Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17752 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/07/2017, (ud. 20/04/2017, dep.19/07/2017),  n. 17752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5916/2013 proposto da:

O.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO ROSSI;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO CHETONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 95/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza 25.1.2012 la Corte d’Appello di Firenze, respingendo l’impugnazione proposta da O.P. ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva dichiarato la risoluzione per inadempimento dell’ O. del contratto di cessione di azienda stipulato il 9.1.2001 dal predetto (quale acquirente) con la cedente S.G. e N.L. snc (attrice nel giudizio di primo grado), ed aveva altresì condannato il convenuto O. alla riconsegna dell’azienda e al risarcimento dei danni oltre al pagamento delle spese.

Per giungere a tale soluzione, la Corte territoriale – per quanto ancora interessa – ha osservato che la costituzione dell’attrice appariva tempestiva perchè avvenuta nei dieci giorni dal perfezionamento della notifica della citazione con riferimento al momento in cui l’atto giunge a conoscenza del destinatario (non trovando in tal caso applicazione la regola della scissione degli effetti della notifica); ha quindi ritenuto regolare la notifica dell’atto di citazione (eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c.), mentre la nullità per mancato rispetto dei termini a comparire risultava sanata per effetto della rinnovazione della citazione (disposta con successiva ordinanza) e della avvenuta costituzione del convenuto. Ha infine ritenuto che la domanda andava intesa come di accertamento e declaratoria di risoluzione, per cui si rivelava priva di rilievo la censura di ultrapetizione mossa dall’appellante (e fondata sulla dichiarazione di risoluzione di inadempimento a fronte di una domanda di risoluzione di diritto per operatività della clausola risolutiva espressa).

Contro tale decisione O.P. ricorre per cassazione con quattro motivi a cui resiste S.G. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata in via preliminare dal contricorrente è priva di fondamento.

Secondo la tesi del contricorrente, essendo il 9.1.2009, durante il giudizio di appello, intervenuta la cancellazione della società dal registro delle imprese (e dunque l’estinzione della stessa), pur in caso di mancata dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del difensore in quel grado di giudizio, il ricorso per cassazione doveva essere notificato nei confronti dei soci succeduti alla società estinta e non, come avvenuto nella fattispecie, presso il difensore della società. Conseguenza di tale errore di notifica è – secondo la tesi dell’ex socio S. – l’inammissibilità, secondo un principio affermato dalle sezioni unite nel 2010.

La tesi non può essere accolta perchè si fonda su un principio ormai superato dalle stesse sezioni unite: più di recente si è affermato, infatti, che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante (v. Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014 Rv. 631467 a cui hanno fatto seguito altre pronunce, tra cui Sez. 5, Sentenza n. 26495 del 17/12/2014;Rv. 634009; Sez. 3, Sentenza n. 15724 del 27/07/2015 Rv. 636189; Sez. 5, Sentenza n. 15177 del 22/07/2016 Rv. 640969).

Nel caso in esame, rientrante proprio nell’ipotesi sub c) di cui alla citata pronuncia delle sezioni unite n. 15295/2014, il ricorso deve ritenersi regolarmente notificato all’avvocato Francesco Chetoni (che era stato difensore della società estinta nel giudizio di appello).

1. bis Passando adesso all’esame delle censure mosse col ricorso, rileva il Collegio che con la prima di esse il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione degli artt. 139 e 143 c.p.c., riproponendo l’eccezione di illegittimità della notifica dell’atto di citazione eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza e del procedimento. A suo dire i giudici di merito avrebbero dovuto considerare come causa di invalidità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., il fatto che non si sia neppure tentata la notifica presso i locali dell’azienda, ben noti all’attore.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).

Secondo un principio costantemente affermato da questa Corte, la parte che propone ricorso per cassazione, deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicchè l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata (Sez. 3, Sentenza n. 26157 del 12/12/2014 Rv. 633693; Sez. 2, Sentenza n. 3024 del 07/02/2011 Rv. 616771; Sez. 3, Sentenza n. 4340 del 23/02/2010 Rv. 611709).

Nel caso in esame non si riesce a comprendere quale sarebbe la lesione del diritto di difesa subita in concreto dal ricorrente, posto che, come si legge nello stesso ricorso a pag. 6, il giudice di primo grado con ordinanza 14.6.2004 ordinò la rinotifica dell’atto di citazione fissando una nuova udienza e sanando così ogni vizio della precedente notifica, vizio che – si badi bene – non avrebbe mai potuto comportare l’inesistenza, in base ai principi affermati di recente dalle sezioni unite, che riducono sensibilmente il campo dell’inesistenza della notifica, limitandola alle sole ipotesi di totale mancanza materiale dell’atto, oppure ai casi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione (v. Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016 Rv. 640603).

