Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17730 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 29/08/2011), n.17730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESSARE Gabriella – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 297/2008 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 21/07/2008 r.g.n. 319/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11/7 – 21/7/08 la Corte d’appello di Campobasso rigettò l’impugnazione proposta dal Ministero della Giustizia contro la sentenza del 27/11/06 del giudice del lavoro del Tribunale di Campobasso, con la quale lo stesso Ministero si era visto respingere l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo contenente l’intimazione del rimborso alla pubblica dipendente C.M. dei contributi previdenziali mensili relativi all’anno 2005 sulla base della normativa emergenziale per la calamità naturale del sisma che aveva colpito la provincia di Campobasso.

La Corte territoriale confermò la sentenza gravata dopo aver condiviso la decisione del primo giudice sul fatto che la sospensione contributiva non poteva non valere anche per i lavoratori colpiti dal disagio dell’evento calamitoso. Per la cassazione della sentenza propone ricorso il Ministero della Giustizia che affida l’impugnazione a quattro motivi di censura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il Ministero ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione del D.L. 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 2, convenuto con modificazioni nella L. 6 dicembre 2006, n. 290;

violazione e falsa applicazione della L. 24 febbraio 1992, n. 225, art. 5, in combinato disposto con gli artt.: 7 dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2002, n. 3253; art. 8 dell’O.P.C.M. 10 aprile 2003 n. 3279; art. 6 dell’O.P.C.M dell’11/7/03 n. 3300 e 5 dell’O.P.C.M 19/3/04 n. 344; violazione e falsa applicazione del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, convenuto in legge, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2002, n. 286, art. 1 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2. Col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Col terzo motivo è denunziata l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

4. Col quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1189 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5. L’Insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia è il vizio lamentato con l’ultimo motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

In relazione ai suddetti motivi di censura il ricorrente pone i quesiti di diritto tendenti a far accertare quanto segue: – Se alle ordinanze contingibili ed urgenti emanate nel quadro del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, convertito in L. 27 dicembre 2002, n. 286 ed adottate ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, si applichi la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 2, convertito in L. 6 dicembre 2006, n. 290; se incorra in violazione dell’art. 112 c.p.c. la sentenza di merito la quale ometta del tutto di pronunciarsi sulla eccezione di avvenuto adempimento ex art. 1189 c.c. formulata dall’appellante e volta ad escludere che la condotta dell’amministrazione, che si era uniformata alle istruzioni operative del soggetto legittimato, vale a dire l’Inpdap, potesse qualificarsi come di inottemperanza all’obbligo di versamento dei contributi in favore dell’Istituto; se incorra in vizio di motivazione la sentenza che, pur in presenza della deduzione da parte dell’appellante di specifica censura in merito alla mancata valutazione dell’efficacia liberatoria del pagamento effettuato in buona fede dall’amministrazione all’Inpdap, sulla base di circolari emanate da quest’ultimo, ometta totalmente di prendere posizione sul punto e sulle conseguenze della dedotta duplicità di pagamenti in cui è incorsa l’amministrazione; se, ai sensi dell’art. 1189 c.c. sia liberatorio il pagamento dei contributi previdenziali effettuato dall’amministrazione della giustizia all’Inpdap sulla base di apposita circolare dell’INPDAP medesimo in presenza di acclarata incertezza interpretativa (dovuta a contraddittorie prese di posizione degli enti previdenziali) circa la sospensione o meno dell’obbligo di versamento dei contributi medesimi ex art. 7 dell’Ordinanza del Presidente de Consiglio dei Ministri n. 3253 del 29/11/02 e successive proroghe e se quindi l’Amministrazione datrice di lavoro debba essere considerata inadempiente – in base alla citata norma del codice civile – all’obbligo di versamento su di essa gravante; se, intervenuto l’obbligo di sospendere il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali in base all’O.P.C.M. 3253 del 29/11/02, tale sospensione si estenda anche all’autonoma fase della trattenuta da parte del datore di lavoro della quota parte spettante al lavoratore.

Osserva la Corte che i motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto investono nel loro complesso il tema della ammissibilità o meno della estensione al pubblico impiego degli sgravi contributivi previsti dalla normativa emergenziale conseguente alla calamità naturale del sisma che aveva colpito la provincia di Campobasso nell’autunno del 2002. Tali motivi sono fondati.

