Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17716 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. II, 02/07/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 02/07/2019), n.17716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1067-2018 proposto da:

M.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA COSSERIA, 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA

BUCCELLATO, rappresentati e difesi dall’avvocato NATALINA RAFFAELLI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 4167/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositate il 29/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

RILEVATO

che:

– con ricorso depositato il 29/6/2012 presso la Corte di Appello di Salerno, gli odierni ricorrenti ( M.M.G. ed altri) chiesero, ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio civile iniziato dinanzi al Tribunale di Catanzaro il 29/9/1970 dai loro danti causa M.G. e Ma.Gi. e, dopo la morte di costoro, da essi proseguito nella qualità di eredi;

– con decreto del 15/10/2013, la Corte territoriale accolse la domanda, liquidando la somma di Euro 10.250,00 “in favore dei ricorrenti nella qualità ed in proporzione delle rispettive quote”;

– il decreto fu cassato da questa Suprema Corte con sentenza n. 633 del 2016, che ritenne fondato il ricorso degli attori “quanto alla erronea liquidazione dell’indennizzo effettuata dalla Corte di Appello, per il periodo successivo alla costituzione dei ricorrenti nel giudizio presupposto, in misura unica, considerandoli quali eredi dei loro danti causa e non quali autonome parti di quel giudizio” e dispose il rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Salerno per procedere “a nuova determinazione dell’indennizzo, tenendo conto che ciascuno dei ricorrenti era stato parte del giudizio presupposto a far data dalla costituzione in quel giudizio”;

– con decreto del 29/5/2017, la Corte di Appello di Salerno, pronunciando quale giudice di rinvio, ha rideterminato l’indennità spettante agli attori;

– per la cassazione di tale ultimo decreto i ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a cinque motivi, illustrati poi da memoria difensiva depositata in prossimità dell’adunanza camerale;

– il Ministero della Giustizia, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, col quale si deducono plurime violazioni di legge e violazione del giudicato interno, per avere il giudice di rinvio quantificato in anni 9 e mesi 6 la durata del giudizio presupposto eccedente quella ragionevole, senza tener conto del vincolo di giudicato discendente dal primo decreto che, con statuizione non impugnata, aveva quantificato tale durata in 11 anni) è infondato, non potendo nella specie configurarsi il giudicato preteso dai ricorrenti, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi – il giudicato non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza “fatto, norma ed effetto”, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicchè l’appello motivato anche con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella sequenza riapre la cognizione sull’intera statuizione (Cass., Sez. 6 – 3, n. 12202 del 16/05/2017; Sez. 6 – L, n. 24783 del 08/10/2018);

– il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, col quale si deduce il vizio della motivazione del provvedimento impugnato e l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di rinvio nella determinazione del periodo temporale per il quale riconoscere l’indennizzo) è inammissibile, sia perchè il vizio di motivazione non è più denunciabile ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (come sostituito dalla novella del 2012), sia perchè la censura si risolve in una critica di merito all’accertamento del fatto e nella sollecitazione di un diverso apprezzamento;

– con il terzo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) si deduce che il giudice di rinvio avrebbe, da un lato, violato il vincolo del giudicato (determinando l’indennizzo secondo un criterio diverso da quello adottato nel primo decreto con statuizione non impugnata) e, dall’altro, avrebbe erroneamente applicato il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55 (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), che nella specie non sarebbe applicabile ratione temporis per essere stata la domanda di equa riparazione proposta prima della sua entrata in vigore;

– il primo profilo del terzo motivo è privo di fondamento per le ragioni sopra esposte in occasione dell’esame del primo motivo;

– è fondato, invece, il secondo profilo del motivo in esame, in quanto, poichè la L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3 è stato introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55 (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) e poichè l’art. 55, comma 2 stabilisce che “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, la Corte territoriale non avrebbe potuto applicare il detto art. 2-bis alla controversia in esame, introdotta con domanda di equa riparazione depositata il 29/6/2012;

– sul punto va peraltro ricordato che, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, la disposizione sulla misura massima dell’indennizzo, di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2-bis, comma 3, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, ed operante per i ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, non può essere applicata, in via di analogia, ad una domanda presentata anteriormente a tale data, non essendo consentito il ricorso ad essa, agli effetti dell’art. 12 preleggi, comma 2, ove non sussista il presupposto del vuoto normativo da colmare (Cass., Sez. 6 – 2, n. 10054 del 15/05/2015);

– il decreto impugnato va pertanto cassato con riferimento all’erronea applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3 con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno;

– gli altri motivi rimangono assorbiti;

– il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo per quanto di ragione, rigetta il primo e il secondo; dichiara assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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