Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17736 del 06/08/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17736 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA

sul ricorso 25966-2008 proposto da:
BETTONI GIANNI C.F.BTTGNN41522A952C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo
studio dell’avvocato BOLOGNA GIULIANO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente 2014
1056

contro

ASTI DANIELA ANGELA stadn153a65e127h, LOCCA LUCIANA
lcclon28h50f205v, elettivamente domiciliate in ROMA,
VIA FULCIERI PAOLUCCI DE’ CALBOLI l, presso lo studio
dell’avvocato MARVASI TOMMASO, che le rappresenta e

;•-

Data pubblicazione: 06/08/2014

difende unitamente all’avvocato CRISTINA FRANCESCO;
– controricorrenti
non chè contro

BERNORIO & SACCHI SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE
P.T.;

avverso la sentenza n.

2414/2007 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/04/2014 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

– intimata –

Ritenuto in fatto

1. – à impugnata la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata il 13 settembre 2007, di rigetto del gravame
proposto da Gianni Bettoni e conferma della sentenza del Tri-

Natili e Mary Miori, ai quali era succeduto Gianni Bettoni,
nei confronti di Luciana Locca e Daniela Angela Asti.
1.1. – Nel 1998 i sigg.ri Natili-Miori avevano agito nei
confronti delle sigg.re Locca e Asti perché fosse dichiarata
la risoluzione del contratto di compravendita stipulato in data 23 dicembre 1991, avente ad oggetto l’appartamento sito in
Milano, via Bolzano n. 24, per inadempimento delle acquirenti,
che non avevano versato il corrispettivo pagi a 58.000.000 di
lire.
In via incidentale, gli attori avevano chiesto a Gianni
Bettoni, figlio della sig.ra Miori, di rendere il conto in relazione al predetto contratto e all’attività complessivamente
svolta in forza della procura che essi gli avevano conferito,
ritenendo che tale attività fosse stata alterata dal rapporto
di conoscenza intercorrente tra Bettoni e le convenute.
Si erano costituite le sigg.re Locca e Asti ed avevano eccepito di aver pagato l’Immobile,

come attestava la quietanza

a saldo contenuta nel rogito, contestando inipltre che Bottoni
avesse ecceduto dai poteri indicati nella procura ovvero avesse subito condizionamenti nella formazione della volontà nego-

bunale di Como che aveva respinto le domande proposte da Aldo

e /

ziale. Le convenute avevano quindi chiesto la chiamata in garanzia del predetto Bettoni e formulato domanda riconvenzionale di condanna degli attori per lite temeraria.
Nel giudizio era intervenuta la società Benorio e Sacchi

attori Natili-Miori. La società aveva dedotto di aver venduto
al sig. Bottoni, in qualità di intermediaria, l’appartamento
sito in Milano, via Esterle n. 23, al prezzo di 300.000.000 di
lire, di cui una parte corrisposta a mezzo della permuta
dell’appartamento sito in via Bolzano n. 24, che la stessa società aveva poi ceduto alle sigg.re Locchi e Asti, come era
confermato dalla scrittura privata datata 12 novenibre 1991.
Dopo il decesso degli attori, il sig. Bettoni, che era
succeduto nel diritto controverso, aveva chiesto senza esito
la nomina di un curatore speciale.
1.2. – Il Tribunale aveva rigettato sia la domanda proposta dagli originari attori, ai quali era subentrato Bettoni,
sia la riconvenzionale di danni ex art.

96 cod. proc. civ.,

civ., sia le richieste istruttorie avanzate dalla società intervenuta, ed aveva condannato Gianni Bettoni al pagamento
delle spese di lite.
Il sig. Bettoni proponeva appello, resistevano le sigg.re
Locchi ed Asti, rimaneva contumace la società.Benorio e Sacchi
s.r.l.

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s.r.l. per chiedere il rigetto della domanda proprosta dagli

2. – Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, la Corte d’appello di Milano rigettava il gravame.
2.1. – Osservava la Corte distrettuale che, dalla scrittura privata datata 12 novembre 1991, risultava che il sig. Bet-

24 per l’acquisto dell’appartamento di via Esterle n. 23.
L’indicata scrittura privata, prodotta in fotocopia dalle
convenute Locchi ed Asti, non era stata foilmalmente disconosciuta da Bettoni, il quale si era limitato a dichiarare che
essa era «aliena dalle attività negoziali succedutesi ed effettivamente svoltesi». Tale dichiarazione non integrava né il
disconoscimento
ai

della firma apposta

nella scrittura privata,

sensi dell’art. 214 cod. proc. civ., né la contestazione

della

conformità della fotocopia

all’originale, ai

sensi

dell’art. 2719 cod. civ.
Inoltre, faceva piena prova nei confronti dell’appellante
Bettoni la quietanza liberatoria contenuta nel rogito di vendita dell’appartamento di via Bolzano

n. 241,

nella quale il

predetto aveva dichiarato di avere riscosso il prezzo e di non
aver altro da pretendere dalle sigg.re Locchi ed Asti.
2.2. – La Corte d’appello rilevava poi che, a seguito del
decesso degli originari attori e della successione di Bettoni
nella posizione processuale dei predetti, ;era venuto meno
l’interesse che sorreggeva la domanda di rendiconto.

