Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17768 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 29/08/2011), n.17768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, già elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA S. CROCE IN GERUSALEMME 55, presso lo studio dell’avvocato

MARINUZZI DARIO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti

e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

D.C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II, 18, presso lo studio dell’avvocato GIAN MARCO

GREZ, rappresentato e difeso dall’avvocato MISSAGLIA ENRICO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI;

– intimato –

sul ricorso 780-2009 proposto da:

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.C.V., I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA

PER I DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 993/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/08/2008 r.g.n. 859/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l’Avvocato FEDELI VERDIANA (per AVVOCATURA);

udIto L’AVVOCATI MISSAGLIA ENRICO, per D.C.V.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per quanto di ragione di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 30 gennaio 2008 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Como dell’1 febbraio 2006 che ha dichiarato il diritto di D.C.V., dirigente veterinario alle dipendenze del Ministero della Sanità, alla riliquidazione del proprio trattamento di fine servizio con il computo dell’indennità di specificità medica goduta sulla base del CCNL del 23 dicembre 2004. La Corte territoriale ha motivato tale sentenza concordando con la motivazione del giudice di primo grado secondo cui Pari 3 del CCNL integrativo 5 aprile 2001 indica espressamente l’indennità di specificità medica tra le voci componenti la retribuzione dei dirigenti appartenenti alla professionalità di medico chirurgo e medico veterinario, e tale norma non è in contrasto con la disciplina legale di cui al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38, secondo cui la base contributiva è determinata dalle indennità previste dalla legge come utili ai fini previdenziali tra le quali non figura l’indennità di specificità medica, in quanto su tale indennità il D.C. aveva sempre subito trattenute previdenziali, da cui si evince un rinvio in bianco della legge alla disciplina contrattuale. Pertanto è esatta l’affermazione per cui, ai sensi del contratto collettivo, l’indennità di specificità medica è entrata a far parte della retribuzione che, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. citato, deve considerarsi ai fini del calcolo della base contributiva.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, e l’I.N.P.D.A.P., il primo articolato su due motivi, ed il secondo con unico motivo.

Resiste con controricorso il D.C. che ha presentato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’I.N.P.D.A.P. lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi 5 e 7 dell’art. 2120 cod. civ., e dell’art. 40 CCNL 5 aprile 2001 e successive modifiche. In particolare deduce che l’istituto del trattamento di fine rapporto è esteso ai dipendenti della P.A. in servizio a partire dalla data dell’1 gennaio 1996″ mentre per i restanti dipendenti in servizio dal 1973, come il D.C., il passaggio dal trattamento di fine servizio a quello di fine rapporto sarebbe avvenuto secondo modalità da definire in sede di contrattazione collettiva. In particolare per il personale già in servizio alla data del 31 dicembre 2000 il passaggio al TFR sarebbe dovuto avvenire, ai sensi del D.P.C.M. del 20 dicembre 1999, art. 1, tramite opzione da esercitarsi tramite la sottoscrizione di un modulo di adesione ad un fondo pensione non realizzato, per cui, al caso di specie, va applicata la normativa di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973 che deve ritenersi conseguentemente prevalente sulla fonte contrattuale. Inoltre il CCNL 23 dicembre 2004 integrativo del CCNL 5 aprile 2001 per i Dirigenti del Ministero della Salute non prevederebbe l’inclusione della indennità di specificità medica nel trattamento di fine servizio.

Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali propone il primo motivo di ricorso analogo a quello proposto dall’altro ricorrente; con il secondo motivo lamenta contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. In particolare assume che l’affermazione secondo cui l’indennità di specificità medica costituisce una voce retributiva non implica che la stessa debba incidere sulla base del calcolo dell’indennità di buonuscita, mentre la circostanza per cui il CCNL del 2001 sulla dirigenza dei medici non prevede l’indennità in questione nel computo dell’indennità di buonuscita non sarebbe sminuita dalla mancata previsione di tale circostanza da parte del contratto, in quanto nulla impedirebbe ad un contratto richiamarne un altro, con la conseguenza che comunque tutto quanto non espressamente previsto dai CCNL tra le voci retributive non potrebbe ascriversi al computo della buonuscita.

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

I ricorsi stessi sono fondati. Il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, nell’individuare la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita, fa espresso riferimento alle retribuzioni annue, nonchè a specifiche indennità ed assegni previste da varie norme di legge (comma 1), prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale (comma 2). Deve altresì rilevarsi che la L. n. 335 del 1995, art. 2, ha previsto che: “Per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall’art. 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto” (comma 5); “La contrattazione collettiva nazionale in conformità alle disposizioni del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, titolo 3A, e successive modificazioni ed integrazioni, definisce, nell’ambito dei singoli comparti, entro il 30 novembre 1995, le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 5, con riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retribuiva e contributiva del personale di cui al medesimo comma …” (comma 6); “La contrattazione collettiva nazionale, nell’ambito dei singoli comparti, definisce, altresì, ai sensi del comma 6, le modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto. ..

” (comma 7). Pertanto solo per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996 è previsto che i trattamenti di fine servizio siano regolati secondo le disposizioni del codice civile, con conseguente superamento della struttura previdenziale dei trattamenti contemplati dalla disciplina pubblicistica; per contro, in relazione ai lavoratori già in servizio al 31.12.1995 (fra i quali va ricompreso l’ex dipendente D.C.) è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto. Deve poi tenersi conto che, a mente del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3, ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 2, “In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti di cui all’art. 2, comma 2, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto”.

Osserva il Collegio che la locuzione “nuova regolamentazione contrattuale della materia”, siccome destinata a superamento della previgente disciplina, va riferita ad un intervento di complessiva modifica del quadro normativo concernente il trattamento di fine rapporto e non già a meri interventi su punti specifici della disciplina previgente e, per quanto qui particolarmente rileva, all’inclusione di specifiche voci retributive nella base di calcolo della indennità di buonuscita. Ne consegue che, attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l’indennità di buonuscita (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007), deve escludersi che l’autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e giusta l’inequivoco tenore del surricordato D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale; quindi, in particolare, la contrattazione collettiva non può interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell’indennità di buonuscita.

I ricorsi vanno conseguentemente accolti. Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con conseguente rigetto della domanda del D.C..

La complessità delle questioni di diritto trattate induce alla compensazione fra le parti delle spese dell’intero procedimento.

PQM

Riunisce i ricorsi.

Accoglie i ricorsi del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, e dell’I.N.P.D.A.P. Cassa la sentenza impugnata.

Rigetta la domanda di D.C.V..

Compensa fra le parti le spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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