Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17752 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20147/2009 proposto da:

C.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato RICCARDI Vincenzo, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PAPAVERO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, già LA DISPENSA DI GIUDITTA S.R.L.

e FINIFAST S.P.A., già FINIFAST S.R.L., in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido Francesco,

che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIPRESSI

PIERPAOLO giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2891/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/06/2009 r.g.n. 5719//06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato GIAMPAOLO TORSELLI per delega GUIDO FRANCESCO

ROMANELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per inammissibilità e, in parte,

improcedibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.A. conveniva in giudizio con due distinti ricorsi la società Finifast e la società La Dispensa di Giuditta (succeduta alla prima società nel rapporto di lavoro) chiedendo con il primo l’accertamento del diritto al superiore inquadramento nel primo livello super o in subordine nel livello 1^ del CCNL alimentari ed industria con condanna alle relative differenze retributive. Con altra domanda impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli il 9.9.2002. I due ricorsi venivano riuniti.

Con sentenza del 5.10.2005 il Tribunale del lavoro rigettava le domande; sull’appello proposto dal C. la Corte di appello di Napoli con sentenza del 5.5.2009 rigettava l’appello. La Corte territoriale, in ordine alla domanda di superiore inquadramento, osservava che i compiti descritti nella comunicazione aziendale del 2001 che aveva definito l’attività del ricorrente, erano stati confermati dall’esame testimoniale da parte del direttore delle vendite e del direttore commerciale, sicchè si doveva ritenere che alle mansioni espletate mancasse l’elemento della discrezionalità con poteri e facoltà di iniziativa, previsto dalla declaratoria rivendicata, anche a volere far riferimento al CCNL alimentari industria e non al CCNL commercio, comunque legittimamente adottato dalla società datrice di lavoro. Pertanto era inapplicabile al caso in esame sia il 1^ livello super che il primo livello, stante la mancanza di discrezionalità nelle scelte del ricorrente. Più che organizzare la rete degli agenti, il ricorrente era preposto a visitarli periodicamente ed a coordinarli.

Circa la contestazione per cui il licenziamento era stato intimato senza che il datore di lavoro avesse ricevuto le giustificazioni del C., per la Corte l’unico termine dilatorio era quello dei cinque giorni dal ricevimento da parte del lavoratore della contestazione. Per la Corte territoriale il datore di lavoro nella lettera di recesso non era obbligato a menzionare le giustificazioni del dipendente, sempre che si dovessero intendere come tempestivamente presentate.

Secondo i testi il codice disciplinare era affisso. Inoltre le molteplici violazioni addebitate al ricorrente, sostanzialmente non contestate nella loro storicità, dimostravano l’attitudine del C. a disattendere le regole aziendali e, stante la protrazione delle condotte, si doveva ritenere leso il rapporto fiduciario tra le parti. Infine non era stata fornita la prova dell’orario straordinario dedotto in ricorso, che fosse stata attribuita al C. la responsabilità per maneggio denaro, il mancato godimento di ferie, nè l’effettuazione da parte di questi di trasferte in misura superiore al limite fissato dal CCNL:

Ricorre il C. con quattro motivi di ricorso, resiste la società con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della norma di diritto vigente in ordine all’onere della prova ed in ordine alla valutazione delle prove raccolte ex art. 360 c.p.c., n. 3: la società non aveva contestato i documenti probanti le mansioni.

Il motivo non appare fondato: l’iter seguito dalla Corte territoriale per valutare la correttezza dell’inquadramento del C. appare ineccepibile: si sono esaminati i documenti prodotti in giudizio attestanti i compiti affidati al ricorrente e si è riscontrata la corrispondenza tra tali compiti e quelli effettivamente osservati nello svolgimento del rapporto nonchè, ulteriormente, la corrispondenza con il livello di inquadramento riconosciuto e con quello rivendicato. La Corte territoriale ha osservato, con puntuale riferimento alle mansioni attribuite ed a quelle in concreto esercitate, che la mancanza di discrezionalità nell’attività svolta impediva l’accoglimento della domanda. La parte resistente in primo grado peraltro non ha certamente ammesso la fondatezza della domanda e l’approfondimento istruttorio si è correttamente svolto per accertare se il contenuto delle mansioni svolte integrasse o meno, anche dal punto di vista fattuale, quegli elementi che la contrattazione collettiva (sia il CCNL alimentari industria che il CCNL commercio) ritiene distintivi della qualifica rivendicata.

Pertanto non vi è stata alcuna violazione dei principi di diritto in ordine al regime della prova. Peraltro, in relazione al presente motivo, non è stato formulato alcun quesito di diritto.

Con il secondo motivo si allega la violazione degli artt. 1362, 1263 1366 c.c., in materia di interpretazione della declaratoria dei profili professionali e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il motivo è assolutamente generico e presenta osservazioni del tutto astratte in ordine alle regole di emerneutica contrattuale in materia di riconoscimento di qualifica superiore, senza alcun riferimento alla fattispecie concreta. Come detto supra l’iter seguito dalla Corte territoriale appare ineccepibile: ricostruzione delle mansioni attribuite, di quelle in concreto svolte, confronto con le declaratorie contrattuali richiamate a sostegno della proposta domanda di inquadramento superiore. Non sono stati, peraltro, formulati quesiti ex art. 366 bis c.p.c..

Con il terzo motivo si allega l’omessa motivazione su un punto centrale della controversia (interpretazione della declaratoria). La società non aveva contestato la documentazione prodotta e quanto emergeva dalla detta documentazione.

Il motivo ripete puramente e semplicemente quanto detto nel primo motivo; la società resistente ha contestato la fondatezza della domanda e i giudici di merito correttamente hanno verificato lo svolgimento in concreto delle mansioni e verificato se le stesse comportassero il vantato superiore inquadramento, escludendo nel caso in esame la sussistenza di elementi caratterizzanti la qualifica rivendicata. Il quesito proposto di diritto appare incongruo in quanto, anche ammesso che lo svolgimento di alcune mansioni non sia stato contestato, rimane, per l’accoglimento della domanda di superiore inquadramento, il necessario confronto con le declaratorie contrattuali, verifica di cui non si parla nel quesito.

Con l’ultimo motivo si allega la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, posto che il licenziamento era intervenuto senza attendere e senza esaminare le giustificazioni presentate dal lavoratore nel termine di cinque giorni dalla contestazione.

La doglianza è infondata alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo la quale “il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, prima della cui scadenza è preclusa ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 5, la possibilità di irrogazione della sanzione disciplinare, è funzionale soltanto ad esigenze di tutela dell’incolpato, mentre deve escludersi, in difetto di qualsiasi dato testuale, che la previsione di tale spazio temporale sia stata ispirata anche dall’intento di consentire al datore di lavoro un’effettiva ponderazione in ordine al provvedimento da adottare ed un effettivo ripensamento” (Cass. sez. un. 6900/2003).

Inoltre il datore di lavoro non deve necessariamente riferirsi nella lettera di recesso alle giustificazioni presentate dal lavoratore (Cass. n. 2885/2006; n. 11361/2008). Pertanto non vi è stata alcuna violazione dell’art. 7, in quanto il recesso è avvenuto dopo cinque giorni dalla contestazione e non sussisteva alcun obbligo di far riferimento alle giustificazioni del lavoratore non pervenute peraltro nei cinque giorni dalla comunicazione della detta contestazione.

Si deve quindi rigettare il proposto ricorso e condannare il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo. Gli onorari sono limitati alla sola discussione essendo il contoricorso tardivo.

P.Q.M.

Rigetta il proposto ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 45,00 per esborsi e in Euro 1.200,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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