Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17724 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 29/08/2011), n.17724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., ATLANTIA S.P.A., (già AUTOSTRADE

S.P.a.), in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo

studio dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DE FEO DOMENICO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 615/2006 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 16/03/2006, r.g.n. 1314/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato MARAZZA MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/2 – 16/3/06 la Corte d’appello di Bari rigettò l’impugnazione proposta dalle società Autostrade per l’Italia s.p.a e Autostrade s.p.a. avverso la sentenza del 28/5/04 del giudice del lavoro del Tribunale di Bari, con la quale era stata accolta la domanda di G.G. diretta all’inclusione della maggiorazione spettante per lo svolgimento del lavoro notturno nella base di calcolo dei compensi dovuti a titolo di ferie, festività, permessi retribuiti, malattia ed infortunio, e confermò la sentenza gravata, condannando le ricorrenti al pagamento delle spese del grado.

La Corte territoriale spiegò tale decisione precisando che per i lavoratori turnisti, come il G., il lavoro notturno non rappresentava una eventualità, ma era la regola, per cui esso entrava a pieno titolo nelle previsioni collettive che ne prefiguravano l’utilità ai fini del calcolo dei compensi per le ferie, i permessi ed i periodi di malattia, oltre che nella previsione normativa di cui alla L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, ai fini dei compensi spettanti in occasione delle festività e delle festività nazionali coincidenti con la domenica in cui il lavoro non era stato prestato. In merito al TFR la Corte precisò che, fermo restando il fatto che l’azienda aveva considerato il lavoro notturno ai fini del computo di tale trattamento, era, in ogni caso, fondata la domanda diretta a veder conteggiate nella base di calcolo dello stesso le voci retributive indirette maggiorate per effetto dell’incidenza su di esse del compenso spettante per lo svolgimento del lavoro notturno.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le società Autostrade per l’Italia S.p.a e Atlantia s.p.a (già Autostrade s.p.a) che affidano l’impugnazione a due motivi di censura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo vengono denunziatè i seguenti vizi della decisione impugnata: violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 25 e 28 del contratto collettivo concernenti la definizione degli elementi della retribuzione, le ferie ed il trattamento di malattia ex art. 360 c.p.c., n. 3; violazione ed erronea applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367 e 1369 c.c. nell’interpretazione degli artt. 18, 25 e 28 del c.c.n.l. (ex art. 360 c.p.c., n. 3); omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (ex art. 360 c.p.c., n. 5); violazione degli artt. 2109 e 2697 cod. civ. (ex art. 360 c.p.c., n. 3). Il motivo si conclude con un quesito di diritto implicante anche la soluzione dei diversi problemi interpretativi afferenti alle norme collettive di cui agli artt. 18, punto 2b, 25 e 28, punto 7, del contratto collettivo di settore in materia di retribuzione e suoi componenti, senza che si sia, però, provveduto a produrne il testo, così come previsto a pena di improcedibilità ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. lav. Ord. n. 11614 del 13/5/2010) che ” l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 369 cod. proc civ., comma 2, n. 4, nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è soddisfatto solo con il deposito da parte del ricorrente dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, senza che possa essere considerata sufficiente la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui sia stato effettuato il deposito di detti atti o siano state allegate per estratto le norme dei contratti collettivi. In tal caso, ove pure la S.C. rilevasse la presenza dei contratti e accordi collettivi nei fascicoli del giudizio di merito, in ogni caso non potrebbe procedere al loro esame, non essendo stati ritualmente depositati secondo la norma richiamata.” (in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 4373 del 23/2/2010 e n. 15495 del 2/7/2009).

Ne consegue che il primo motivo di censura è improcedibile.

2. Col secondo motivo è denunziata la violazione della L. 27 maggio 1949 n. 260, artt. 2 e 5; della L. 31 marzo 1954, n. 90, artt. 1 e 3;

del D.P.R. 14 luglio 1960 n. 1029; dell’art. 2697 c.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 3); è, altresì, denunziata l’omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Si sostiene, in pratica, per quel che concerne l’incidenza della maggiorazione per lavoro notturno sulle festività, che non poteva essere accolto il capo della domanda relativo al compenso per le festività in quanto non era stata nè dedotta, nè provata la presenza in servizio del lavoratore nelle due ricorrenze festive residue richiamate dalla L. n. 260 del 1949, art. 5, nè, tantomeno, era stata dedotta o provata la coincidenza delle festività con le domeniche. Si deduce, inoltre, che la disciplina di cui alla L. n. 90 del 1954 in materia di festività trova applicazione limitatamente a quelle nazionali residue del 25 aprile e del 1 maggio, essendo state abolite dalla L. n. 54 del 1977 quelle del 2 giugno e del 4 novembre.

