Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17734 del 29/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2010, (ud. 28/05/2010, dep. 29/07/2010), n.17734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FRANCESCO DE SANCTIS 4, presso lo studio dell’avvocato TENCHINI

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

PRUNEDDU GIOVANNI, ATZERI VALERLA, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO in persona del Dirigente con incarico di livello generale,

Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso

dagli avvocati PUGLISI LUCIA, LA PECCERELLA LUIGI, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 528/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del

10.12.08, depositata il 30/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 30 dicembre 2008, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la decisione di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti dell’INAIL da M. M.E.. Costei aveva richiesto la rendita che assumeva a lei spettante in quanto coniuge superstite di M.P., al quale era stata in precedenza riconosciuta una inabilità permanente del quindici per cento per broncopneumopatia professionale da calcare ed infortunio, indennizzata dall’Istituto con la prestazione di legge.

Il giudice del gravame ha accertato che il M. era deceduto a seguito di carcinoma polmonare manifestatosi nel 2002; tale patologia, ad avviso del medesimo giudice, non aveva avuto alcuna correlazione con la broncopneumopatia, in quanto questa non aveva spiegato alcun apporto causale rispetto alla morte e neppure poteva essere considerata come fattore accelerante di tale evento, data la rapida evoluzione della malattia tumorale.

Per la cassazione di tale sentenza M.M.E. ha proposto ricorso con due motivi.

L’INAIL ha resistito con controricorso.

Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta la relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Alla relazione la ricorrente ha replicato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 416 cod. proc. civ. e deduce che l’Istituto non aveva contestato la sussistenza della silicosi dedotta nell’esposizione dei fatti dalla ricorrente in via alternativa alla broncopneumopatia, come patologia professionale su cui era fondata la rendita riconosciuta al defunto coniuge: essendo la silicosi menzionata nel certificato necroscopico come causa prima del decesso, si addebita al giudice del merito di non avere accertato che il M. era deceduto a causa della silicosi e delle infermità associate.

Il secondo motivo denuncia violazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 85, 131, 145 e vizio di motivazione. La rendita spettante alla ricorrente è indipendente dalla prestazione di cui era titolare il coniuge, poi deceduto, e quindi, incontroversa la silicosi contratta dal coniuge, spettava alla M. la prestazione richiesta, mentre il giudice del merito ha dato rilievo esclusivo alla broncopneumopatia.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., in base alla quale il consigliere ha richiesto la decisione del ricorso in camera di consiglio, è del seguente tenore nella parte motiva:

“Anzitutto è da escludersi che non vi fosse necessità di dimostrazione della dedotta silicosi per difetto di specifica contestazione da parte dell’Istituto, poichè il fatto allegato dalla ricorrente a sostegno della domanda proposta era la ricollegabilità del decesso del coniuge alla malattia professionale da cui lo stesso era stato affetto e che aveva dato luogo, unitamente agli esiti di un pregresso infortunio sul lavoro, alla liquidazione di una rendita per inabilità permanente, fatto contestato dall’Istituto come ammette la medesima ricorrente in ricorso. Non si può pertanto ritenere che la M., affermando che il marito era affetto da silicosi o, comunque da broncopneumopatia di origine professionale per la quale era indennizzato dall’INAIL nella misura del 21% dal 30.4.1990, fosse esonerata dal dimostrare la sussistenza della prima malattia, alternativamente indicata alla seconda, incontroversa essendo solo la seconda malattia”.

“Ciò posto, entrambi i motivi si risolvono nella prospettazione di una diversa causa del decesso o di una accelerazione di tale evento per la silicosi, in inammissibile opposizione al parere espresso dal consulente di ufficio sulla causa della morte e sulla inesistenza della silicosi, condiviso dal giudice del merito”.

“Si deve infatti richiamare al riguardo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha più volte affermato che nei giudizi in materia di costituzione di rendita INAIL per malattia professionale, nel caso in cui il giudice del merito si basi sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, sono denunciabili in sede di giudizio di legittimità, sotto il profilo del difetto di motivazione, la palese devianza da parte del consulente tecnico dalle nozioni correnti della scienza medica e ogni illogicità incidente sulla validità delle sue conclusioni, non già mere difformità tra il significato ed il valore attribuiti dal consulente a determinati dati e fatti patologici ed il significato ed il valore agli stessi elementi attribuiti dalla parte (cfr. fra le tante Cass. 20 agosto 2004 n. 16392)”.