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toni aveva ceduto in permuta l’appartamento di via Bolzano n.

Non sussistevano, infine, gli estremi per raccoglimento
della domanda riconvenzionale di condanna di Bettoni per lite
temeraria: a tal fine,

infatti, si doveva considerare il com-

portamento degli originari attori, i quali avevano introdotto

posta in essere da Bettoni.
3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso Gianni Bettoni, sulla base di quattro motivi.
Resistono con controricorso Luciana Locchi e Daniela Angela Asti.
La società Bernorio e Sacchi s.r.l. è rimasta intimata.
Considerato in diritto
1. – Il ricorso è infondato.
1.1. – Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione
degli artt. 99 e 100 cod. proc. civ.
Si lamenta l’omessa nomina di un curatore speciale,
art. 78 cod. proc.

ex

civ., in conseguenza dell’avvenuta succes-

sione del ricorrente agli originari attori nel diritto controverso, assumendosi che la “confusione processuale soggettiva”
avrebbe alterato la domanda attorea e l’interesse ad agire ad
essa connesso.
In ossequio al disposto dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
applicabile

ratione

temporis,

il motivo è corredato dal se-

guente quesito di diritto: «[considerate nel caso di specie le
distinte posizioni soggettive fra gli originari attori (Natili

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il giudizio ignorando i risvolti della complessa operazione

e >fiori) e il successore processuale (Bettoni), rispettivamente rappresentati e rappresentante ad negotia,

in relazione ai

fatti per cui è causa] se, nella ipotesi di successione nel
processo

ex art.

110 cod. proc. civ. di qlest’ultimo (erede

tenuto applicabile il fenomeno della cosiddetta confusione
processuale soggettiva (consistente nel cumulo sul medesimo
soggetto subentrante di qualità distinte ed anche opposte),
sicché l’originaria domanda, ex art. 99 cod. proc. civ., ed
interesse ad agire, ex art. 100 cod. proc. civ., coltivata dai
de cuius attori, invece di essere proseguita nel processo in
coerenza alla tutela giudiziaria originariamente richiesta,
possa invece legittimamente essere sostituita da un regime
processuale che, alterando l’originaria domanda ed il precostituito contraddittorio ex art.

101 cod. prop. civ., introdu-

ca un diverso thema di merito, adattato al sUccessore processuale in quanto titolare di distinta, specifica e personale
posizione sostanziale, omettendo quindi di accogliere la nomina di un curatore

speciale ex art. 78, secondo comma, cod.

proc. civ.».
1.2. – La doglianza è inammissibile in quanto introduce
una questione nuova, che non ha costituito oggetto di valutazione da parte del giudice d’appello, e che non risulta essere
stata prospettata al predetto giudice.

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universale), la Corte d’appello possa avere l.egittimamente ri-

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «nel giudizio
di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle
questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove que-

dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni
trattate, di nuovi profili di diritto compredi nel dibattito e
fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (Cass., Sez. I,
sentenza n. 4787 del 2012).
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 cod. proc. civ.
Si lamenta il travisamento del thema decidandum e dagli
accadimenti processuali, in cui sarebbe incorsa la Corte
d’appello e prima di essa il Tribunale.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte d’appello
non avrebbe colto il contrasto tra le dichiarazioni rese dalla
sig.ra Locca in merito all’avvenuta permuta ,dell’appartamento
di via Bolzano n. 24, realizzata tramite la docietà Bernorio e
Sacchi

s.r.1., e l’affermazione, contenuta nella comparsa di

risposta delle convenute Locca ed Asti, di avvenuto pagamento
del prezzo dell’immobile di via Bolzano n. 24.
Si lamenta inoltre la mancata valutazione critica del documento «falso» prodotto dalle convenute in fotocopia, pure
contestato e disconosciuto.