2 Con il secondo motivo si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 165 c.p.c., riproponendosi la questione, disattesa dai giudice di merito, della tardiva costituzione dell’attore avvenuta in data 15.5.2002 a fronte di una notifica, perfezionatasi per l’attrice in data 2.5.2002 (applicandosi la regola della scissione degli effetti della notificazione).

Anche questo motivo è infondato perchè per giurisprudenza costante di questa Corte, il termine per la costituzione decorre dal momento del perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario e non dal momento della consegna di tale atto all’ufficiale giudiziario (v. Sez. 3, Sentenza n. 9329 del 20/04/2010 Rv. 612704; Sez. 3, Sentenza n. 1662 del 29/01/2016 Rv. 638352; Sez. 1, Sentenza n. 11783 del 21/05/2007 Rv. 597180; Sez. 3, Sentenza n. 10837 del 11/05/2007 Rv. 597535; Sez. L, Sentenza n. 24346 del 29/10/2013 Rv. 628853 in tema di costituzione dell’appellante e del ricorrente per cassazione, ma la regola vale logicamente anche nel caso di costituzione dell’attore in primo grado).

Del resto – e il rilievo tronca ogni ulteriore discussione sull’argomento secondo i principi da tempo affermati dalla Corte Costituzionale in tema di momento perfezionativo della notificazione (sentenze n. 28 del 2004 e n. 477 del 2002), poichè la notificazione si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ne discende che da quel momento possono essere da lui compiute le attività (tra cui, appunto, l’iscrizione a ruolo) che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, “ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario” (così Corte Cost. sentenza n. 107/2004).

I sottili distinguo operati dal ricorrente (anche in memoria) con riferimento alla notifica eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., non colgono pertanto nel segno perchè il principio affermato dalla Corte Costituzionale e seguito da questa Corte di legittimità è di carattere generale.

3 Con il terzo motivo si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 c.p.c., rimproverandosi ai giudici di merito di non avere considerato che la violazione del termine minimo di comparizione non venne rilevata di ufficio alla prima udienza del giudizio di primo grado e neppure all’atto di costituzione del convenuto, ma solo dopo una anno, con la rinnovazione della notifica disposta con ordinanza 14.6.2004.

L’avervi provveduto successivamente alla prima udienza avrebbe comportato – ad avviso del ricorrente – la nullità non più sanabile della citazione e quindi del procedimento.

Anche questo motivo è infondato perchè nessuna norma prescrive che la rinnovazione della notifica della citazione nel rispetto dei termini disposta successivamente all’udienza di prima comparizione non sia idonea a produrre l’effetto sanante previsto dall’art. 164 c.p.c.. La cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo è prevista solo per l’ipotesi – qui non ricorrente – in cui la parte attrice non ottemperi all’ordine di rinnovazione della citazione impartito dal giudice (v. art. 164 c.p.c., comma 2).

Nel caso di specie, la rinnovazione della citazione fu disposta con ordinanza del 14.6.2004 nel rispetto dei termini di comparizione, posto che il ricorso non dimostra il contrario.

4 Resta a questo punto da scrutinare il quarto ed ultimo motivo con cui si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., essendo stata pronunciata la risoluzione per, inadempimento a fronte di una domanda fondata invece sulla risoluzione di diritto. Si critica l’affermazione della Corte di merito secondo cui la domanda doveva intendersi formulata genericamente come di accertamento e declaratoria di risoluzione senza alcuna limitazione all’art. 1456 c.c..

Il motivo è inammissibile.

L’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che era stata avanzata, tale statuizione, ancorchè in ipotesi erronea, non può essere censurata per ultrapetizione, atteso che il suddetto difetto non è logicamente verificabile prima di avere accertato l’erroneità della relativa motivazione, sicchè detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale (tra le tante, v. Sez. L, Sentenza n. 21874 del 27/10/2015 Rv. 637389; Sez. L, Sentenza n. 2630 del 05/02/2014 Rv. 630372; Sez. 2, Sentenza n. 21228 del 05/10/2009 Rv. 610410; Sez. 1, Sentenza n. 24495 del 17/11/2006 Rv. 595202).

Nel caso in esame, il vizio di motivazione non è stato dedotto e quindi si sottrae a censura la decisione della Corte d’Appello che, con apprezzamento congruamente motivato, ha ritenuto proposta una domanda di risoluzione in senso ampio, comprensivo, quindi, anche dell’ipotesi di risoluzione per inadempimento di cui all’art. 1453 c.c..

In conclusione, il ricorso va respinto con addebito di ulteriori spese a carico della parte soccombente, rilevandosi che sull’istanza di liquidazione delle spese di patrocinio a spese dello Stato nel giudizio di legittimità si è provveduto separatamente con provvedimento presidenziale in calce alla stessa.

Considerato inoltre che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 4.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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