Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17745 del 07/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/09/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 07/09/2016), n.17745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9276/2014 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), – società con socio unico, in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ERITREA 91

SC.1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA D’ALESSIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE DANIELE

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6591/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

15/10/2013, depositata il 27/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio. 2. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 27 novembre 2013, decidendo in sede di rinvio, ha riformato la decisione del primo giudice e, per l’effetto, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato stipulato dall’attuale parte intimata con l’oste Italiane s.p.a., per il periodo 22 giugno – 31 agosto 1999, ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26/11/94 e dei successivi accordi integrativi, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso (…)”. 3. Pertanto, dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato sin dall’origine, la Corte territoriale ha condannato la società a riammettere in servizio il lavoratore e ad erogargli, a titolo di indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 5, una somma pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita. 4. Avverso questa sentenza Poste italiane s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. 5. Il lavoratore ha resistito con controricorso. 6. Il motivo proposto dalla società (per violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, dell’art. 8 del c.c.n.l. 26/11/94 e dell’accordo integrativo 25/9/97, nonchè degli accordi successivi 16/1/98, 27/4/98, 2/7/98, 24/5/99 e 18/1/01, in connessione con l’art. 1362 c.c. e omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio) è destituito di fondamento alla luce della giurisprudenza costante della Cassazione la quale ritiene che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, a 230, art 1, nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. Cass. Sez. Un. 2 marzo 2006, n. 4588). 7. Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine quella di cui all’accordo integrativo del 25/9/97, la giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici che, con riferimento al distinto accordo attuativo, sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo del 16/1/98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31/1/98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30/4/98), della situazione di fatto integrante le esigenze eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo. 8. Consegue che, per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione, l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto a tempo determinato e che l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della pattuizione negoziale; da ciò deriva che deve escludersi la legittimità dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998, in quanto privi di presupposto normativo. 9. In altre parole, dato che le parti collettive avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto un limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a termine, fissato inizialmente al 31/1/98 e successivamente al 30/4/98, l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al 30/4/98 (v., ex plurimis, Cass. 23 agosto 2006, n. 18378). 10. Nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, correttamente si è ritenuto irrilevante l’accordo 18/1/01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato. 11. Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25/9/97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque conforme alla regula juris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004, n. 5141). 12. Quanto al dedotto vizio di motivazione, si rileva che alla presente controversia va applicato il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5 (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134) essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 3 di. cit.) e che l’illustrazione del motivo non pone la deduzione nell’alveo del nuovo vizio di motivazione, come delimitato da questa Corte, anche a Sezioni Unite (v. SU n. 8053/2014 e successive conformi). 13. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. 14. La condanna alle spese di lite, liquidate come in dispositivo, segue la regola della soccombenza. 15. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi). 16 Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per eshorsi, Puro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 113 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2016

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