Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17732 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. II, 25/08/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 25/08/2020), n.17732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3345 – 2015 R.G. proposto da:

A.V., – c.f. (OMISSIS), – R.R., – c.f. (OMISSIS), –

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del

ricorso dall’avvocato Francesco Maglione ed elettivamente

domiciliati in Roma, alla via G. Palumbo, n. 3, presso lo studio

dell’avvocato Claudio Ronchietto;

– ricorrenti –

contro

A.M., – c.f. (OMISSIS), – A.G., – c.f. (OMISSIS),

– A.G., – c.f. (OMISSIS) – A.R., – c.f. (OMISSIS);

– intimati –

avverso – ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, – la sentenza

n. 3074 dei 28/31.12.2013 del tribunale di Nola;

udita la relazione nella camera di consiglio dell’11. dicembre 2019

del consigliere Dott. ABETE Luigi;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale Dott. MISTRI Corrado, che ha chiesto

accogliersi il ricorso.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto ritualmente notificato A.V. citava a comparire dinanzi al tribunale di Nola i germani M., G., G. e R..

Esponeva che in data 18.8.1990 era deceduta ab intestato la madre, M.I., la quale aveva a sè lasciato quali unici eredi i figli, ovvero egli attore ed i convenuti; che l’asse ereditario era stato oggetto di divisione a rogito notar T. del 19.2.2006; che nondimeno il rogito non aveva riguardato il terreno con entrostante fabbricato rurale, già di spettanza della de cuius, in (OMISSIS), alla contrada Cupa Santa Patrizia.

Chiedeva farsi luogo alla divisione dell’anzidetto cespite immobiliare.

1.1. Si costituiva A.G..

Non si opponeva alla divisione del complesso immobiliare.

1.2. Venivano dichiarati contumaci M., G. e A.R..

2. Espletata la c.t.u., con sentenza n. 3074 dei 28/31.12.2013 l’adito tribunale dichiarava aperta la successione di M.I., rigettava la domanda dell’attore e compensava tra le parti costituite le spese di lite.

2.1. Dava atto il tribunale che il fabbricato rurale insistente sul fondo era stato ampliato abusivamente, in assenza di concessione edilizia, in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985; che del pari abusivamente, in epoca posteriore al varo della L. n. 47 del 1985, erano stati realizzati gli ulteriori manufatti insistenti sul terreno.

Esplicitava dunque che era senz’altro da disconoscere la giuridica possibilità di divisione del cespite, viepiù giacchè, così come aveva acclarato il consulente, l’immobile era ubicato in zona soggetta ai vincoli del parco nazionale del Vesuvio ed ai vincoli paesaggistici di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004.

3. Proponevano appello A.V. ed il coniuge, R.R., alla quale l’originario attore aveva con rogito del 30.1.2008 trasferito la quota di sua spettanza del cespite dividendo.

Si costituiva ed aderiva al gravame A.G..

Venivano dichiarati contumaci M., G. e A.R..

3.1. Con ordinanza n. 2141/2014 la corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..

Propriamente la corte reputava che non sussisteva alcuna ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello.

4. Avverso la sentenza di prime cure hanno proposto ricorso A.V. e R.R.; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

M., G., G. e A.R. non hanno svolto difese.

5. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

6. I ricorrenti hanno depositato memorie.

7. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 – 27 e 42 Cost., degli artt. 713, 757, 1111, 1346 e 1418 c.c., dell’art. 156 c.p.c., della L. n. 47 del 1985, art. 40, del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, (già L. n. 47 del 1985, art. 17).

Deducono che la nullità la L. n. 47 del 1985, ex artt. 17 e 40 è circoscritta agli atti inter vivos e non si estende agli atti mortis causa ed alla divisione dei compendi ereditari, momento conclusivo della vicenda successoria; che del resto siffatto postulato rinviene riscontro nell’efficacia retroattiva, ex art. 757 c.c., delle attribuzioni scaturenti dall’atto divisionale.

Deducono altresì che, se l’irregolarità edilizia è da ascrivere al de cuius, non è conforme a diritto precludere agli eredi la possibilità di far ricorso allo strumento divisionale.

Deducono inoltre che il titolo dell’acquisto in sede divisionale del compendio immobiliare “non esorbiterebbe affatto dal titolo “mortis causa” che all’origine lo connota” (così ricorso, pag. 12).

8. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, della L. n. 47 del 1985, art. 32 e dell’art. 713 c.c..

Deducono che la disciplina a tutela dei beni paesaggistici, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, non detta alcuna disposizione idonea a precludere atti ovvero azioni giudiziarie divisionali in relazione ad immobili situati in zone sottoposte a vincolo e prevede, viceversa, unicamente il rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità preposta per gli interventi che si intendono eseguire.

Deducono ancora che la L. n. 47 del 1985, art. 32, contempla il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per le opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo.

9. Il primo motivo di ricorso è da respingere.

10. E’ sufficiente, per un verso, dar atto, alla stregua di quanto gli stessi ricorrenti hanno riferito, che gli esiti della consulenza d’ufficio espletata in prime cure sono nel senso che “l’oggetto della controversia è rappresentato da un fondo con annesso fabbricato rurale (…), ampliato negli anni, e da vari corpi di fabbrica (…) tutti abusivi (…). Per tali immobili non sono mai state presentate licenze, concessioni edilizie, nè domande di sanatoria per abusi” (cfr. ricorso, pag. 5).

11. E’ sufficiente, per altro verso, ribadire il recente insegnamento delle sezioni unite di questa Corte, a tenor del quale, quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. n. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46, e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell’azione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della “possibilità giuridica”, e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale; la mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell’edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. sez. un. 7.10.2019, n. 25021).

12. Il secondo motivo di ricorso parimenti è da respingere.

Evidentemente il secondo mezzo attinge i rilievi motivazionali formulati dal tribunale di Noia ad abundantiam, siccome testimonia la locuzione “peraltro”.

In ogni caso, pur ad ammettere che i rilievi motivazionali attinti da secondo mezzo integrino una autonoma ratio decidendi, nondimeno il motivo non è destinato a sorte migliore.

Sovviene l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108; Cass. (ord.) 11.5.2018, n. 11493).

13. M., G., G. e A.R. non hanno svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta.

14. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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