Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17729 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 02/07/2019), n.17729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16647-2017 proposto da:

C.S., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato

DONATO ARMENIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F., CA.FR., COMUNE DI MASSAFRA;

– intimati-

avverso la sentenza n. 265/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE –

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 16/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/3/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

Lette le memorie depositate dal ricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Taranto con sentenza del 1998 aveva condannato il Comune di Massafra al pagamento di una somma in favore di C.T., deceduto però in data 2/8/1997, ed alla cui eredità erano stati chiamati i figli Ca.Fr., C.F., C.A., C.L. e C.S..

Tuttavia i primi quattro avevano rinunciato all’eredità paterna, e C.S. chiedeva al Comune il pagamento dell’intera somma, in quanto erede unico del creditore.

In data 24 maggio 2001 però A.S. e L.M., in rappresentazione rispettivamente di C.A. e C. Leonarda accettavano con beneficio di inventario l’eredità del nonno Tommaso, mentre gli altri chiamati per rappresentazione avevano lasciato decorrere il termine agli stessi assegnato ex art. 481 c.c.

In data 12/11/2002 C.F. e Ca.Fr., pur avendo rinunciato in precedenza, dichiaravano di accettare l’eredità.

Quindi C.S., pur avendo ricevuto dal Comune una somma pari ad un quinto di quella riconosciuta con la sentenza citata, assumendo invece di avere diritto ad un terzo, conveniva in giudizio l’ente locale al fine di ottenere la differenza ancora spettantegli.

Nella resistenza del Comune, che su autorizzazione del giudice chiamava in garanzia C.F. e Ca.Fr., il Tribunale adito con la sentenza n. 1108/2011 rigettava la domanda dell’attore ritenendo che lo stesso attore in realtà aveva in precedenza, e precisamente in data 7/10/1998 rinunciato all’eredità del padre, sicchè la successiva richiesta inoltrata al Comune volta ad ottenere le somme spettanti al genitore, non poteva valere come revoca della rinuncia per mancanza delle forme solenni di cui all’art. 525 c.c.

Rigettava altresì la domanda spiegata dai terzi chiamati, in quanto reputava che la loro accettazione era inefficace, poichè, stante la precedente rinuncia, era avvenuta allorquando gli altri chiamati all’eredità avevano a loro volta accettato.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello C.S. nonchè appello incidentale C.F. e Ca.Fr., e la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, con la sentenza n. 265 del 16 maggio 2016 ha rigettato entrambi i gravami.

A tal fine riteneva che per il principio della ragione più liquida dovesse essere esaminato prioritariamente il secondo motivo dell’appello principale con il quale C.S. invocava il giudicato costituito dalla sentenza del Tribunale di Bari – Sezione di Acquaviva delle Fonti n. 91/2007, con la quale era stato riconosciuto essere erede del padre, come confermato altresì dalla sentenza n. 705/2011 dello stesso Tribunale.

Poichè tali sentenze erano state pronunciate in giudizi promossi da terzi nei confronti degli eredi del de cuius per asseriti debiti ereditari, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, non sarebbe più contestabile la qualità di erede in capo all’appellante, come peraltro confermato anche dalla successiva sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 802/2006, che aveva accolto la domanda di riduzione proposta dallo stesso appellante.

Tuttavia, secondo i giudici di appello proprio tale ultima pronuncia, emessa nel giudizio per riduzione per lesione di legittima intentato da C.S. nei confronti di Ca.Fr., attesterebbe che invece gli eredi di C.T. sono in realtà cinque, atteso che per determinare la quota di riserva spettante all’attore si era statuito che tale quota era pari ad 1/5 dei due terzi calcolati sul donatum ed il relictum.

Ne consegue che avendo lo stesso appellante dedotto di avere diritto ad un quinto della quota di riserva, ha implicitamente ammesso di essere uno dei cinque eredi.

Poichè la sentenza della Corte d’Appello di Bari è l’ultimo giudicato ad essersi formato, è altresì destinata a prevalere sulle precedenti sentenze invocate dalla parte, e dalle quali sembrerebbe invece emergere che gli eredi del de cuius erano solo tre.

Quanto all’appello incidentale, la Corte distrettuale rilevava che a fronte della rinuncia pacificamente compiuta da parte di Ca.Fr. e C.F., la loro successiva accettazione era intervenuta quando gli altri chiamati, anche per rappresentazione, avevano accettato l’eredità, sicchè non poteva prodursi la revoca della rinuncia alla luce del chiaro dettato dell’art. 525 c.c..

Con specifico riferimento al secondo motivo dell’appello incidentale proposto dal solo C.F., sul presupposto che era rimasto nel possesso dei beni ereditari nei tre mesi successivi all’apertura della successione, senza redigere l’inventario, osservava la sentenza d’appello che dal verbale di inventario redatto in occasione dell’accettazione delle chiamate per rappresentazione, non si evinceva che C.F. fosse stato rinvenuto nel possesso di beni ereditari, avendo questi in tale circostanza dichiarato che tutti beni rinvenuti nella sua abitazione era di sua esclusiva proprietà.

