Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17746 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/07/2017, (ud. 09/03/2017, dep.19/07/2017),  n. 17746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22828-2012 proposto da:

F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G

A GUATTANI 14/A, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FEGATILLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO BAIOCCO;

– ricorrente –

contro

T.I., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIERO FOSCARI 40, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

COLAIACOVO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN PERSONA DEL CURATORE, P.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 333/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 31/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine,

il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Colaiacovo Vincenzo difensore della controricorrente

che si riporta agli atti depositati e chiede l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata in data 11 marzo 2012, ha rigettato l’appello principale proposto da F.F. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1747 del 2006, e parzialmente accolto l’appello incidentale proposto da T.I..

1.1. Nel 1996 C.P. agì in giudizio nei confronti di F.F. e di P.P. per ottenere la condanna solidale dei predetti al pagamento di 50 milioni di Lire, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, e la risoluzione del contratto d’appalto stipulato in data 27 marzo 1995 con l’impresa edile P. per inadempimento dell’appaltatore, oltre al risarcimento danni.

Alla base delle pretese azionate l’attore dedusse che i lavori appaltati a P. – al quale era poi subentrata la (OMISSIS) s.r.l. – non erano stati ultimati, e che il direttore dei lavori ing. F. aveva ugualmente consegnato all’appaltatore i due assegni, dell’importo di 25 milioni di Lire ciascuno, che il committente gli aveva affidato con il compito di consegnarli all’appaltatore a lavori ultimati e previa verifica della regolare esecuzione. Ivana Tornasi subentrò al coniuge C. dopo il decesso di questi, e, a sua volta, riassunse il giudizio nei confronti del Fallimento (OMISSIS).

2. Il Tribunale di Pescara condannò F.F. alla restituzione della somma portata dai due titoli, maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi legali; dichiarò il difetto di legittimazione di P.P. e l’improcedibilità della domanda nei confronti del Fallimento (OMISSIS) s.r.l.

3. La Corte territoriale, nella contumacia di P.P. e del Fallimento, ha rigettato l’appello principale proposto da F. e accolto parzialmente l’appello incidentale proposto da T.I..

3.1. La Corte territoriale ha osservato il F. aveva riconosciuto di avere consegnato i due assegni prima della conclusione dei lavori, mentre nella scrittura in data 27 marzo 1995 era previsto che il corrispettivo globale di Lire 120 milioni dovesse essere pagato al P. in tre rate: la prima, di Lire 70 milioni oltre IVA, al montaggio delle impalcature; la seconda, di Lire 25 milioni oltre IVA, a fine lavori; la terza, di Lire 25 milioni oltre IVA, a 30 giorni dalla conclusione dei lavori.

Era invece accaduto che le due rate da 25 milioni ciascuna fossero corrisposte, per il tramite della consegna dei due assegni, senza verificare l’ultimazione dei lavori e collaudare le opere, con la conseguenza che il committente aveva pagato l’intero corrispettivo dell’appalto, a fronte di lavori non ultimati, come era stato accertato dal CTU.

Sussisteva, pertanto, il diritto del committente alla restituzione della somma portata dai due titoli, e, in accoglimento dell’appello incidentale la condanna era estesa all’originario appaltatore P.P..

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso F.F., sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso T.I.. Non hanno svolto difese P.P. e il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza, assumendosi che la Corte d’appello non avrebbe esaminato il tema devoluto alla sua cognizione, concernente la mancanza di pregiudizio derivante dal comportamento del direttore dei lavori F., tenuto conto che l’importo complessivo corrisposto all’appaltatore era inferiore al valore delle opere realizzate, come era emerso dalla CTU.

1.2. La doglianza è infondata. Non sussiste il vizio processuale di omessa pronuncia in quanto la Corte d’appello ha esaminato la questione devoluta dall’appellante principale F., individuata nella “errata determinazione in ordine alla quantificazione delle pretese conseguenze di danno”, e su di essa ha deciso, rigettandola.