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stioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli

Il quesito di diritto, a corredo del motivo, è formulato
nei seguenti termini: «se la Corte d’appello era legittimata a
decidere apprezzando i fatti di causa liberamente, fondando il
proprio convincimento su presupposti contrari alla cronologia

rie su piano diverso da quello ontologico ptìr come sopra riportate, disattendendo, pure su quello giurilico, il formale e
rituale disconoscimento ex art. 2719 cod. civ. opposto dal ricorrente su di un preteso documento risultato decisivo per il
giudizio della Corte territoriale».
2.1. – La doglianza è inammissibile per la formulazione
impropria del quesito di diritto, che contiene una petizione
di principio.
Come affermato ripetutamente da questa Corte, anche a Sezioni Unite (sentenza n. 21673 del 2013), «è inammissibile,
per violazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile

ratione temporis, il ricorso per cassazione nel quale il quesito di diritto si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo».
Nel caso all’odierno esame, il ricorrentS ha posto un quesito circa la possibilità per il giudice, ai ‘sensi degli artt.
115 e 116 cod. proc. civ., di fondare la propria decisione
sulle dichiarazioni difensive delle parti in lite, per un verso senza chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza

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dei fatti processuali ed interpretando le risultanze probato-

impugnata, in relazione alla concreta controversia, e, per altro verso, dando per ammesso ciò che è cOtroverso, e cioè
l’avvenuto disconoscimento, da parte dal ricorrente stesso,
della scrittura privata prodotta in fotocopia dalle convenute.

motivazione – in assunto omessa, insufficierpe, contraddittoria – su circostanze processuali in parte già indicate nel
precedente motivo.
3.1. – La doglianza è inammissibile.
Il ricorrente elenca alcune circostanze processuali che la
Corte d’appello, a suo dire, non avrebbe apprezzato «secondo
logica e tecnicismo giuridico», senza esplicitare il necessario momento di sintesi. Come affermato costantemente da questa
Corte, la censura formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella vigenza delid.lgs. n. 40 del
2006, richiede l’esposizione del cosiddetto quesito di fatto,
ovvero del momento di sintesi dalla cui lettura sia possibile
comprendere l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice di
merito

(ex pluximie,

Cas., sez. 5, sentena n. 24255 del

2011).
4. – Con il quarto motivo è dedotta violazione degli artt.
2697, 1350, primo comma, n. 1), e 2719 cod. civ.
Assume il ricorrente che la Corte d’appello erroneamente
avrebbe posto a suo carico l’onere di produrre l’originale
della scrittura privata datata 12 novembre 1991, prodotta in
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3. – Con il terzo motivo di ricorso, è dedotto vizio di

fotocopia dalle convenute Locchi ed Asti, a fronte del disconoscimento effettuato dal medesimo Bottoni. Incombeva infatti
sulle convenute l’onere dà produrre in originale o in copia
autentica il documento di cui intendevano avvalersi, tanto più

scritta ad substantiam.
Il motivo è corredato dal quesito di diritto, formulato
nei seguenti termini: «se la Corte d’appello abbia legittimamente fondato la propria decisione osservando il principio
della distribuzione dell’onere della prova fra le parti di cui
all’art. 2697 cod. civ., richiedendo da una parte al ricorrente la prova della contraffazione del documento in fotocopia
disconosciuto ex art. 2719 cod. civ. e, dall’altra, non rilevando il radicale difetto di prova ad substantiam del

pactum

fiduciae dissimulato dedotto a loro difesa dalle convenute, in
ragione del quale esse sarebbero solo intestatarie
dell’immobile per cui è causa nell’interesse della fiduciante
Bernorio e Sacchi s.r.1.».
4.1. – La doglianza è infondata.
La Corte d’appello ha dato atto che Bettoni ha disconosciuto il documento prodotto in fotocopia in modo irrituale,
non avendo né contestato la corrispondenza della fotocopia
all’originale, ai sensi dell’art. 2719 cod. civ., né dichiarato che le sottoscrizioni in apparenza a lui riconducibili fossero false. Il sig. Bottoni aveva infatti affermato che la

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che nella specie si trattava di contratto soggetto alla forma

predetta scrittura era «aliena dalle attività negoziali succedutesi ed effettivamente svoltesi, così pure non rispondente
alla volontà perseguita da parte attrice e, non da ultimo, incoerente con il ruolo di intermediazione svolto dalla Bernorio

Si era dunque trattato di contestazione :Sostanziale e non
processuale della validità del documento, con la conseguenza
che devono ritenersi corrette le conclusioni cui è pervenuta
la Corte d’appello circa la valenza della sc4ittura privata in
oggetto nei confronti di Bottoni.
4.2. – L’ulteriore profilo di censura afferente la violazione dell’art. 1350, primo coma, n. 1, cod.: civ., sul rilievo che la prova dell’interposizione fiduciaria delle convenute
Locchi ed Asti in favore della società Bernorio e Sacchi richiedeva l’atto scritto è inammissibile, in quanto prospetta
una questione nuova.
5. – Al rigetto del ricorso segue la cdndanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo.
Non ricorrono i presupposti per pronunciare la condanna
del ricorrente ai sensi dell’art. 385, quarto comma, cod.
proc. civ.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle
spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi

e Sacchi s.r.1.».

euro 3.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 aprile

2014.

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