Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1775 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.24/01/2017),  n. 1775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10247-2015 proposto da:

L.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 46,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FERRONI, che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A RL, in qualità di

cessionaria della DUOMO UNI ONE Assicurazione Spa, poi incorporata

nella TUA Assicurazioni Spa, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 644/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

29/01/2014, depositata il 27/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato Rosanna Serafini, per delega dell’avvocato Ferroni

difensore del ricorrente, che si riporta alla memoria;

udito l’avvocato Fabio Alberici difensore della controricorrente che

si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Ferrara, con sentenza del 17 ottobre 2006, rigettò la domanda proposta da L.A. nei confronti della Uniass Assicurazioni (poi Duomo Uni One S.p.a. e ora Società Cattolica di Assicurazioni coop. a r.l.) – volta ad ottenere il pagamento dell’indennizzo relativo all’incendio verificatosi nel locale ristorante di sua proprietà, in base alla polizza incendio stipulata tra le parti – e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata il 27 febbraio 2014, pronunciando sul gravame proposto dal L., condannò la compagnia di assicurazione al pagamento, in favore dell’appellante e a titolo di indennizzo, della somma di Euro 6.880,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, condannò l’appellante a rimborsare all’appellata le spese del doppio grado di giudizio, previa compensazione tra le parti nella misura di un terzo, e pose solidalmente a carico delle parti le spese di c.t.u..

Avverso la sentenza di secondo grado L.A. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi.

Ha resistito con controricorso la Società Cattolica di Assicurazioni coop. a r.l..

A seguito di deposito di relazione ex art. 380-bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Seguendo l’ordine logico, va esaminato per primo il terzo motivo, con il quale, dolendosi di “violazione e falsa applicazione dell’art. 336 c.p.c.”, il ricorrente sostiene che, con la censurata statuizione sulle spese, la Corte territoriale avrebbe violato anche il principio di cui al comma 1 della norma citata, secondo cui la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata e richiama al riguardo l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la riforma anche parziale della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese ed il correlativo dovere, per il giudice d’appello, di provvedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese che, in ossequio al principio della globalità del giudizio, deve avvenire con riferimento all’intero processo e all’esito finale della lite.

1.1. Il motivo è infondato per aver, comunque, la Corte di merito proceduto ad un nuovo regolamento delle spese di lite alla stregua dell’esito complessivo della lite (pur se, con riferimento a tale esito, si veda quanto osservato in relazione al primo motivo), nel rispetto del principio di cui all’art. 336 c.p.c. e in conformità dell’indirizzo giurisprudenziale di legittimità consolidato secondo cui, in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (Cass. 30/12/2013, n. 28718; Cass. 22/12/2009, n. 26985; Cass. 4/06/2007, n. 12963).

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.”, sostenendo che, stante la riforma, seppur parziale, della sentenza del Tribunale di Ferrara, egli debba essere considerato parte vittoriosa e che, quindi, erroneamente la Corte territoriale lo avrebbe condannato alle spese del doppio grado del giudizio di merito in favore dell’appellata, sia pure previa compensazione di tali spese per un terzo, e chiede pertanto che, in applicazione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., l’attuale controricorrente sia condannata al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio, nella misura liquidata dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, senza alcuna compensazione tra le parti, nonchè alle spese di c.t.u..

2.1. Il motivo è fondato nei termini appresso precisati e va, pertanto, accolto.

All’esito della decisione della Corte territoriale, l’originaria unica domanda del L., sia pur sensibilmente ridimensionata nel quantum, è stata comunque riconosciuta parzialmente fondata.

Nonostante l’esistenza di una soccombenza a suo carico per la parte di domanda rigettata e, dunque, di una soccombenza reciproca (Cass., ord., 23/09/2013, n. 21684; Cass., ord., 21/10/2009, n. 22381), l’attore parzialmente vittorioso sull’unica domanda – dovendosi applicare nel caso di specie l’art. 91 c.p.c., nella sua formulazione previgente, essendo la causa iniziata nel 2001 – non può essere condannato neppure parzialmente alle spese. Pertanto, in caso di accoglimento parziale del gravame, il giudice di appello può compensare, in tutto o in parte, le spese, ma non anche porle, per il residuo, a carico della parte risultata comunque vittoriosa, posto che il principio della soccombenza va applicato tenendo conto dell’esito complessivo della lite (v. Cass., ord., 28/09/2015, n. 19122; Cass., ord., 23/03/2016, n. 5820).

3. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame del secondo motivo, con il quale il L. deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c.”.

4. Va quindi rigettato il terzo motivo di ricorso, accolto il primo e dichiarato assorbito il secondo e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 1 e, tenuto conto dell’esito del giudizio e della particolarità della vicenda esaminata, compensa per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio, in esse comprese anche quelle di c.t.u.; compensa, altresì, per intero tra le parti anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il terzo motivo di ricorso, accoglie il primo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa per intero tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito, in esse comprese quelle di c.t.u. e compensa, altresì, per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio

2017

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