Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1775 del 27/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/01/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 27/01/2010), n.1775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

BARONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Gramsci n. 54, presso

lo studio dell’avv. TASCO Giampiero, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sez. 14^, n. 2, depositata il 19 febbraio

2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che la società contribuente propose ricorso avverso avvisi di accertamenti Irpeg, Iva ed Irap per gli anni 1999 e 2000;

– che l’adita commissione provinciale, riuniti i ricorsi, li accolse, con decisione, che, in esito all’appello dell’Ufficio, fu parzialmente riformata dalla commissione regionale;

che il giudice di appello, in particolare, confermò gli avvisi di accertamento impugnati, ad eccezione del rilievo relativo al recupero dei costi per le torte e dei costi relativi alle autovetture aziendali, e condannò la società contribuente a rimborsare all’Ufficio le spese di entrambi i gradi del giudizio;

– che, avverso la sentenza di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi, illustrati anche con memoria;

– che l’Agenzia ha resistito con controricorso;

rilevato:

– che, con il primo motivo di ricorso, la società contribuente ha dedotto “violazione e falsa applicazione delle norme in tema di onere della prova: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53 e del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” e formulato il seguente quesito:

“… se l’applicazione della presunzione di cessione al caso di specie comporti violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53 e del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 5”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente ha dedotto “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.” e formulato il seguente quesito: “… se nel caso di specie si è determinata un’indebita inversione dell’onere della prova a danno della società in violazione dell’art. 2697 c.c.”;

– che, con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente ha dedotto “mancato esame di motivi svolti nelle controdeduzioni di appello: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 … omessa o insufficiente motivazione su punto controverso e decisivo …” e formulato il seguente quesito:

“… se la sentenza di appello avrebbe dovuto specificamente prendere in esame le argomentazioni svolte dalla difesa della società in sede di controdeduzioni di appello e statuire sulle stesse; … se nella sentenza impugnata i giudici di appello abbiano succintamente esposto i motivi in fatto ed in diritto ovvero abbiano violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4”;

osservato:

– che questa Corte ha reiteratamente affermato: che – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – il quesito relativo ad una censura in diritto non può consistere in mera richiesta di accoglimento del motivo ovvero, come nella specie, nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura illustrata nello svolgimento del motivo o sull’interpretazione giuridica proposta, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; con la conseguenza che la Corte deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (v. Cass. S.U. 3519/08);

– che, in tale ottica, si è puntualizzato che il quesito di diritto, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., a corredo del ricorso per cassazione, non può mai risolversi nella generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata, o non, violata una certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del giudice di merito, e deve investire la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendo una diversa soluzione della specifica controversia (v. Cass. 4044/09);

– che questa Corte ha, altresì, puntualizzato che, in relazione ai motivi tesi a far valere vizi di motivazione, le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., sono violate, quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione siano suscettibili d’identificazione solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art 366 bis (v. Cass. 4311/08, 4719/08, 4309/08, 2697/08, 20603/07, 16002/07);

considerato:

– che, alla luce degli esposti criteri, il ricorso va disatteso, giacchè nessuno dei proposti motivi ottempera alle prescrizioni imposte, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366 bis c.p.c.;

– che i quesiti relativi ai primi due motivi, deducenti violazioni di legge, si risolvono, infatti, in mero interpello in ordine alla fondatezza della censura illustrata nel motivo;

– che il terzo motivo, oltre a cumulare in sè censure di violazione di legge e di vizio di motivazione reca, quanto alla dedotta violazione di legge, quesito affetto dal medesimo vizio sopra evidenziato e non riporta, quanto al dedotto vizio di motivazione, alcun momento di sintesi;

– che tale ultima censura si rivela, peraltro, inammissibile anche perchè, esaurendosi nella richiesta di rilettura degli atti acquisiti al processo al fine di una nuova valutazione, si risolve in un sindacato di fatto che non può trovare ingresso in questa sede (cfr. Cass. 319/03);

considerato inoltre:

– che, d’altro canto, il ricorso non ottempera neanche alle prescrizioni dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006), che impone al ricorrente, a pena d’improcedibilità, l’onere di depositare gli atti ed i documenti su cui il ricorso si fonda; onere che questa Corte ha puntualizzato dover essere necessariamente osservato entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. 2855/09, 28547/08);

ritenuto:

– che il ricorso si rivela, quindi, inammissibile e va disatteso nelle forme di cui all’art. 375 c.p.c.;

– che, per la soccombenza, la società contribuente va condannata alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.900,00 (di cui Euro 3.700,00, per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna la società contribuente alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.900,00 (di cui Euro 3.700,00, per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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