Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17740 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. II, 25/08/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 25/08/2020), n.17740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1710/2016 R.G. proposto da:

Z.O., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Massimiliano

Debiasi, e Andrea Debiasi, nonchè dall’Avv. Federica Scafarelli,

del Foro di Roma, elettivamente domiciliato presso lo studio di

quest’ultima sito in Roma, via Giosuè Borsi 4;

– ricorrente –

contro

Z.C., rappresentato e difeso dalli Avv. Joseph Masè, ed

elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Pinzolo,

viale Bolognini n. 80;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 351/2015

depositata l’11 novembre 2015 e notificata il 17 novembre 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 dicembre

2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– Z.C. evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trento, sez. Cles, il fratello Z.O. al fine di sentire accertare e dichiarare la nullità del contratto di compravendita del 28.07.1989 concluso tra i medesimi ed avente ad oggetto la cessione della p.m. 2 del p. ed. art. 287 c.c., in quanto simulato; in subordine, formulava domanda di intervenuta usucapione del bene medesimo;

– instaurato il contraddittorio, il convenuto preliminarmente eccepiva la prescrizione dell’azione di simulazione e, nel merito, insisteva per il rigetto della domanda assumendo che le parti avevano posto in essere un comportamento tale da far ritenere revocato l’accordo simulatorio avendo egli prestato garanzia per un mutuo in favore del fratello, quale terzo datore di ipoteca sul bene oggetto del contratto in contestazione e, in tal senso, svolgeva domanda riconvenzionale di rivendica e di risarcimento danni per illegittima occupazione, nonchè di rimborso del prezzo pagato e, in via subordinata, di usucapione maturata in proprio favore;

– il Tribunale adito, con sentenza parziale n. 55/2013, che non formava oggetto di impugnazione, in accoglimento della domanda attorea, accertava la simulazione assoluta dell’accordo, riconoscendo il diritto di proprietà esclusiva dell’immobile in capo a Z.C. e per l’effetto ordinava a Z.O. di astenersi da turbative; rigettava poi ogni altra domanda, fatte salve le richieste del convenuto di accertamento dell’intervenuta usucapione e di condanna alla restituzione del prezzo che costui affermava avere corrisposto in forza dell’accordo de quo, oltre al rimborso delle spese di gestione dell’immobile, per il cui accertamento la causa veniva rimessa in istruttoria;

– con sentenza definitiva n. 993/2014, il Tribunale di Trento rigettata la domanda riconvenzionale di usucapione di Z.O. condannava Z.C. a rimborsare al fratello il prezzo del bene pari ad Euro 29.011,86, il cui versamento si riteneva provato in virtù di una controdichiarazione;

– in virtù di gravame interposto da Z.C., la Corte di appello di Trento, nella resistenza di Z.O., con sentenza n. 351/2015, in parziale riforma della pronuncia impugnata, rigettava qualsiasi domanda proposta da Z.O. contro Z.C., affermando che la dizione “già pagato”, presente nella controdichiarazione allegata alla vendita, non costituiva prova di un pagamento effettuato da Z.O., poichè incompatibile con l’accertata simulazione assoluta della vendita, ma rientrava nella dichiarazione di scienza di cui all’atto pubblico dichiarato nullo;

– per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Trento ricorre Z.O., sulla base di due motivi;

– Z.C. resiste con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato affidato ad un’unica censura;

– in prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Atteso che:

– con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1412 e 1417 c.c., in materia di simulazione, nonchè degli artt. 2735-2733 c.c., in materia di confessione stragiudiziale e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alle prove documentali, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di appello ritenuto, erroneamente, che la controdichiarazione allegata alla vendita non fosse prova di una quietanza di pagamento del prezzo di compravendita che si dava per pagato.

Il motivo è inammissibile.

E’ preliminare osservare che, come statuito da risalente giurisprudenza di legittimità, che si ritiene di condividere e confermare in questa sede, quando la prova della simulazione assoluta del contratto è stata evinta dal giudice del merito attraverso l’esame di elementi documentali (quale la controdichiarazione) all’uopo rilevanti e la individuazione dei fini pratici contingenti perseguiti è ricavata aliunde dal giudice (attraverso un’indagine presuntiva), la contestazione della validità di questo ulteriore accertamento – che assume carattere di indiretta conferma e di riscontro esterno del convincimento attinto circa la nullità del negozio – non giova a sovvertire quel giudizio, nè investe un punto decisivo della controversia, fondandosi il decisum su ragioni autonome e diverse (v. orientamento risalente in Cass. 15 settembre 1986 n. 5599).