Il ricorrente si duole, in realtà, della valutazione espressa dalla Corte d’appello, laddove la differenza tra l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 consiste nel fatto che, nel primo caso, l’omesso esame concerne direttamente una domanda o un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel secondo caso, l’omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione (ex plurimis, Cass. 04/12/2014, n. 25714).

2. Con il secondo motivo è denunciato vizio di motivazione nonchè violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e si contesta che la Corte d’appello aveva accertato la sussistenza del pregiudizio per il committente senza esaminare fatti decisivi, dedotti dalla parte, dai quali emergeva l’assenza di tale pregiudizio.

Il ricorrente richiama le fatture dalle quali emergerebbe che il committente aveva corrisposto a (OMISSIS) s.r.l., anche a mezzo dei due assegni consegnati da esso ricorrente, l’importo di Lire 105.252.102 al netto di IVA. Per contro, il CTU aveva accertato che, alla data di consegna dei due assegni, l’appaltatore aveva regolarmente eseguito lavori per un valore di Lire 112.100.685 al netto di IVA, o quantomeno di Lire 106.011.455 al netto di IVA.

2.1. In disparte l’improprio richiamo al parametro costituzionale che sancisce l’obbligo di motivazione, la doglianza è fondata quanto al vizio di motivazione che rientra, ratione temporis, nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo precedente alla modifica introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 1.

Ciò significa che il sindacato di questa Corte, sollecitato dalla denuncia di vizio di motivazione, investe la complessiva idoneità dell’argomentazione con cui la Corte d’appello ha rigettato il gravame proposto da F..

In disparte l’inammissibilità in questa sede della verifica documentale invocata dal ricorrente, la sentenza impugnata risulta deficitaria sotto il profilo motivazionale nella parte in cui ha ritenuto sussistente il pregiudizio del committente sul rilievo che, “in definitiva, il committente risulta aver pagato tutto il corrispettivo all’impresa, senza aver potuto verificare e collaudare le opere commissionate”.

L’affermazione è basata su un sillogismo che assume a premessa maggiore la scansione dei pagamenti come indicata nel contratto (70 milioni + 25 milioni + 25 milioni), e a premessa minore l’avvenuta consegna anzitempo dei due assegni da 25 milioni di Lire ciascuno, per concludere che il committente aveva pagato l’intero corrispettivo pattuito (120 milioni Lire) senza verifica e collaudo, e che in ciò risiedeva il pregiudizio subito dal committente.

Il ragionamento risulta ipotetico nella parte in cui non dà conto dell’accertato avvenuto pagamento dell’intero prezzo da parte del committente, ed è erroneo nella parte in cui prescinde dal contratto di appalto sottostante.

Vero è, infatti, che la domanda di condanna alla restituzione della somma portata dai due assegni è stata proposta dal committente nei confronti dell’appaltatore e del direttore dei lavori in solido, sull’assunto che l’avvenuta consegna degli assegni prima della ultimazione e del collaudo dei lavori avesse pregiudicato il diritto di esso committente all’autotutela. Ma il diritto all’autotutela consiste nè più nè meno nel diritto ad avvalersi dell’eccezione di inadempimento nei confronti dell’appaltatore, per i vizi o per il mancato completamento dell’opera, e l’eccezione di inadempimento, come è noto, opera nei limiti dell’importo corrispondente ai vizi o al mancato completamento (ex plurimis, Cass. 13/03/2007, n. 5869).

Ai fini del riconoscimento della pretesa azionata dal committente era necessario stabilire, sulla base del valore delle opere eseguite e di quelle non eseguite dall’appaltatore, e previo accertamento dei pagamenti effettuati, quale pregiudizio aveva subito il committente per effetto della consegna anzitempo della somma portata dagli assegni.

3. Rimane assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale è denunciata violazione degli artt. 1218,1223 e 1174 c.c. e si contesta l’applicazione dei principi in materia di inadempimento contrattuale.

4. All’accoglimento del ricorso sul secondo motivo, segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale procederà a riesaminare la questione del pregiudizio derivato al committente in conseguenza del comportamento del direttore dei lavori, e provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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