Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17722 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. II, 25/08/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 25/08/2020), n.17722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4329-2017 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO n.

4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati RANIERI RODA e

FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

sul ricorso 4329-2017 proposto da:

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

05/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO;

udito il P.G., nella persona del Sostituto Dott. MISTRI CORRADO, che

ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento

del ricorso incidentale condizionato;

udito l’Avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO per la parte ricorrente, il

quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per il

rigetto di quello incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso la L. n. 89 del 2001, ex art. 3 depositato presso la Corte di Appello di Firenze il 2.10.2015 G.M. invocava la liquidazione dell’equo indennizzo previsto per l’irragionevole durata del processo in relazione ad un presupposto giudizio, egualmente introdotto ai sensi della L. n. 89 del 2001, svoltosi dinanzi la Corte di Appello di Perugia e la Corte di Cassazione, seguito dalla fase esecutiva per il pagamento della somma liquidata dall’autorità giudiziaria.

Con decreto n. 898/2015 il ricorso veniva rigettato.

La G. interponeva opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter e la Corte di Appello, con la pronuncia oggi impugnata, rigettava il gravame condannando la G. alle spese di lite.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia G.M. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, spiegando a sua volta ricorso incidentale articolato in due motivi. In prossimità dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente applicato i criteri di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 6312/2014, secondo cui nel caso di ricorso per equa riparazione relativo all’irragionevole durata di un presupposto giudizio di equa riparazione (cd. “equa su equa”) il processo di cognizione e quello, successivo, di esecuzione vanno considerati in modo unitario ai fini del calcolo dell’irragionevole durata. Di conseguenza, l’indennizzo sarebbe dovuto per l’intera durata del processo, ivi compreso il tempo corrente tra la sentenza conclusiva del giudizio di merito ed il provvedimento di assegnazione delle somme, conclusivo del successivo giudizio di esecuzione.

La censura è infondata.

Alla luce della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente Sentenza n. 19983 del 23/7/2019 in particolare i principi affermati sub nn. 1, 2, 3 e 4 di cui alle pagg. 36 e 37 della sentenza suddetta) il processo di “equa su equa” va considerato come un unicum composto da cognizione ed esecuzione (concetto, questo, già affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 6312 del 19/03/2014, Rv. 630042), la cui massima durata ragionevole è pari a due anni, sei mesi e 5 giorni. Ai fini di tale calcolo vanno considerati solo i tempi effettivamente “del processo” e quindi soltanto quelli in cui si è svolta attività giurisdizionale, e non anche, quindi, il periodo corrente tra la sentenza conclusiva del giudizio di cognizione e l’inizio dell’esecuzione, ovvero tra la notificazione dell’atto di precetto ed il pignoramento. E’ stato in tal modo superato il principio secondo cui la considerazione unitaria del giudizio presuppone che la parte privata si sia tempestivamente attivata dopo la conclusione del giudizio di cognizione, entro il termine di sei mesi dalla sua conclusione (in precedenza affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9142 del 06/05/2016, Rv.639530). Di conseguenza, il periodo indennizzabile ex lege n. 89/2001 rimane soltanto quello eccedente la ragionevole durata del processo di cognizione e di esecuzione, considerati unitariamente, mentre l’eventuale ulteriore ritardo può semmai costituire oggetto di indennizzo da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in assenza di specifico rimedio nel diritto nazionale.

Nel caso specifico risulta dalla decisione impugnata che il giudizio di cognizione aveva avuto una durata di 1 mese e 11 giorni per la fase dinanzi la Corte di Appello e di 1 anno e 12 giorni per quella dinanzi la Corte di Cassazione, mentre l’esecuzione aveva avuto una durata di 10 mesi e 3 giorni; per un totale complessivo di 2 anni, 11 mesi e 23 giorni.

Di conseguenza, la Corte di Appello ha escluso la sussistenza del diritto all’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, tenendo conto soltanto della durata delle fasi di cognizione e di esecuzione e dando atto che il superamento rispetto alla durata massima ragionevole di 2 anni, 6 mesi e 5 giorni, in quanto inferiore al semestre, non era sufficiente ai fini del riconoscimento dell’indennizzo stesso.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., perchè la Corte di Appello avrebbe liquidato le spese oltre i minimi tariffari previsti per lo scaglione di valore di riferimento, senza considerare da un lato che la novità della questione ne avrebbe consigliato la compensazione, e dall’altro lato che comunque, avendo la Corte ritenuto la causa “di modico valore e modesta difficoltà”, avrebbero dovuto essere applicati i minimi tabellari.

La censura è inammissibile.

Con riferimento al primo profilo, va ribadito che in assenza di soccombenza reciproca la decisione sulla compensazione costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice e non è, come tale, sindacabile in Cassazione. Con riferimento al secondo profilo, invece, va evidenziato che la parte ricorrente non deduce che le spese in concreto liquidate dal giudice di merito eccedano i massimi previsti dalla tariffa applicabile, per cui non si profila alcuna violazione di legge.

In definitiva, il ricorso principale va rigettato. Il ricorso incidentale, espressamente proposto in via condizionata, è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

In ragione della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recentissima Sentenza n. 19885 del 23/07/2009 il collegio ritiene opportuno compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Trattandosi di giudizio di equa riparazione, non sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per l’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

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