In particolare, attraverso il primo motivo di ricorso, parte ricorrente pretende di sindacare, in sede di legittimità, l’interpretazione fornita dalla Corte di merito di un documento e, in particolare, l’accertamento di fatto dalla stessa compiuto.

Infatti, come correttamente accertato dal giudice di merito, la controdichiarazione contenente la dicitura “già pagato” non integra gli estremi di una quietanza di pagamento, bensì, essendo inserita nelle premesse in fatto dell’atto simulato, fornisce piena prova della simulazione assoluta dell’accordo, attestata nella seconda parte dell’accordo che costituisce reale manifestazione di volontà.

Del resto, una pronuncia differente, che riconoscesse l’avvenuto pagamento del prezzo all’interno di un contratto affetto da simulazione assoluta, sarebbe, come pure affermato dalla corte territoriale, incompatibile con la volontà delle parti di dar vita ad un negozio solo apparente.

Infatti, l’accertamento della simulazione assoluta determina la nullità del negozio o del contratto per anomalia della causa rispetto allo schema tipico che ne giustifica il riconoscimento normativo;

– con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per essere stato condannato dalla Corte di appello a rifondere a Z.C. le spese di ambo i gradi.

Anche il secondo motivo è privo di pregio.

Occorre osservare in via generale che il principio della soccombenza va inteso nel senso che la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, neanche per una minima quota, al pagamento delle spese di lite, mentre qualora ricorra soccombenza reciproca, è rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, decidere quale delle parti debba essere condannata e se ed in quale misura debba farsi luogo a compensazione (da ultimo Cass. 13 maggio 2019 n. 12633; ma già Cass. 25 marzo 2002 n. 42010).

Nella vicenda in esame tuttavia, non viene in discussione una questione di soccombenza reciproca, dal momento che la Corte territoriale ha accolto il gravame proposto dall’odierno controricorrente, con conseguente riforma della sentenza impugnata, e ciò ha comportato il rigetto di tutte le difese dell’originario convenuto.

Per tali ragioni, la corte di merito, in linea con il consolidato principio della soccombenza processuale, ha correttamente posto a carico di Z.O. le spese dell’intero giudizio.

In materia di liquidazione delle spese giudiziali nel giudizio di appello, il criterio di individuazione della soccombenza, sulla base del quale va effettuata la statuizione delle spese, deve essere unitario e globale, anche qualora il giudice ritenga di giungere alla compensazione parziale delle spese di lite, condannando poi per il residuo una delle due parti; in tal caso, l’unitarietà e la globalità del suddetto criterio comporta che, in relazione all’esito finale della lite, il giudice deve individuare la parte parzialmente soccombente e quella, per converso, parzialmente vincitrice, in favore della quale il giudice del gravame è tenuto a provvedere sulle spese secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato (così massimata Cass. 28 agosto 2011 n. 17523).

Nella specie il giudice del gravame correttamente non ha rinvenuto alcuna ipotesi di soccombenza parziale e ciò proprio da un’analisi unitaria dell’esito del giudizio;

venendo all’esame del ricorso incidentale, va rilevato che per l’infondatezza del ricorso principale, resta per l’effetto assorbito il ricorso incidentale condizionato, in relazione all’unico motivo a cui esso è affidato.

In conclusione, deve essere rigettato il ricorso principale di Z.O., assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Le spese relative a questo giudizio, quindi, devono essere poste a carico della parte rimasta soccombente, nonchè liquidate come da seguente dispositivo, sussistendo, altresì, i presupposti processuali di legge in ordine al versamento dell’ulteriore contributo unificato, stante l’esito integralmente negativo dell’impugnazione principale qui proposta, mentre così evidentemente non è per quella incidentale condizionata, rimasta assorbita, trattandosi di una sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr Cass. 18 gennaio 2019 n. 1343).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore del controricorrente in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del solo ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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