Tali osservazioni, che sono condivise dal Collegio, non possono ritenersi adeguatamente confutate dalle deduzioni svolte dalla ricorrente in memoria.

Innanzitutto, riguardo all’iniziale affermazione della M., secondo cui la motivazione della relazione, circa la rilevata prospettazione con i due motivi di una diversa causa del decesso rispetto a quella indicata dal consulente tecnico di ufficio, “è frutto di un evidente lapsus”, si deve precisare che nella relazione si è fatto riferimento al contenuto delle censure; del resto se dovesse aderirsi a quanto sostiene la ricorrente, che cioè “la contestazione di cui al ricorso non si riferisce alla valutazione del c.t.u. condivisa dal giudice del merito ma su una chiara violazione di norme di legge”, si dovrebbe concludere per l’inammissibilità almeno del secondo motivo, non essendo stato enunciato alcun quesito di diritto, come invece richiede l’art. 366 bis cod. proc. civ., in vigore all’epoca della proposizione del presente ricorso, allorchè sia denunciato una violazione di legge.

Riguardo poi alle deduzioni concernenti gli errori di valutazione in cui sarebbe incorso il consulente di primo grado e che si sarebbero riverberati sulla decisione del Tribunale, avendo questo recepito le conclusioni dell’ausiliare nominato in quella fase, esse sono inammissibili, in quanto con il ricorso per cassazione possono essere proposte censure rivolte contro statuizioni della sentenza di appello e non anche di quella di primo grado, atteso che oggetto del suddetto ricorso è – al di fuori dei casi eccezionali previsti dalla legge – normalmente la sentenza di secondo grado.

Relativamente all’argomentazione in base alla quale la sussistenza della silicosi non sarebbe stata oggetto di contestazione, la ricorrente non solo non tiene conto di quanto sottolineato in proposito nella relazione, e cioè che era incontroversa in atti solo la broncopneumopatia del coniuge, ma non ha adeguatamente censurato la contraria statuizione del giudice del gravame: questi nell’escludere la violazione della L. n. 780 del 1985, art. 4, ha invece rimarcato come il M. “pacificamente” non era affetto da silicosi e da asbestosi. E la ricorrente a fronte della risoluzione della Corte territoriale, che, facendo proprio il motivato parere del consulente tecnico di ufficio nominato in appello, aveva concluso che per la sussistenza della broncopneumopatia, si è limitata a contrapporre il riferimento, contenuto nel certificato di morte, ad un elemento di prova, che invece il giudice del merito ha ritenuto implicitamente superato dall’accertamento compiuto dall’ausiliare.

Nè, peraltro, la doglianza dell’omessa indagine autoptica diretta alla verifica della sussistenza della silicosi è ammissibile, per un duplice ordine di ragione. Anzitutto la ricorrente non ha precisato se e quando aveva avanzato la richiesta in proposito al giudice di merito, che si assume immotivatamente respinta, specificando in quale atto del procedimento di merito l’aveva formulata, onde consentire al giudice di legittimità di controllare la veridicità dell’asserzione prima di esaminare nel merito la questione sottoposta al suo esame. E poi perchè la consulenza tecnica di ufficio non può essere utilizzata dal giudice del merito per indagini esplorative alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati, e qui addirittura esclusi dal consulente tecnico di ufficio nell’accertamento in precedenza eseguito.

In definitiva, si deve concludere per la manifesta infondatezza delle censure proposte dalla ricorrente tendenti ad affermare la sussistenza di una diversa patologia rispetto a quella da cui era affetto il M., quando era in vita, e riscontrata dall’ausiliare, contro il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte già richiamato nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. (v. in particolare la citata Cass. 20 agosto 2004 n. 16392).

Il ricorso va dunque rigettato.

In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente, non sussistendo prova delle condizioni richieste per l’esenzione dal relativo onere, dall’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo risultante dopo la modifica introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326 e qui da applicare, essendo stato il giudizio di primo grado instaurato con ricorso depositato il 3 dicembre 2004, successivamente cioè all’entrata in vigore della suddetta modifica.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’INAIL, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00 a, (trenta/00) per esborsi e in Euro 1.000,00 (mille/00) per onorari.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2010

 

 

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