersi l’inammissibilità del motivo per difetto di interesse. Le ragioni che sorreggono la decisione assunta dalla corte nei confronti del venditore (il risarcimento del danno, qualora la relativa azione sia congiunta con la riduzione del prezzo, non comprende le spese necessarie per eliminare i vizi) valgono a escludere che analoga pretesa possa essere avanzata dal compratore nei confronti del costruttore. Il compratore si duole della decisione ma non deduce che egli aveva giustificato l’eventuale responsabilità del costruttore per fatto diverso dai vizi di costruzione, nè che avesse accampato pretese risarcitorie diverse dal rimborso del costo di riparazione.

6. Il ricorso, pertanto, deve essere interamente rigettato, con addebito di spese in favore della controricorrente Edil 80 s.r.l.

Nulla sulle spese rispetto alla F. & C. s.n.c.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Edil 80 s.r.l., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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