Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17718 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. II, 25/08/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 25/08/2020), n.17718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 567-2016 proposto da:

P.M., C.N., elettivamente domiciliati in ROMA,

P.ZA ISTRIA 20, presso lo studio dell’avvocato MARIA PAOLA CIMINO,

rappresentati e difesi dall’avvocato DARIO MARIA DOLEI;

– ricorrenti –

contro

D.G.B., rappresentata e difesa dall’avvocato ELIO

ANTONIO CORSARO;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 1463/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 29/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2019 dal Consigliere TEDESCO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Dario Maria Dolei, difensore dei ricorrenti, che ha

insistito per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catania ha accolto la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare proposta dalla promissaria D.G.B. nei confronti di C.N., comproprietario insieme a P.M. dell’unità immobiliare promessa in vendita.

Il tribunale aveva rigettato la stessa domanda, avendo riconosciuto l’inadempimento della promissaria nel pagamento della terza rata del prezzo.

La corte d’appello, adita dalla D.G., ha ammesso il giuramento decisorio dei convenuti, già dedotto dall’attrice in primo grado e reiterato con l’appello.

Il giuramento è stato reso dalla P. (che ha ammesso che il preliminare era stato sottoscritto dal coniuge anche per suo conto) e non dal C., non comparso all’udienza fissata per la assunzione, dopo che quella originaria era stata rinviata per impedimento dello stesso C..

Quindi, in applicazione dell’art. 239 c.c., la corte ha riconosciuto provata la circostanza che, a fronte del prezzo pattuito di Lire 170.000.000, la promissaria aveva pagato la somma di Lire 140.000.000 e non quella di Lire 78.000.000, riconosciuta dal primo giudice. Nello stesso tempo la corte ha riconosciuto che il mancato pagamento del saldo si giustificava in considerazione dell’inadempimento dei venditori all’obbligo di estinguere il mutuo ipotecario iscritto sull’immobile promesso in vendita, tenuto conto che l’importo già versato dalla promissaria era ampiamente sufficiente allo scopo.

Per la cassazione della sentenza C.N. e P.M. hanno proposto ricorso, affidato a sei motivi.

D.G.B. ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 233,232 e 239 c.p.c..

Si censura la sentenza perchè la corte d’appello ha ammesso il giuramento decisorio formulato nell’atto di appello, nonostante l’atto non fosse stato sottoscritto dalla parte personalmente, nè da procuratore munito di mandato speciale.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 232,237 e 239 c.p.c..

L’udienza fissata per l’assunzione con l’ordinanza di ammissione del giuramento poi rinviata, ma il rinvio non fu notificato alla parte che doveva prestarlo, nei confronti della quale, pertanto, non potevano verificarsi gli effetti previsti dall’art. 239 c.c., in dipendenza della mancata comparizione.

Il primo motivo è fondato.

Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte (art. 233 c.p.c.).

E’ inammissibile il giuramento decisorio deferito con atto di appello non sottoscritto personalmente dalla parte o da difensore munito di mandato speciale, come richiesto dall’art. 233 c.p.c., ma dal difensore munito soltanto dell’ordinaria procura ad litem, anche se il giuramento sia stato ritualmente deferito in primo grado (Cass. n. 22805/2014; n. 20125/2009; n. 10965/2006; n. 10114/2003). La giurisprudenza precisa che, a questo fine, non è rilevante che la procura a margine dell’atto di citazione comprenda la facoltà di “deferire i giuramenti di rito”, essendo questa indicazione priva di qualsiasi riferimento ai fatti da assumere come oggetto di prova (Cass. n. 5971/1984) (nella specie tale indicazioni non compare nella procura rilasciata a margine dell’atto di appello).

E’ stato anche chiarito che il principio secondo cui la nullità resta sanata se non eccepita nella prima istanza successiva all’atto viziato non opera in materia di giuramento decisorio se non per aspetti di dettaglio, riguardanti la formula usata (cfr. Cass. n. 27026/2018; 16204/2005), ma non in relazione alle condizioni di ammissibilità del mezzo, per le quali non sono configurabili preclusioni per effetto dell’atteggiamento assunto dalle parti, in quanto trattasi di mezzo istruttorio “per il quale la legge pone condizioni di ammissibilità non derogabili dalle parti e dunque non rimesse alla loro disponibilità” (Cass. n. 9927/2004; cfr. anche Cass. n. 24246/2004).

E’ fondato anche il secondo motivo.

Ai sensi dell’art. 233 c.p.c., comma 2, l’ordinanza che ammette il giuramento decisorio deve essere notificata personalmente alla parte. Ex art. 239 c.p.c., la parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo soccombe rispetto alla domanda al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso. Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione, provvede a norma dell’art. 232 c.p.c., comma 2.

Secondo la giurisprudenza della Corte, in materia di giuramento decisorio, devono essere notificati alla parte chiamata a rendere il giuramento non solo l’ordinanza che ammette il giuramento, ma anche i provvedimenti di rinvio della detta udienza fissata per la sua assunzione, nonostante che l’anteriore notifica del provvedimento di ammissione l’abbia posta in condizione di conoscere i termini del giuramento (Cass. n. 11770/2007). Conseguentemente l’effetto della soccombenza, che l’art. 239 c.p.c., collega alla sola mancata comparizione del delato o al suo rifiuto di prestare il giuramento, deve escludersi nell’ipotesi in cui il giudice rinvii ad altra udienza il compimento dell’atto; in tal caso tale provvedimento (al pari di quelli con cui siano stati in ipotesi disposti ulteriori rinvii) deve essere notificato alla parte personalmente, a meno che la stessa non sia presente all’udienza in cui il rinvio è stato disposto (Cass. n. 8015/1998). Si precisa ancora che l’omissione della notificazione dell’ordinanza di ammissione del giuramento decisorio incide sull’esigenza del contraddittorio ed è causa di nullità rilevabile d’ufficio, senza necessità di eccezione della parte nei cui confronti la notifica avrebbe dovuto essere eseguita (Cass. n. 9697/1991).

La corte non si è attenuta a tali principi.

E’ circostanza pacifica che, ammesso con ordinanza il giuramento decisorio, fu fissata per l’assunzione l’udienza del 15 aprile 2013. In tale udienza, essendo mancata la notificazione, fu fissata per l’assunzione la nuova udienza del 7 ottobre 2013.

Il provvedimento di rinvio fu notificato a coloro che dovevano prestare il giuramento insieme all’ordinanza di ammissione.

All’udienza del 7 ottobre è comparsa solo la P. e non il C., il cui difensore presentò un certificato medico, chiedendo il rinvio della udienza.

Il presidente fisso per l’assunzione la nuova udienza del 12 novembre 2013, alla quale il C. non si presentò, essendo però incontroverso che il provvedimento di rinvio non gli fu notificato.

In assenza di tale essenziale presupposto, la corte di merito, in applicazione dei principi sopra indicati, non poteva ritenere verificati gli effetti previsti dall’art. 239 c.p.c..

Sono assorbiti gli altri motivi (il terzo riguardante pur sempre la questione della mancata notificazione; il quarto con cui si deduce che il giuramento non poteva essere ammesso per ragioni inerenti la formulazione dei capitoli; il quinto e il sesto riguardanti le spese di lite).

La sentenza è pertanto cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione anche per le spese.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo; dichiara assorbiti gli altri motivi; rinvia alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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