Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17716 del 18/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/07/2017, (ud. 02/03/2017, dep.18/07/2017),  n. 17716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27308-2015 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RASELLA 152,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE ROSSI che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati DIEGO SENTER e FABIO PINCI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ALA – C.F. (OMISSIS), in persona del Vice – Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO VANNICELLI che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA DI

SECONDO GRADO DI TRENTO, depositata il 07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2017 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 30/1/2015, depositata il 7 maggio 2015, la Commissione tributaria di secondo grado di Trento accolse l’appello principale proposto dal Comune di Ala nei confronti del sig. T.A. avverso la sentenza resa dalla Commissione tributaria di primo grado del capoluogo trentino, rigettando nel contempo l’appello incidentale proposto dal contribuente.

La vicenda traeva origine dalla notifica da parte del Comune di Ala di avvisi di accertamento per ICI dovuta per gli anni 2005 e 2006 in relazione alla proprietà di terreno edificabile da parte del contribuente in detto Comune.

La pronuncia di primo grado aveva rigettato il ricorso avverso l’accertamento per l’anno 2005, ritenendo il potere impositivo esercitato nel rispetto del termine quinquennale di decadenza, senza entrare nel merito dell’imposizione, mentre aveva accolto il ricorso del contribuente sull’accertamento relativo all’anno 2006 che era, per l’effetto, annullato.

Avverso la pronuncia della Commissione tributaria di secondo grado di Trento il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Comune di Ala resiste con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata, nel rigettare l’appello incidentale proposto dal contribuente, ha ritenuto, anche in relazione all’annualità 2005, esercitata la pretesa impositiva nel rispetto del termine quinquennale di decadenza in relazione al tributo locale in esame.

Il motivo è manifestamente infondato, avendo la sentenza impugnata correttamente giudicato sulla questione in conformità alla giurisprudenza di questa Corte in materia che può dirsi ormai consolidata (oltre alle pronunce richiamate in sentenza, si vedano in senso conforme, più di recente, specificamente in tema di ICI, Cass. sez. 6-5, ord. 21 ottobre 2014, n. 22320 e Cass. sez. 6-5, ord. nn. 384 e 385 del 10 gennaio 2017, in tema di TARSU), secondo cui il principio della scissione degli effetti tra notificante e destinatario della notifica relativamente agli atti notificati a mezzo del servizio postale è applicabile anche riguardo al problema della decadenza dell’Amministrazione dalla pretesa impositiva.

A detto indirizzo questa Corte intende dare ulteriore continuità.

Essendo pacifico che la consegna dell’avviso di accertamento per la sua spedizione a mezzo del servizio postale è avvenuta il 30 dicembre 2010, è dunque corretta in diritto la statuizione del giudice tributario d’appello, che ha confermato la tempestività dell’esercizio del potere impositivo per l’anno 2005.

Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e ciò con riferimento alla rettifica dei valori catastali che avrebbe comportato una diminuzione del valore dell’area oggetto di accertamento.

Il motivo è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 7 aprile 2014, n. 8053), con riferimento alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel chiarire che l’oggetto della censura deve riguardare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio, hanno precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nella fattispecie in esame il giudice tributario d’appello ha certamente dato atto della suddetta circostanza fattuale, escludendo, con accertamento di fatto insindacabile pertanto in questa sede, la destinazione a pertinenza al fabbricato principale dell’area di m q 648 staccata dalla p. ed. 1350.

In effetti, come è agevole rilevare dal ricorso e della stessa memoria alla quale, peraltro, irritualmente, parte ricorrente ha allegato documentazione che esula dai limiti in cui la stessa è consentita ai sensi dell’art. 372 c.p.c., il contribuente, sub specie dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione applicabile razione temporis al presente giudizio, mira a sollecitare alla Corte una diversa valutazione degli elementi istruttori acquisiti nel corso del giudizio di merito, ciò che resta precluso in questa sede (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1436; Cass. sez. 6-5, ord. 30 settembre 2016, n. 19469).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 510,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2017

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