Invero, di recente questa Corte ha già avuto modo di affrontare la tematica in questione (Sez. L, Sentenza n. 4526 del 24/02/2011), statuendo che ” l’art. 7, comma 1, O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253 – che prevede la sospensione dei versamenti di contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 – va interpretato alla stregua del disposto del D.L. 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 bis, convertito in L. 6 dicembre 2006, n. 290 e, pertanto, come riferibile soltanto ai datori di lavoro privati, essendo finalizzata la disciplina alla liberazione di risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali e non anche all’incremento delle retribuzioni dei pubblici dipendenti.” Orbene, è utile ricordare che il D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito nella L. n. 290 del 2006, stabilisce che “la L. 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel senso che le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile”.

Va, altresì, ricordato che l’O.P.C.M. n. 3253 del 2002, all’art. 7, comma 1, stabilisce che “nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa alla data degli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 nel territorio di cui al D.P.C.M. 31 ottobre 2002 e dell’8 novembre 2002, sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti, nonchè di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Per lo stesso periodo sono sospesi i termini per l’effettuazione degli adempimenti connessi al versamento dei contributi di cui sopra”; i suddetti termini sono stati poi prorogati dalle OOPCM nn. 3279/2003, 3300/2003 e 3308/2003. La ridetta O.P.C.M. n. 3253 del 2002 fa espresso e prioritario riferimento alla L. n. 225 del 24 febbraio 1992 che, a sua volta, all’art. 5, comma 2, prevede che “per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1 deliberazione dello stato di emergenza, si provvede … anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”.

Non vi è dubbio sul fatto che la norma di cui al D.L. n. 263 de 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito nella L. n. 290 del 2006 è di interpretazione autentica, secondo quanto esplicitato dal dato testuale e, come tale, di portata retroattiva. Deve al contempo escludersi una sua efficacia soltanto innovativa rispetto al contenuto precettivo del summenzionato art. 7, comma 1, dell’O.P.C.M. 29 novembre 2002, poichè l’interpretazione autenticamente affermata rientra fra quelle possibili della norma in esame, alla luce, in particolare, del riferimento testuale ai “versamenti” – ossia agli adempimenti dell’obbligo previdenziale riservati alla parte datoriale e successivi alla trattenuta delle quote a carico dei lavoratori – e alla “ratio” della disposizione, individuabile nell’intento di favorire a liberazione di risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali.

La norma di interpretazione autentica è stata, inoltre, ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale (cfr Corte Cost., sentenza n. 325/2008), la quale ha rilevato che corrisponde ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro del settore privato, posto che questi ultimi, a differenza delle amministrazioni pubbliche, spesso non dispongono di sufficienti risorse e di idonea capacità organizzativa per fronteggiare in modo adeguato emergenze come quelle originate dall’evento sismico, e che neppure sussiste un’ingiustificata disparità di trattamento, perchè eventuali agevolazioni previste per i datori di lavoro privati ben possono, non irragionevolmente, non essere estese anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, stante la non omogeneità dei due termini che vengono presi a paragone.

Pertanto, deve convenirsi che anche l’O.P.C.M. n. 3253 del 2002 rientra fra le ordinanze di protezione civile contemplate dal D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito nella L. n. 290 del 2006. Ne discende la sua applicabilità anche alla disposizione di cui al ricordato art. 7 di tale Ordinanza. Atteso pertanto che l’O.P.C.M. n. 3253 del 2002, art. 7, comma 1, va interpretato alla stregua del disposto del D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito nella L. n. 290 del 2006 e, pertanto, come riferibile soltanto ai datori di lavoro privati, deve riconoscersi la fondatezza del ricorso. In definitiva il ricorso va accolto.

Ne consegue che la sentenza va cassata e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con revoca del decreto opposto e rigetto della domanda proposta da C.M..

Le incertezze ermeneutiche relative alla portata della normativa di riferimento, che hanno condotto all’adozione di un’interpretazione autentica, consigliano la compensazione delle spese relative all’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, revoca il decreto ingiuntivo opposto e rigetta la domanda.

Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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