Si precisa, altresì, che l’ulteriore retribuzione dovuta in caso di esecuzione della prestazione in dette festività nazionali non è “ex lege” assistita dal principio di omnicomprensività, potendo l’autonomia privata, sia individuale che collettiva, escludere un determinato compenso dalla base di calcolo degli istituti di retribuzione indiretta, ivi compreso quello per le festività infrasettimanali. Osserva preliminarmente la Corte che occorre subito sgombrare il campo da un equivoco di fondo indotto dalla prospettazione della parte iniziale del quesito di diritto col quale si adduce che il ricalcolo dei compensi per le festività presuppone l’allegazione e la prova da parte del lavoratore di aver sempre prestato servizio nelle due ricorrenze festive richiamate dalla L. n. 260 del 1949, art. 5 o, per altro verso, che queste siano sempre cadute di domenica.

L’equivoco consiste nel fatto che, in realtà, nella sentenza è chiaramente spiegato che la domanda sulle festività concerneva l’accertamento del diritto alla retribuzione anche per le giornate festive in cui non si era lavorato, ivi comprese quelle nazionali ricadenti nelle prime domeniche di giugno e di novembre (per queste ultime, invece, il diritto non poteva competere per le ragioni che verranno di qui a poco esposte), per cui a nulla può rilevare il fatto che il lavoratore non si fosse fatto carico di richiedere la prova di aver sempre lavorato nelle due ricorrenze festive ancora riconosciute, di cui alla L. n. 260 del 1949, art. 5, trattandosi, oltretutto, di domanda di condanna generica.

Va, infatti, rilevato al riguardo che il consolidato orientamento di questa Corte è nel senso che la L. n. 260 del 1949, art. 5, commi primi due, si riferiscono ai lavoratori retribuiti non in misura fissa mentre il comma 3 si riferisce ai lavoratori retribuiti in misura fissa, dividendosi tale comma in due parti. Tale orientamento ha ritenuto che la seconda parte (che prevede il caso che la festività ricorra nel giorno di domenica e stabilisce che ai lavoratori spetti “oltre la normale retribuzione di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche un’ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera”) si riferisca all’ipotesi “in cui il lavoratore, nella domenica coincidente con le festività del 25 aprile e del 1 maggio, riposi e non già al caso in cui egli lavori” (così in motivazione Cass. 10.5.2002 n. 6747, che rinvia a Cass. 19.12.1998 n. 12731; Cass. 11.7.2000 n. 9206; Cass. 11117 del 26.10.1995).

In effetti, la L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 1, nel modificare la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5 stabilisce quanto segue:

-NELLE RICORRENZE DELLA FESTA NAZIONALE (2 GIUGNO), DELL’ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE (25 APRILE), DELLA FESTA DEL LAVORO (1/A MAGGIO) E NEL GIORNO DELL’UNITA’ NAZIONALE (4 NOVEMBRE), LO STATO, GLI ENTI PUBBLICI ED I PRIVATI DATORI DI LAVORO SONO TENUTI A CORRISPONDERE Al LAVORATORI DA ESSI DIPENDENTI, I QUALI SIANO RETRIBUITI NON IN MISURA FISSA, MA IN RELAZIONE ALLE ORE DI LAVORO DA ESSI COMPIUTE, LA NORMALE RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO GIORNALIERA, COMPRESO OGNI ELEMENTO ACCESSORIO. LA NORMALE RETRIBUZIONE SOPRA INDICATA SARA’ DETERMINATA RAGGUAGLIANDOLA A QUELLA CORRISPONDENTE AD UN SESTO DELL’ORARIO SETTIMANALE CONTRATTUALE O, IN MANCANZA, A QUELLO DI LEGGE. PER I LAVORATORI RETRIBUITI A COTTIMO, A PROVVIGIONE O CON ALTRE FORME DI COMPENSI MOBILI, SI CALCOLERA’ IL VALORE DELLE QUOTE MOBILI SULLA MEDIA ORARIA DELLE ULTIME QUATTRO SETTIMANE. -Ai LAVORATORI CONSIDERATI NEL PRECEDENTE COMMA, CHE PRESTINO LA LORO OPERA NELLE SUINDICATE FESTIVITA’, E’ DOVUTA, OLTRE LA NORMALE RETRIBUZIONE GLOBALE Di FATTO GIORNALIERA, COMPRESO OGNI ELEMENTO ACCESSORIO, LA RETRIBUZIONE PER LE ORE DI LAVORO EFFETTIVAMENTE PRESTATE, CON LA MAGGIORAZIONE PER IL LAVORO FESTIVO. -Al SALARIATI RETRIBUITI IN MISURA FISSA, CHE PRESTINO LA LORO OPERA NELLE SUINDICATE FESTIVITA’, E’ DOVUTA, OLTRE LA NORMALE RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO GIORNALIERA, COMPRESO OGNI ELEMENTO ACCESSORIO, LA RETRIBUZIONE PER LE ORE DI LAVORO EFFETTIVAMENTE PRESTATE, CON LA MAGGIORAZIONE PER IL LAVORO FESTIVO. QUALORA LA FESTIVITA’ RICORRA NEL GIORNO DI DOMENICA, SPETTERA’ Al LAVORATORI STESSI, OLTRE LA NORMALE RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO GIORNALIERA, COMPRESO OGNI ELEMENTO ACCESSORIO, ANCHE UNA ULTERIORE RETRIBUZIONE CORRISPONDENTE ALL’ALIQUOTA GIORNALIERA. Quindi, per i dipendenti retribuiti in misura fissa il compenso dovuto per la coincidenza della domenica con le festività è dovuto solo in caso di festività nazionali (vedi Cass. n. 6747/2002 e Cass. n. 4998/2002). Si è, infatti, affermato (Cass., sez. lav., 10-05- 2002, n. 6747) che “ai sensi della L. 27 maggio 1949 n. 260, art. 5, comma 3, ultima parte, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, i compenso aggiuntivo (corrispondente all’aliquota giornaliera) ivi previsto per il caso in cui le festività del venticinque aprile e del primo maggio coincidano con la domenica, spetta al lavoratore (senza alcuna distinzione nell’ambito delle categorie previste dall’art. 2095 c.c.) che, in tali giorni, riposi; tale compenso, infatti, trova giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività non coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di un giorno in più di riposo.” Tale orientamento si è ulteriormente consolidato con la sentenza n. 6112 del 26/3/2004 della sezione lavoro di questa Corte con la quale si è ribadito che “ai sensi della L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, ultima parte, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, il compenso aggiuntivo (corrispondente all’aliquota giornaliera) ivi previsto per il caso in cui le festività del venticinque aprile e del primo maggio coincidano con la domenica, spetta al lavoratore retribuito in misura fissa che, in quei giorni, riposi; tale compenso, infatti, trova giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività non coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di un giorno di riposo in più ed è espressamente previsto dalla citata L. n. 90 del 1954, art. 2 nel caso, tra l’altro, di sospensione del lavoro dovuta a coincidenza della festività con la domenica.” In definitiva la norma si ispira all’evidente scopo di riequilibrare le rispettive posizioni delle parti del rapporto di lavoro – alterate da una casuale coincidenza di calendario – attribuendo al lavoratore quella stessa quota di retribuzione che il datore di lavoro avrebbe comunque dovuto corrispondergli, pur in assenza di prestazione lavorativa, nel caso che non si fosse verificata la coincidenza della festività civile con quella domenicale.