Inoltre non poteva indurre a diverse conclusioni la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 802/2006, atteso che non erano stati prodotti la sentenza di primo grado e gli atti del processo, non potendosi quindi verificare se Ca.Fr. e C.F. lì fossero stati ritenuti essere eredi.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso C.S. sulla base di sei motivi.

Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in quanto non può condividersi l’assunto dei giudici di appello secondo cui la sentenza della Corte d’Appello di Bari avrebbe efficacia vincolante, posto che in quel giudizio non era parte il Comune di Massafra che è invece convenuto nel presente giudizio.

Il secondo motivo denuncia sempre in relazione all’art. 2909 c.c. la sua violazione e falsa applicazione in quanto, ad opinare come ritenuto dalla Corte d’Appello, sarebbe stata estesa l’efficacia di giudicato ad una pronuncia intervenuta su di una questione pregiudiziale e nei confronti di terzi in via riflessa.

Il terzo motivo denuncia del pari la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dovendosi escludere che la sentenza della Corte d’Appello di Bari avesse inteso decidere con efficacia di giudicato la questione relativa alla misura della quota ereditaria del ricorrente, tenuto conto dell’oggetto (azione di riduzione) sul quale era invece chiamata a pronunciarsi.

Il quarto motivo denuncia sempre la violazione dell’art. 2909 c.c. assumendosi che in nessuna parte della sentenza ritenuta costituire giudicato vi sia una determinazione delle quote ereditarie o di riserva, in quanto anche il ricorso proposto avverso tale decisione era stato deciso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16309/2011 che aveva dichiarato tutti i motivi proposti inammissibili.

Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. e 395 c.p.c., dovendosi escludere che l’ultima sentenza a passare in giudicato sia quella della Corte d’Appello di Bari, occorrendo invece considerare che la determinazione della quota ereditaria del ricorrente era passata in cosa giudicata già al momento della notifica del ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza, non essendo stata minimamente investita dai motivi di impugnazione la questione concernente l’esatta individuazione della quota.

Il sesto motivo infine denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio costituiti dalla valenza probatoria delle diverse sentenze del Tribunale di Bari, a prescindere dalla loro efficacia di giudicato, dalla circostanza che la proposizione dell’azione di riduzione da parte del ricorrente equivale ad accettazione dell’eredità, e dal fatto che i chiamati all’eredità erano cinque, ma che quattro avevano rinunciato all’eredità, essendo poi inefficace la successiva accettazione di C.F. e Ca.Fr..

I motivi, che per la loro evidente connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

Ed, invero, quanto alla pronuncia che la Corte d’Appello ha ritenuto avesse efficacia vincolante in ordine all’individuazione di cinque eredi del de cuius, e precisamente la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 802/20056, vale osservare che si tratta di pronuncia emessa all’esito del giudizio intentato da C.S. nei confronti del germano C.F., sul presupposto che le donazioni effettuate in favore di quest’ultimo eccedessero l’entità della quota disponibile, con lesione della quota di riserva dell’attore.

Orbene, se deve effettivamente ritenersi che l’esercizio dell’azione di riduzione da parte del chiamato all’eredità equivalga ad accettazione dell’eredità (sicchè, attesa la notifica dell’atto di citazione del giudizio di riduzione del 28/11/1997, la successiva rinuncia del 7/10/1998 posta in essere dal ricorrente sarebbe in ogni caso priva di efficacia), non altrettanto convincente risulta l’interpretazione del giudicato de quo offerta dalla sentenza gravata, nella parte in cui ha ritenuto che l’individuazione dei diritti di legittimario spettanti al ricorrente in misura pari ad un quinto dei due terzi (quota indisponibile) equivalesse a riconoscere da parte dello stesso ricorrente che gli eredi erano in realtà cinque.

Trattasi di conclusione che contrasta apertamente con la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in tema di successione necessaria, l’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria va effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari (Cass. S.U. n. 13429/2006, Cass. S.U. n. 13524/2006; Cass. n. 27529/2017).

Ne deriva che il riferimento effettuato ai fini della determinazione della quota spettante all’attore alla misura di un quinto della quota indisponibile, non può in alcun modo implicare un riconoscimento del fatto che gli eredi fossero anche cinque, essendosi la sentenza limitata a calcolare la quota di riserva dell’attore alla luce del quadro familiare esistente al momento dell’apertura della successione, che appunto vedeva in vita cinque figli, tutti, oltre che chiamati all’eredità, anche legittimari aventi diritto ad una quota della riserva.

Ne deriva inoltre che appare erronea l’affermazione del giudice di appello secondo cui la decisione della Corte distrettuale di

Bari costituirebbe un giudicato vincolante quanto all’individuazione del numero degli eredi.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Lecce.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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