Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17742 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 02/07/2019), n.17742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22556-2017 proposto da:

FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato GUIDO VALORI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUGNANO IN

TEVERINA 9, presso lo studio dell’avvocato CATERINA SIDOTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VITO ZUMBO;

– controricorrente –

contro

C.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 535/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIG

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’11.7.2017, la Corte d’appello di Messina ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di S.L. volta al riconoscimento della natura subordinata della collaborazione prestata in favore della Federazione Italiana Pallacanestro e alla condanna di quest’ultima al pagamento delle consequenziali differenze retributive;

che avverso tale pronuncia la Federazione Italiana Pallacanestro ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura; che S.L. ha resistito con controricorso, mentre C.R., già presidente del comitato regionale della Sicilia Orientale della Federazione ricorrente, è rimasto intimato;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che il rapporto di collaborazione precorso inter partes avesse natura subordinata nonostante che non vi fosse prova che la presunta lavoratrice ricevesse ordini, dovesse rispondere a controlli e fosse assoggettata a obblighi di presenza e/o orario;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., per non avere la Corte territoriale pronunciato sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva per essere l’eventuale rapporto di lavoro imputabile all’intimato C.R. in proprio e non n.q. di presidente pro-tempore del comitato regionale della Federazione;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per avere la Corte di merito affermato che la lavoratrice fosse pagata con fondi di pertinenza della Federazione, laddove le prove assunte avevano evidenziato il contrario;

che i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del tenore delle censure rivolte all’impugnata sentenza;

che è consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 8758 e 24155 del 2017);

che, nella specie, il primo e il secondo motivo di censura incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulati con riguardo ad una presunta violazione di disposizioni di legge sostanziale e processuale, pretendono in realtà di criticare l’accertamento di fatto che la Corte territoriale ha effettuato in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e alla sua imputabilità alla Federazione ricorrente, in luogo che al presidente pro tempore del comitato regionale per la Sicilia Orientale;

che, anche a voler riqualificare i motivi in esame sub.pecie di omesso esame circa uno più fatti decisivi, le censure sarebbero comunque inammissibili, avendo questa Corte ormai consolidato il principio secondo cui, nell’ipotesi di c.d. “doppia conforme” prevista dall’art. 348-ter, c.p.c., comma 5, la parte ricorrente in cassazione, che lamenti vizi nell’accertamento di fatto compiuto dal secondo giudice, ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello e di dimostrare che esse sono tra loro diverse, derivandone altrimenti l’inammissibilità del motivo (Cass. nn. 5528 del 2014, 19001 e 26774 del 2016);

che tali ultime considerazioni valgono fortiori per il terzo motivo, con cui si lamenta l’omesso esame di risultanze istruttorie, da reputarsi pertanto egualmente inammissibile;

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente, che si liquidano in Euro, 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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