Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17733 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 02/07/2019), n.17733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13241-2018 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CONVERTINI ANGELO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MANTOVA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

SIVIERI ORLANDO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAGOTTI SARA;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 961/2017 del TRIBUNALE di MANTOVA, depositata

il 30/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21 /03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI

PASQUALE.

Fatto

RILEVATO

Che:

M.L. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 961/2017 del Tribunale di Mantova che, quale giudice di appello, rigettando l’impugnazione da essa proposto, ha confermato la sentenza n. 765/2016 del Giudice di Pace di Mantova, con la quale era stato annullato il verbale di contestazione ex art. 157 C.d.S. per ticket blu scaduto, ma erano state integralmente compensate le spese di lite.

Ha resistito il Comune di Mantova con controricorso.

Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

In vista dell’odierna adunanza nessuna delle parti ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo la ricorrente denuncia violazione del principio di causalità (di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c.) nonchè omesso esame di punti decisivi della controversia (e in particolare del fatto che le sue doglianze, poi accolte dal giudice di pace, erano state sollevate anche in apposita istanza di annullamento in autotutela ancor prima dell’emissione del verbale definitivo) nella parte in cui il giudice di appello ha confermato la compensazione delle spese legali, relative al giudizio di primo grado, nonostante che: a) non vi era stata soccombenza reciproca (essendo stato accolto il ricorso di opposizione al verbale ex art. 157 C.d.S.); b) il leale e corretto comportamento processuale del rappresentante comunale, di per sè doveroso, non è motivo previsto dalla legge per disporre la compensazione; c) la questione sottesa al ricorso (concernente la sanzione ex art. 157 C.d.S., commi 6-8) era già stata affrontata in giurisprudenza, mentre la sentenza n. 16258/2016 di questa Corte non aveva giustificato la norma sanzionatoria contestata alla ricorrente, ma aveva soltanto ricondotto il caso del ticket scaduto della sosta dall’area della ritenuta inadempienza contrattuale all’area dell’illecito amministrativo (e, quindi, nella specifica previsione dell’art. 7 C.d.S., comma 15). Sostiene che, al tempo dell’emissione del verbale opposto (giugno 2016) non soltanto la prevalente giurisprudenza (ordinaria e contabile), ma anche le indicazioni fornite dal Ministero dei Trasporti e dal Ministero degli Interni avevano evidenziato che chi sosta nelle c.d. strisce blu, oltre il termine per cui ha pagato, non può essere sanzionato ai sensi del cds, in quanto la regolamentazione della sosta costituisce materia di competenza comunale, ragion per cui il Comune non avrebbe dovuto emettere il verbale per il caso di ticket scaduto (come per l’appunto da lei sollecitato con istanza di annullamento in autotutela a fronte del preavviso emesso dall’ausiliario del traffico). Sottolinea che la sopravvenuta sentenza n. 16258/2016 non ha realizzato alcun effetto c.d. overruling in merito all’oggetto della causa, che, secondo quanto affermato dai giudici di merito, avrebbe giustificato la contestata regolamentazione delle spese processuali. E si duole che, pur avendo ottenuto piena ragione nel merito, il suo riconoscimento è stato solo parziale, in quanto i costi sostenuti per ricorrere all’AG sono stati ben maggiori della stessa sanzione pecuniaria del verbale opposto.

1.2. Con il secondo motivo denuncia violazione degli stessi artt. 91 e 92 c.p.c. nella parte in cui il Tribunale, dopo aver erroneamente confermato la compensazione delle spese legali relative al giudizio di primo grado, l’ha erroneamente condannata al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di appello, quantificando dette spese in violazione delle prescrizioni di cui al decreto ministeriale 55/2014.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Inammissibile è il primo motivo.

Si premette che. trattandosi di procedimento introdotto in primo grado successivamente all’11 dicembre 2014, si applica l’art. 92 c.p.c., comma 2 nella formulazione vigente (come modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13, comma 1, convertito nella L. n. 162 del 2014, applicabile dal 30 giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione), che pone il principio della compensazione (totale o parziale) delle spese processuali tra le parti, in caso di: a) soccombenza reciproca ovvero b) assoluta novità delle questioni trattate ovvero c) mutamenti della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ovvero d) a seguito della sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale, altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

Ciò posto, occorre ricordare che, in tema di spese processuali, la decisione del giudice di merito è censurabile sotto il profilo della violazione di legge solo nel caso in cui le spese siano poste, in tutto o in parte, a carico della parte totalmente vittoriosa, ed allorquando sia stato violato il principio dell’inderogabilità della tariffa professionale o vi sia stato il mancato riconoscimento di spese asseritamente documentate (Cass. 21-1-05, n. 1313; Cass. 23-8-03, n. 12413).

Dal sindacato di legittimità, dunque, esula la valutazione del giudice del merito in ordine all’opportunità di disporre o meno la compensazione, specie se si consideri, con riguardo alla fattispecie in esame, che:

-il Giudice di Pace di Mantova – dopo aver, in accoglimento del ricorso, annullato il verbale di contestazione (sul presupposto che nessuna norma del C.d.S.le sanziona il comportamento di chi, comprato ed esposto il biglietto, abbia lasciato il veicolo in sosta per tempo maggiore) – ha compensato le spese legali:

da un lato, per il contegno processuale mostrato dal funzionario che aveva rappresentato in giudizio l’ente pubblico, improntato a lealtà e correttezza, e, dall’altro, perchè la questione affrontata rappresentava una novità anche giurisprudenziale;

-la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, rilevando che la tesi sostenuta dalla M. (secondo cui il comportamento dell’automobilista che lasci in sosta il veicolo in zona regolata con parcometro senza esporre il regolare biglietto integrerebbe un mero illecito contrattuale) aveva trovato adesione in parte della giurisprudenza di merito, ma era stata smentita da questa Corte con sentenza n. 16258/2016.

Orbene, secondo la Corte territoriale, poichè detta ultima sentenza (menzionata dal Comune di Mantova nel giudizio di primo grado), era di poco successiva al momento della contestata violazione, il Giudice di Pace, essendone a conoscenza, aveva correttamente giustificato la decisione della compensazione delle spese alla stregua di quanto previsto dall’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione vigente dall’11 dicembre 2014, come rivista dalla Corte costituzionale nella recente sentenza n. 77/2018. Trattasi di valutazione che, in quanto immune da vizi giuridici, si sottrae al sindacato di questa Corte, con conseguente inammissibilità del motivo in esame.

2.2. Inammissibile è anche il secondo motivo.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la somma di Euro 440 per onorari relativi al giudizio di appello è stata correttamente liquidata tenendo conto del valore medio per le cause di valore inferiore ad Euro 1100 davanti al tribunale quale giudice di appello e senza applicare alcuna somma per la fase istruttoria.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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