Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17729 del 29/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 29/07/2010), n.17729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CERVETERI 18,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI TOMAINO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA CANDIDA ELIA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANZARO (già ASL n.

(OMISSIS) di

CATANZARO) in persona del Direttore Generale legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA BAFILE 13,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO TETI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CILURZO Giovanni, giusta Delib. 3 settembre 2009, n.

1326 e giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1266/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 27.3.08, depositata il 28/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Giovanni Cilurzo che si

riporta agli atti, insistendo per l’inammissibilità o per il rigetto

del ricorso, con condanna alle spese;

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza impugnata con cui la Corte d’appello di Catanzaro, confermando la statuizione di primo grado, rigettava la domanda proposta da E.A., medico convenzionato con il SSN, nei confronti della ASL (OMISSIS) Catanzaro per la restituzione dei compensi trattenuti per quote già percepite per gli assistiti non più a suo carico, come i deceduti ed i trasferiti, sul rilievo che dovevasi fare applicazione dell’art. 2033 cod. civ. in materia di indebito;

Letto il ricorso del soccombente articolato in due motivi; Letto il controricorso della Asl;

Vista la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;

Vista la memoria depositata dal ricorrente;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè questa Corte ha già affrontato controversie del tutto analoghe con le sentenze n. 13235 del 2009 e n. 1266/2008, rigettando il ricorso dei sanitari, ed a questo orientamento conviene dare continuità non essendo stati sollevati rilevanti argomentazioni in contrario. Si lamenta che l’amministrazione non avrebbe provveduto tempestivamente, come era tenuta, a comunicare l’avvenuto decesso degli assistiti. La censura non è fondata. Il testo della norma invocata, vale a dire dell’art. 28 della convenzione nazionale, riportato a pag. 26 del ricorso, stabilisce che “la revoca da operarsi da parte dell’assistito ha effetto dal giorno dei decesso” e che “l’azienda è tenuta a comunicare la revoca al medico interessato entro un anno dall’evento”. Il testo, per la verità, si limita ad affermare che questo tipo di revoca ha effetto dal giorno del decesso dell’assistito, ma non che, nel caso in cui l’azienda non adempia tempestivamente all’obbligo di comunicazione a suo carico ne derivi l’effetto dell’inefficacia dell’evento, vale a dire del decesso dell’assistito, con conseguente protrazione degli obblighi a carico dell’azienda stessa fino a quando non abbia provveduto a comunicarlo ai sanitari interessati;

Ritenuto che quanto al diritto al risarcimento dei danni derivante dalla impossibilità di effettuare nuove scelte, si tratta di questione nuova e quindi inammissibile, posto che la sentenza impugnata non ne fa cenno e che non se ne lamenta la omessa valutazione;

Rilevato che nelle note si assume che la questione era stata sollevata nei gradi di merito, pur tuttavia il rilievo è tardivo, perchè nel motivo di ricorso non se ne lamenta l’omesso esame, nè si indica l’atto in cui ciò figurava, e la Corte non ha il potere di decidere direttamente sul merito prima di ravvisare un errore della sentenza impugnata;

Ritenuto che il ricorso va quindi rigettato e che le spese, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 30,00 oltre tremila/00 Euro per onorai, nonchè Iva, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2010

 

 

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