Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17737 del 29/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 29/07/2010), n.17737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SCORNAJENGHI GIUSEPPE, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SPIC S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo

studio dell’avvocato LONGO TOMMASO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MANENTI FERDINANDO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 877/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 20/07/2006 R.G.N. 717/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per l’accoglimento del primo e del

terzo motivo, rigetto degli altri.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’8 marzo 2003, il Tribunale di Cosenza aveva respinto l’opposizione proposta dalla Spie s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo col quale il medesimo Tribunale le aveva ingiunto di pagare a R.P., su sua richiesta, la somma di L. 112.004.890 a titolo di provvigioni, indennità di maneggio denaro, di clientela e di mancato preavviso, maturate in relazione al rapporto di agenzia intercorso tra le parti tra il 18 ottobre 1984 e il 31 marzo 1989.

Su appello della società, la Corte d’appello di Catanzaro, riformando parzialmente la decisione di primo grado con sentenza depositata il 20 luglio 2006, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e condannato la Spie a pagare al R. la minor somma di Euro 1.398,11, oltre accessori, per l’unico titolo ritenuto dovuto, nei limiti della prescrizione quinquennale e relativo all’indennità di maneggio denaro, rigettando le ulteriori domande dell’agente.

In proposito, la Corte territoriale, avendo accertato che l’AEC non era applicabile al rapporto dedotto, ha escluso il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela, istituto di origine meramente contrattuale collettiva. Ha inoltre escluso, sulla base della disciplina codicistica all’epoca vigente e dell’A.E.C. reso efficace erga omnes nel 1960, il diritto del R. alle provvigioni per affari cd. non spediti e per quelli conclusi ma non eseguiti dal committente, mentre quanto all’indennità di mancato preavviso, ha respinto la relativa domanda, in quanto alla data del 31 marzo 1989 il rapporto di agenzia non era cessato ma era stato trasferito, senza soluzione di continuità in capo alla Nike Italia s.p.a..

Avverso la sentenza della Corte d’appello, propone ora ricorso per cassazione il R., affidandolo a cinque morivi, corredati da quesiti di diritto.

Resiste alle domande la società con rituale controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Col primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362/1370 c.c., dell’A.E.C. 24 giugno 1981 e dell’A.E.C. 18 dicembre 1974.

La difesa del R. sostiene infatti che la Corte avrebbe violato i criteri legali di ermeneutica contrattuale nell’interpretazione della clausola del contratto individuale che rinviava, per quanto non specificatamente stabilito, alle “norme vigenti in materia”, ritenendo tale espressione riferita unicamente alle norme di legge e non anche a quelle degli accordi economici collettivi succedutisi nel tempo.

Se i giudici avessero correttamente interpretato la disposizione del contratto individuale citata, avrebbero dovuto riconoscere al ricorrente l’indennità suppletiva clientela introdotta nel 1974 e conservata negli accordi successivi, comunque anche ai sensi della direttiva CEE 18 dicembre 1986 n. 653.

2 – Col secondo motivo, viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1341, 2697 c.c., artt. 3 e 4 dell’A.E.C. 24 giugno 1981.

In proposito, il ricorrente sostiene il carattere vessatorio e comunque la nullità della clausola del contratto individuale di agenzia che avrebbe riservato alla piena discrezionalità del committente la scelta se accettare o meno le proposte di contratto acquisite dall’agente, rivendicando pertanto il proprio diritto alle provvigioni per gli affari proposti dall’agente e non conclusi dal committente.

Quanto poi alle provvigioni per gli affari conclusi e non eseguiti dal committente, il ricorrente ha contestato, col richiamare il contenuto della relazione di C.T.U. svolta in giudizio, l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’esistenza di tali ipotesi non sarebbe stata provata in giudizio.

3 – Col terzo motivo di ricorso, la sentenza viene censurata per insufficiente ed erronea motivazione in ordine all’indennità sostitutiva del preavviso, la cui debenza deriverebbe dal fatto che la Spie, in sede di trasferimento di azienda, alla Nike Italia si era impegnata ad adempiere alle obbligazioni maturate fino alla data del trasferimento medesimo.

4 – Col quarto motivo di ricorso, R.P. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 c.c. e dell’art. 2944 c.c..

Il motivo attiene alla prescrizione quinquennale del diritto all’indennità per gli incassi, ritenuta per il periodo antecedente al 23 aprile 1987 dalla Corte territoriale, che ha ravvisato l’unico atto interruttivo in una lettera del 23 aprile 1992.

Il ricorrente contesta tale valutazione, menzionando una lettera del 5 gennaio 1990, alla quale attribuisce valore interruttivo della prescrizione e ricordando comunque di avere sempre rivendicato i propri diritti nel corso del rapporto.

5 – Infine, il ricorrente sostiene che, in conseguenza dell’accoglimento del proprio ricorso, anche le spese dei gradi precedenti, in buona parte compensate dalla Corte territoriale, vanno poste a carico integrale della società.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

In proposito, si rileva che il contratto di agenzia intercorso tra le parti, dopo avere disciplinato alcuni aspetti del rapporto, rinviava pacificamente “per quanto non previsto” dallo stesso, “alle norme vigenti in materia”.

