Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17750 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20370/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato PILEGGI Antonio, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.F.;

– intimato –

sul ricorso 21386/2007 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO

21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato PILEGGI ANTONIO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4535/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/07/2006 r.g.n. 3435/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega PILEGGI ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 10 luglio 2006, la Corte d’appello di Roma, accoglieva parzialmente il gravame proposto dalla società Poste, dichiarando la nullità della clausola appositiva del termine al secondo contratto di lavoro stipulato tra il P. e la società Poste Italiane il 4 dicembre 1998; l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da tale data, condannando la società Poste al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data di offerta delle prestazioni lavorative.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società Poste Italiane, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste con controricorso il P., contenente ricorso incidentale, poi illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente disporsi la riunione dei due ricorsi proposti ex art. 335 c.p.c.. La Corte ha autorizzato la motivazione semplificata della sentenza.

1. – Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e art. 1362 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, lamentando che la corte territoriale non aveva correttamente valutato che le parti sociali, a seguito dell’ampia delega loro conferita dall’art. 23 L. cit., erano libere di prevedere nuove e diverse ipotesi di assunzione a termine rispetto a quelle previste dalla L. n. 230 del 1962, e non potevano ritenersi soggette ad alcun limite temporale sino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, e relativa norma transitoria. Ad illustrazione del motivo formulava il prescritto quesito di diritto.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata, infatti, non ha ritenuto le pattuizioni collettive, in tema di individuazione di nuove ipotesi di contratto a tempo determinato L. n. 56 del 1987, ex art. 23, soggette ai requisiti di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1, ma solo che esse avessero inteso prevedere un limite temporale alle specifiche esigenze organizzative legittimanti le assunzioni a termine di cui al c.c.n.l. 26 novembre 1994 e successivi accordi integrativi.

L’assunto è pienamente conforme al consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. 9 giugno 2006 n. 13458, Cass. 20 gennaio 2006 n. 1074, Cass. 3 febbraio 2006 n. 2345, Cass. 2 marzo 2006 n. 4603), secondo cui risultano illegittimi i contratti a termine stipulati, per la causale in questione e come nel caso oggetto del presente giudizio, oltre il 30 aprile 1998.

2. -Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione della L. n. 230 del 1962, art. 2, per avere la corte romana dichiarato illegittima la proroga apposta al primo contratto a termine (4.2.98-30.4.98).

Il motivo è inconferente avendo la corte territoriale riformato sul punto la sentenza del Tribunale.

3. – Con il terzo motivo la società Poste, denunciando violazione degli artt. 1217 e 1233 c.c., lamenta che la Corte di merito non avrebbe svolto alcuna verifica in ordine alla effettiva messa in mora del datore di lavoro. Formulava, quindi, il seguente quesito di diritto: “Per il principio di corrispettività della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui all’art. 1206 cod. civ., e segg.”.

Tale quesito non riguarda il tema dell’aliunde perceptum e comunque, anche in ordine all’argomento della mora credendi risulta del tutto generico e non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si risolve nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito (in tal senso v.

fra le altre Cass. 4 gennaio 2011 n. 80), dovendosi pertanto ritenere inammissibile, con la conseguenza che risulta parimenti inammissibile la richiesta, contenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c., di applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.

Questa Corte ha infatti più volte affermato che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens il fatto che quest’ultimo sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr.

Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070).

4. -Occorre ora esaminare il ricorso incidentale, avente ad oggetto la ritenuta legittimità della proroga disposta nel primo contratto, in violazione dei principi di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 2, ed inoltre la legittimità del secondo contratto (1.7.98-30.9.98) per esigenze connesse al godimento delle ferie del personale addetto all’ufficio.

Il ricorso è infondato.

Quanto a tale ultimo contratto, la soluzione adottata dalla corte territoriale risulta conforme al consolidato orientamento di legittimità (ex plurimis, Cass. 10 gennaio 2006 n. 167, Cass. 20 gennaio 2006 n. 1074, Cass. 25 gennaio 2006 n. 1381 e Cass. 3 febbraio 2006 n. 2345).

Quanto alla legittimità della proroga, confermata dalla Corte d’Appello, trattasi di statuizione conforme all’orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. 24 settembre 2007 n. 19696), sulla base della sussistenza, riconosciuta in sede collettiva, delle esigenze contingenti ed imprevedibili, connesse con i ritardi che hanno inciso negativamente sul programma di ristrutturazione (ritardi ai quali fa ampio riferimento la sentenza e la stessa società nel controricorso al ricorso incidentale).

4. – I ricorsi debbono essere pertanto respinti.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e lì rigetta entrambi. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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