Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17751 del 29/08/2011
Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17751
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 20381/2007 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempere, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso
lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa
dall’Avvocato VELLA Giuseppe, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1019/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 17/07/2006 R.G.N. 2251/05;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
16/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega VELLA GIUSEPPE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 17 luglio 2006, ha ritenuto nulla, per genericità della causale, l’apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato tra la società Poste Italiane e lo I. dal 12 luglio 2002 al 31 agosto 2002, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002”, dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 12 luglio 2002, con condanna della società Poste al pagamento delle retribuzioni dalla collocazione in mora (1 marzo 2004). Propone ricorso per cassazione la società Poste, affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Lo I. è rimasto intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte ha autorizzato la motivazione semplificata della sentenza.
1. – Con il primo motivo la società Poste denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 115, 414, 420 e 437 c.p.c.; della L. n. 230 del 1962, art. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando in particolare che la corte territoriale aveva erroneamente ritenuto generica la causale dell’assunzione in questione senza una specifica doglianza dello I. al riguardo.
2. – Con il secondo motivo la società Poste denuncia la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, nonchè dell’art. 1362 c.c., e segg., ed inoltre omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando l’erroneità della sentenza impugnata laddove aveva ritenuto la causale di assunzione de qua generica, senza indagare sulla effettiva ricorrenza delle condizioni tecniche, organizzative e produttive di cui all’art. 1 cit..
Ad illustrazione dei vari motivi formulava i prescritti quesiti di diritto.
3.- I motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati.
Quanto al primo motivo, deve evidenziarsi che il ricorrente, dolendosi originariamente della mancanza di prova delle condizioni legittimanti il contratto a tempo determinato, come dedotto dalla stessa società ricorrente, aveva indubbiamente introdotto in giudizio la questione della genericità della causale, D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1. Deve poi notarsi che la ricorrente non riproduce nè allega, in contrasto col principio dell’autosufficienza, il ricorso introduttivo della lite, rendendo la censura sotto ogni altro relativo profilo inammissibile.
Per il resto deve osservarsi che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, si da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (per tutte, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033);
L’onere della prova è evidentemente a carico della datrice di lavoro (Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279), che nel caso in esame nulla di specifico ha dedotto al riguardo, nulla in particolare deducendo, e neppure allegando, in contrasto col principio dell’autosufficienza, circa il contenuto degli accordi sindacali del 2001 e 2002.
4. – Il ricorso va quindi respinto, non essendo stata, peraltro, avanzata alcuna altra censura, che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine ed il capo relativo al risarcimento del danno.
Al riguardo, osserva il Collegio che, con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la società ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.
Deve tuttavia notarsi che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens, il fatto che quest’ultimo sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070).
Tale condizione non sussiste nella fattispecie.
Il ricorso va pertanto respinto. Nulla per le spese essendo rimasto lo I. intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011