D’altra parte, se fosse vera la tesi per la quale l’ultima parte del 3 comma sarebbe riferibile ai soli lavoratori che prestino la loro opera in occasione di festività civili coincidenti con la domenica, la disposizione avrebbe dovuto prevedere a favore di tali dipendenti non solo la doppia retribuzione giornaliera, ma anche la ulteriore “retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione per il lavoro festivo” che è già prevista dalla prima parte dello stesso comma in favore dei lavoratori per il solo fatto di prestare lavoro nelle festività in questione, a prescindere dalla coincidenza di queste ultime con la domenica. Il fatto che la norma non contempli la corresponsione della retribuzione maggiorata per effetto della prestazione di lavoro festivo dimostra inequivocabilmente che essa si riferisce, in via generale, ai casi di coincidenza delle festività civili con la giornata domenicale e prescinde totalmente dalla circostanza che nello stesso giorno sia stato prestata attività lavorativa.

Così circoscritta la questione, deve trarsi la conclusione che la sentenza impugnata non merita le censure mosse per quel che concerne il riconoscimento del diritto del lavoratore alla maggiorazione di cui trattasi per le giornate festive nazionali del 25 aprile e dell0 maggio ricadenti di domenica nel periodo oggetto di causa.

La censura è, invece, fondata per quel che riguarda il riconoscimento del suddetto diritto anche per le giornate del 2 giugno e del 4 novembre ricadenti di domenica, posto che per quest’ultima è operante l’abrogazione di cui alla L. 5 marzo 1977, n. 54, art. 1, mentre la prima è stata ripristinata come festività nazionale dalla L. 20 novembre 2000 n. 336, ma solo a decorrere dal 2001, cioè da epoca successiva ai fatti di causa (la sentenza di primo grado confermata, emessa all’esito del ricorso del 5/6/2000, condannò la convenuta nei limiti della prescrizione quinquennale a decorrere dal 25 luglio 1995).

Come è stato, infatti, chiarito, (Cass., sez. lav., 20-05-1992, n. 6038) “la L. 5 marzo 1977, n. 54, art. 1, – il quale ha disposto, al comma 1, che cessano di essere considerati festivi agli effetti civili i giorni delle cinque festività religiose ivi indicate e, al comma 2, che cessano di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre – ha un’efficacia abrogativa generale, nel senso della pura e semplice soppressione di dette festività, comprese quelle civili sopra indicate, essendo in contrario irrilevante che di queste la stessa norma abbia conservato (ma, rispettivamente, alla prima domenica di giugno e di novembre) la celebrazione; pertanto, essendo tutti i giorni succitati divenuti lavorativi (con la correlativa impossibilità di richiamare la normativa dettata dalle L. n. 260 del 1949 e L. n. 90 del 1954), la disciplina economico-normativa degli stessi è riservata alla contrattazione collettiva di settore (da interpretare nel rispetto dei canoni dettati dall’art. 1362 segg.

c.c.), essendo esclusa l’applicabilità dell’accordo interconfederale 26 gennaio 1977 con riguardo ad un datore di lavoro non aderente alla confindustria (nella specie, la suprema corte, cassando l’impugnata sentenza, l’ha censurata, in particolare, per aver essa ritenuto che l’art. 28 del contratto collettivo per i lavoratori dipendenti dagli enti gestori della formazione professionale includesse le festività nazionali del 2 giugno e del 4 novembre fra le festività non soppresse per le quali, se cadenti di domenica o in altri giorni festivi, la stessa disposizione prevedeva il trattamento retributivo di cui alla L. n. 90 del 1954).” Quanto alla festività del 2 giugno, come si è detto essa è stata ripristinata dalla L. 20 novembre 2000 n. 336, pubblicata su G.U. n. 273 del 22/11/2000, ma solo a decorrere dal 2001, cioè da epoca successiva al periodo interessato dai fatti di causa.

Pertanto, il secondo motivo va accolto solo per la parte in cui pone in discussione il diritto del lavoratore alla fruizione della maggiorazione di cui trattasi anche per le festività del 2 giugno e del 4 novembre coincidenti con la domenica.

Ne consegue che la sentenza va cassata esclusivamente in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, va dichiarata non dovuta la maggiorazione per le festività del 2 giugno e del 4 novembre coincidenti con la domenica.

Va confermata la statuizione sulle spese del giudizio di merito, mentre il parziale accoglimento del presente ricorso induce la Corte a ritenere interamente compensate quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il primo motivo ed accoglie il secondo in parte; cassa in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovuta la maggiorazione per le festività del 2 giugno e del 4 novembre coincidenti con la domenica. Conferma la statuizione sulle spese del merito e dichiara compensate quelle del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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