Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1772 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. I, 27/01/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 27/01/2020), n.1772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30612/2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale Strozzi

n. 31, presso lo studio dell’Avvocato Laura Barberio, che lo

rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Francesco Tartini;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 311/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 8/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Salerno, con ordinanza in data 29 agosto 2017, respingeva il ricorso proposto da O.J., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Salerno, a seguito dell’impugnazione presentata dal richiedente asilo, riteneva che le dichiarazioni dell’appellante, di tenore generico, non risultassero circostanziate o suffragate da prove nè chiarissero se questi, in caso di rimpatrio, corresse il concreto rischio di essere arrestato o sottoposto a trattamenti inumani o degradanti;

la corte distrettuale osservava poi come non fossero state addotte neppure ragioni di particolare vulnerabilità soggettiva o gravi ed oggettivi motivi di carattere umanitario che imponessero il rilascio di un permesso di soggiorno ex art. 5, comma 6 T.U.I.;

in virtù di tali argomenti la Corte di merito rigettava, con sentenza in data 8 marzo 2018, l’appello presentato dal migrante;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso O.J. prospettando sei motivi di doglianza;

l’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 i primi due motivi di ricorso denunciano il carattere apparente della motivazione in relazione alla dedotta non credibilità del racconto e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio concernente la domanda di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b): la Corte d’appello, prescindendo totalmente dall’esame della vicenda personale, non avrebbe preso in alcuna considerazione il tema della veridicità del racconto del migrante e della rilevanza delle minacce da questi ricevute da parte dei componenti del (OMISSIS) nè avrebbe spiegato compiutamente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione assunta, rendendo una motivazione meramente assertiva;

4.2 il quarto motivo di ricorso assume l’illegittimità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1-bis, in quanto l’acritica conferma del giudizio di non credibilità, in assenza di qualsiasi approfondimento o attività istruttoria, avrebbe comportato l’ulteriore violazione del dovere di cooperazione nell’accertamento dei fatti da parte del collegio dell’impugnazione;

4.3 i motivi – da esaminarsi congiuntamente perchè tutti ricollegati alla questione concernente la veridicità del racconto del migrante risultano il primo infondato, gli altri inammissibili;

4.3.1 la corte territoriale, dopo aver registrato (a pag. 2) che i motivi di appello investivano la valutazione di non credibilità dei fatti esposti resa dal primo giudice, ha rilevato (a pag. 4) il carattere generico delle dichiarazioni del migrante, osservando poi come le stesse fossero prive di “qualsivoglia chiarimento in ordine al rischio concreto di essere arrestato o sottoposto a trattamenti inumani e degradanti”;

l’appellante quindi, a parere dei giudici territoriali, “non rappresenta nè dà la prova della sussistenza di fondati motivi per ritenere che, se tornasse in Nigeria correrebbe…. un rischio concreto ed effettivo di subire il danno grave previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria”;

in questo modo la corte territoriale ha spiegato a chiare lettere la propria intenzione di porre a base della propria statuizione di reiezione dell’appello, in primis, la mancata allegazione di circostanze tali da giustificare il riconoscimento della protezione internazionale richiesta, in applicazione della generale regola secondo cui la domanda giudiziale a ciò diretta non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 27336/2018);

se ne ricava l’implicita reiezione – dovendosi ritenere tale la statuizione di rigetto ove la pretesa (Cass. 17956/2015) non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia – dei motivi di appello attinenti alla veridicità del racconto del migrante, attesa l’irrilevanza della questione in un contesto di dichiarazioni comunque inidonee a rappresentare i presupposti necessari per il riconoscimento delle forme di protezione richieste;

4.3.2 il profilo di doglianza, riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) laddove lamenta la mancata considerazione da parte del provvedimento impugnato delle minacce subite dai componenti del (OMISSIS), si limita a individuare il fatto storico che la corte di merito avrebbe omesso di esaminare, ma non indica (non essendo certo a ciò sufficiente il generico richiamo fatto a pag. 6 del ricorso alla “persecuzione di gruppi tutt’ora esistenti nella città di origine ove risiedeva”) il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risultava specificamente esistente nonchè il come e il quando tale fatto, nei termini dedotti in questa sede, sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass., Sez. U., 8053/2014);

il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato;

4.3.3 ne discende l’inammissibilità del quarto motivo di ricorso per mancanza di decisività, atteso che il dovere di cooperazione a cui il giudice è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, investe circostanze di fatto che risultino allegate dalla parte e siano rilevanti ai fini del decidere, stante l’impossibilità per il giudice di introdurre d’ufficio fatti costitutivi del diritto azionato;

5.1 il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. b), giacchè la corte territoriale avrebbe a torto trascurato il pericolo costituito dai cult nigeriani al fine di valutare se il migrante nutrisse il fondato timore di subire, in caso di rimpatrio, un trattamento inumano o degradante da parte di un agente persecutore non statuale che lo Stato non può o non vuole contrastare;

5.2 il motivo è inammissibile;

il ricorrente prospetta la mancata considerazione delle minacce subite dal (OMISSIS) ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria;

la sentenza impugnata però non fa il minimo cenno a una simile questione, che dalla lettura della decisione non risulta fosse stata posta dall’appellante; nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta come e dove il reclamante, nel corso del giudizio di appello, avesse allegato una simile circostanza; sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013);

6.1 il quinto e sesto motivo di ricorso lamentano, in relazione alla domanda di protezione umanitaria, l’uno l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla violenta situazione esistente in Nigeria ed allegata a fondamento anche della richiesta subordinata di protezione umanitaria, l’altro il mancato esame della domanda all’uopo presentata, dato che la sentenza impugnata avrebbe totalmente ignorato una simile prospettazione ai fini dell’esame dell’istanza presentata in via subordinata;

6.2 entrambi i motivi risultano inammissibili;

6.2.1 quanto al mancato esame della situazione di violenza allegata in ricorso è sufficiente rilevare come, anche sotto questo profilo, il ricorrente abbia omesso di indicare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui essa risultava esistente e il “come” e il “quando” tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti;

ne discende l’inammissibilità della critica per difetto di autosufficienza;

6.2.2 l’ultima doglianza assume invece la mancata valutazione della situazione di violenza diffusa e indiscriminata prospettata anche ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria; anche in questo caso la questione non è stata in alcun modo esplicitamente affrontata dalla Corte di merito all’interno della decisione impugnata e il ricorrente non ha indicato se la stessa era stata allegata in sede di merito e dove era stata posta;

il che comporta l’inammissibilità del motivo, poichè il ricorrente, come detto in precedenza rispetto al terzo motivo, deve compiere una simile allegazione al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura e indicare, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia stato fatto;

7. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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