Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17734 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 29/08/2011), n.17734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESSARE Gabriella – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, TADRIS PATRIZIA,giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ACILIA

4, presso lo studio dell’avvocato FUNARI ANTONIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARINI LORENZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 901/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/09/2007 r.g.n. 1454/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 21/6 – 24/9/07 la Corte d’appello di Palermo rigettò l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza n. 640/04 del giudice del lavoro del Tribunale di Marsala, con la quale era stata accolta la domanda di M.R. diretta al conseguimento dell’indennità di maternità in relazione al parto del (OMISSIS), e confermò la sentenza gravata, condannando l’ente previdenziale alle spese del grado.

La Corte palermitana spiegò tale decisione precisando che la natura costitutiva del provvedimento di iscrizione negli elenchi degli esercenti attività commerciali non veniva meno allorquando, come nella fattispecie, la relativa domanda era stata effettuata in ritardo, una volta che l’iscrizione stessa era stata accettata con effetto retroattivo, accompagnata, oltretutto, dal versamento dei contributi sin dall’inizio dell’attività.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps che affida l’impugnazione ad un unico articolato motivo di censura. Resiste con controricorso la M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo articolato motivo l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 66 e 68, con riferimento alla L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e pone il seguente quesito di diritto:

“Voglia la Corte dichiarare se, a mente del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 66, l’indennità giornaliera di maternità prevista dalla detta legge per i due mesi antecedenti alla data presunta del parto, nonchè per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, può essere o meno erogata da una data anteriore a quella in cui è stata proposta la domanda di iscrizione negli elenchi stessi.” In pratica, la difesa dell’istituto ricorrente sostiene che l’indennità in esame non spettava alla M. in quanto alla data del 27/10/00, giorno in cui era scaduto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (due mesi antecedenti e tre mesi successivi al parto del (OMISSIS)), la medesima non era ancora iscritta negli elenchi dei lavoratori autonomi (l’iscrizione venne richiesta solo il 28/11/00), a nulla potendo rilevare il fatto a tale iscrizione fosse stata poi riconosciuta efficacia retroattiva a decorrere dal mese di aprile del 1999. Il ricorso è fondato.

Invero, come questa Corte ha già avuto modo di statuire (Cass. sez. lav. n. 19792 del 12/10/2005), “con riferimento alle lavoratrici autonome contemplate dalla L. n. 546 del 1987, la iscrizione negli elenchi è l’elemento integrativo della fattispecie occorrente per la nascita del rapporto previdenziale. Ne consegue che l’indennità giornaliera di maternità prevista dalla detta legge per i due mesi antecedenti alla data “presunta” del parto, nonchè per i tre mesi successivi alla data “effettiva” del parto, non può essere erogata a partire da una data anteriore a quella in cui è stata proposta la domanda di iscrizione negli elenchi stessi, ovvero da una data ancora precedente che tenga conto dei termini di legge entro i quali detta domanda è consentita, salva, in questo secondo caso, la prova della assenza di ogni attività lavorativa svolta dalla lavoratrice madre prima della domanda di iscrizione. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la sussistenza del diritto all’indennità anche per il periodo precedente l’iscrizione negli elenchi)” (in senso conforme v. anche Cass. sez. lav. n. 20791 del 7/10/2010).

Tra l’altro, il precedente appena esposto si inserisce in un percorso giurisprudenziale che aveva già avuto modo di manifestarsi con le sentenze n. 3364/03 e n. 3192/01 di questa stessa sezione.