La Corte territoriale ha interpretato tale rinvio come operato esclusivamente alle norme di legge regolanti la materia l’artt. 1748 e ss. c.c., nella formulazione vigente all’epoca) e non anche alle norme degli accordi economici collettivi per gli agenti succeduti all’unico di essi reso efficace erga omnes in quanto recepito nel D.P.R. 26 dicembre 1960, n. 142, in attuazione della delega di cui alla L. n. 741 del 1959 e, in particolare, agli A.E.C., del 18 dicembre 1974 e soprattutto del 24 giugno 1981. Di conseguenza, i giudici hanno escluso l’applicabilità al rapporto di agenzia tra le parti di istituti, quale l’indennità suppletiva di clientela, di origine esclusivamente collettiva.

Questa valutazione è censurata dal ricorrente sia per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale sia per illogicità manifesta.

Va infatti in proposito ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione di una norma contrattuale è operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito e pertanto incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o illogica nella relativa applicazione e che tra i criteri di interpretazione è assegnato dalla legge un ruolo in linea di massima preminente a quello fondato sul significato letterale delle parole.

Nel caso in esame, la Corte territoriale, pur dichiarando di attenersi al significato letterale delle parole usate nella clausola sopra riportata, interpreta le espressioni usate in maniera apodittica e non argomentata, sostanzialmente limitandosi ad affermare tautologicamente che il palese significato letterale è nel senso di escludere il riferimento a norme diverse da quelle legali, senza ad es., dar conto del fatto che il rinvio era stato operato alle “norme vigenti in materia”, omettendo le parti ogni ulteriore specificazione quanto alla origine legale o collettiva di queste (costituenti le fonti principali di disciplina tendenzialmente generale della materia) e senza porsi il problema, attingendo allora ad un più ampio spettro di criteri ermeneutici utilizzabili, della effettiva utilità della clausola ove interpretata come di rinvio esclusivamente a norme sostanzialmente inderogabili dalle parti individuali.

Il secondo motivo di ricorso è viceversa inammissibile.

Deducendo la nullità, per contrasto con l’art. 1341 c.c. e degli artt. 3 e 4 dell’A.E.C., del 1981 della clausola del contratto individuale che avrebbe riservato alla piena discrezionalità del committente l’accettazione degli affari promossi dall’agente e sostenendo, in contrasto con quanto affermato in sentenza, che dalla C.T.U. risulterebbero puntualmente affari conclusi e non eseguiti dal committente, il ricorrente omette infatti di riprodurre il testo della censurata clausola contrattuale, delle norme invocate dell’Accordo economico collettivo del 1981 nonchè del contenuto della C.T.U. richiamata, in violazione della regola dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione (su cui, cfr., tra le altre, recentemente Cass. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09), oggi specificatamente ribadito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), alla stregua del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.

Il terzo motivo, relativo alla pretesa dell’indennità sostitutiva del preavviso è infondato.

La Corte territoriale ha infatti accertato in fatto, senza che ciò venga contestato dal ricorrente, che in data 31 marzo 1989 la società Spie aveva ceduto alla s.r.l. Nike Italy la propria azienda commerciale, ivi compresi i rapporti di agenzia (ma mantenendo a proprio carico i debiti verso gli agenti, maturati alla data del 31.3.89), nei quali senza soluzione di continuità la cessiona-ria era subentrata alla cedente nella posizione di preponente e che, in particolare, il rapporto di agenzia tra il R. e la Nike era proseguito fino al 22 settembre 1989, quando era stato sciolto consensualmente con conseguente stipula di un nuovo contratto.

Dovendosi escludere, alla stregua di tali accertamenti di fatto, che sia intervenuto alla data del 31 marzo 1989 il recesso dal rapporto di agenzia in parola, in particolare da parte della SPIC, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che non vi fosse ragione per il R. di lamentare l’omissione del preavviso e di rivendicare la relativa indennità sostitutiva.

Il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto il ricorrente, in contrasto con quanto previsto dall’art. 2943 cod. civ., pretende di attribuire nel caso di specie efficacia interruttiva della prescrizione a semplici solleciti verbali, per di più dedotti in maniera del tutto generica o a diffide, di cui è ignoto il contenuto, oppure ancora ad una lettera della Spie al ricorrente del 5 gennaio 1990, correttamente non ritenuta atto interruttivo dai giudici di merito, in quanto contiene unicamente la comunicazione che i crediti maturati dall’agente antecedentemente alla cessione di azienda restavano a carico del cedente.

Il quinto motivo di ricorso, relativo alle spese dei giudizi di merito, segue la sorte conseguente all’accoglimento del primo, per cui, in ordine a tali spese, dovrà pronunciarsi il giudice di rinvio.

Concludendo, va accolto il primo e il quinto motivo di ricorso e respinti gli altri, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il quinto motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2010

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