Infatti, con la sentenza n. 3364 del 6/3/2003 si era precisato che “l’indennità giornaliera di maternità di cui alla L. 29 dicembre 1987, n. 546, spettante per i due mesi antecedenti alla data “presunta” del parto (e quindi non alla data del parto effettivo), nonchè per i tre mesi successivi alla data “effettiva” del parto, non può essere erogata in epoca anteriore a quella in cui è stata presentata la domanda di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il diritto alla indennità di maternità in favore di una coltivatrice diretta da epoca antecedente a quella della domanda di iscrizione nei relativi elenchi).” Con la sentenza n. 3192 del 5/3/2001 si era spiegato che “la concessione alle coltivatrici dirette dell’indennità giornaliera di maternità, prevista dalla L. 29 dicembre 1987, n. 546, art. 1 presuppone che al momento in cui si verifica l’evento indennizzabile la lavoratrice risulti iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti, posto che la costituzione del rapporto previdenziale avviene solo con l’iscrizione negli appositi elenchi di categoria, ai sensi della L. n. 9 del 1963, art. 11, come modificato dalla L. n. 153 del 1969, art. 63.” Ed, invero, il rischio, che è il presupposto essenziale di ogni forma di assicurazione, è quello del possibile futuro verificarsi di un evento pregiudizievole, e nella specie, l’evento tutelato dalla L. n. 546 del 1987 per le lavoratrici autonome è costituito non già dallo stato di gravidanza, ma dalla incapacità lavorativa presunta ex lege per i due mesi antecedenti al parto e per i tre mesi successivi (prova ne sia che la medesima tutela non sarebbe riservata in caso di aborto, ovvero con la nascita di un feto morto). La problematica è del tutto simile a quella relativa alla indennità di malattia, rispetto alla quale si è già avuto modo di affermare (cfr. Cass. 21 aprile 1993 n. 1368) che oggetto dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie non è la malattia, in sè, ma l’inabilità temporanea al lavoro, che ne derivi – sia pure in via mediata – in dipendenza della conseguente necessità di sottoporsi a cure mediche o ad interventi chirurgici. Peraltro, si è osservato che la preesistenza della sola malattia – alla instaurazione del rapporto assicurativo – non integra, di per sè, il cd. “rischio precostituito” e del resto – come affermato da questa Corte in analoghe fattispecie – il rischio precostituito non trova applicazione atteso il carattere obbligatorio delle assicurazioni sociali (Cass., 27.8.2003, n. 12556; Cass., 3.11.2003, n. 16436;

Cass., 28.8.2004, n. 16931).

Inoltre, l’esistenza dell’onere dei lavoratori dipendenti, ravvisato dal Giudice delle leggi (sentenza n. 483 del 1995), di procedere alla tempestiva richiesta di iscrizione, appare tanto più pregnante per le lavoratrici autonome, per le quali – a differenza di quanto accade per i dipendenti, che sono pur sempre sottoposti all’autorità del proprio datore di lavoro anche in relazione alla fase di costituzione del rapporto previdenziale – l’adempimento di detti obblighi è, in linea di principio, rimessa alla personale volontà e diligenza, rivestendo contemporaneamente la qualità di beneficiane delle prestazioni e di soggetti titolari del rapporto con l’ente previdenziale, essendo personalmente onerate del versamento della relativa contribuzione. Nè tale conclusione può essere contraddetta in via generale dall’esistenza (come nella specie) di un’iscrizione con efficacia retroattiva in quanto, contraddittoriamente, da una parte si negherebbero le prestazioni e dall’altra si pretenderebbe il versamento dei contributi per un periodo anteriore alla iscrizione.

Al riguardo è stato sottolineato (Cass., n. 3364 del 2003 cit.), per un verso, che tale situazione trova ampia giustificazione sulla base del meccanismo previsto dalla normativa vigente ed addebitabile esclusivamente all’inadempienza all’onere di tempestiva denuncia da parte dei soggetti interessati; per altro verso va rilevato che il sistema di sicurezza sociale, secondo la Costituzione e le leggi ordinarie, non consente di configurare alcuna relazione sinallagmatica tra contributi e prestazioni; ma deve considerarsi soprattutto che il principio per cui il diritto alle prestazioni non matura prima della domanda di iscrizione negli elenchi vale “esclusivamente” per le prestazioni di carattere temporaneo, come le indennità di malattia e di maternità, in cui è urgente la possibilità di riscontro della sussistenza di tutti gli elementi che fungono da presupposto del diritto. Si consideri infatti che l’indennità di maternità spetta anche quando nessun contributo sia stato versato e che il sistema della iscrizione retroattiva è tale che la decorrenza viene sostanzialmente rimessa alla dichiarazione dell’interessata, non essendovi la possibilità di procedere ad una penetrante verifica ex post, di talchè l’attribuzione del beneficio in data anteriore alla domanda di iscrizione si presterebbe al pericolo di abusi.

Un simile orientamento, ormai consolidato, sulla previa necessità dell’iscrizione per il diritto al conseguimento della prestazione di cui trattasi non lascia, quindi, spazio a dubbi sull’accoglimento del ricorso.

Pertanto, il diritto all’indennità spetta solo dopo l’iscrizione e più precisamente -secondo un criterio interpretativo costituzionalmente corretto – dopo la richiesta di iscrizione, mentre nella fattispecie questa fu presentata solo un mese dopo la scadenza del termine del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, per cui i giudici del merito hanno erroneamente affermato la sussistenza del diritto all’indennità in esame anche per il periodo anteriore.

Il ricorso va, quindi, accolto.

Ne consegue che la sentenza va cassata e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con rigetto della domanda proposta da M.R.. Nulla va disposto in ordine alle spese di questo giudizio a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, atteso che il ricorso introduttivo fu depositato il 9/4/2002.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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