Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17715 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. II, 29/08/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA APPENNINI 60, presso lo studio dell’avvocato DI ZENZO

CARMINE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BARABINO PAOLO;

– ricorrente –

contro

F.E., (OMISSIS) elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato ALIBERTI

GIULIANA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELINI VIRGINIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 760/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 29/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato DI ZEN2O Carmine, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi al ricorso;

udito l’Avvocato ALIBERTI Giuliana, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato ANGELINI Virginio, difensore della resistente che ha

chiesto di riportarsi ed insiste;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.M., con atto di citazione del 13 aprile 1992, conveniva, davanti al Tribunale di La Spezia, F.E. e premesso di essere proprietaria di un -complesso di case e terreni in catasto al foglio 9 mappali 624, 753, 731, 353, 597, in Vezzano Ligure, esponeva che la confinante casa, di proprietà della convenuta, era stata nel corso degli anni oggetto di rimaneggiamenti e modifiche con violazioni in danno della proprietà dell’attrice: a) un pluviale di discesa era posto a distanza inferiore a metri 1 dal confine, 2) una porzione della soletta di un terrazzo aggettava sul mappale 753; 3) la messa in opera di ringhiere sulla predetta soletta creava una veduta sui mappali 753, 624; 4) nella muratura di sostegno della soletta era stata aperta una luce non conforme al disposto di cui all’art. 901 c.c.; 5) sul mappale 743 era stata posta una tubazione di scarico fognario a servizio di un bagno realizzato nei locali seminterrati; 6) dalla luce al punto quattro fuoriuscivano effluvi maleodoranti.

Chiedeva, pertanto, che la convenuta venisse condannata alla esecuzione “di tutte le demolizioni, eliminazioni e spostamenti e quant’ altro occorrente per ridurre le opere conformi a legge, nonchè all’eliminazione delle immissioni maleodoranti ed al risarcimento danni.

Si costituiva F.E., la quale sosteneva che, alcune delle opere di cui si è detto: a) esistevano da oltre vent’anni; b) che il foro di cui al punto quattro non era destinato a dare luce, ma solo ad ispezionare la fossa IMHOFF posta sotto la soletta, c) che lo scarico fognario era stato posto dal proprio dante causa, F. R., e che nel 1973 era stato ripristinato e migliorato con il consenso scritto del dante causa dell’attrice.. Inesistente era, l’asserita fuoriuscita di odori sgradevoli e che, comunque, “pro bono pacis” avrebbe provveduto a chiudere il foro di cui si dice. La stessa convenuta in via riconvenzionale proponeva domanda di demolizione di un manufatto insistente sul terreno dell’attrice perchè era stato posto a distanza non legale dal confine e dalla propria casa.

Il Tribunale di La Spezia con sentenza n. 408 del 2001 condannava la convenuta ad eliminare il pluviale, la ringhiera e la finestra costituente luce irregolare Interponeva appello V.M. deducendo: a) l’erroneità della reiezione della propria domanda di rimozione della tubatura di scarico fognario; b) l’omessa pronuncia sulla domanda di eliminazione dell’aggetto della soletta del balcone.

Si costituiva F.E., resistendo alle richieste dell’attrice e proponendo appello incidentale, deducendo: a) l’erroneità della decisione rispetto al pluviale e alla ringhiera considerato che non erano stati mai spostati, b) l’erroneità della decisione del foro nel muro di sostegno della soletta perchè erroneamente era stato attribuita natura di luce, c) l’erroneità del regolamento delle spese.

La. Corte di appello di Genova con sentenza n. 760 del 2004 confermava: 1) con rettifica della motivazione, la condanna di F. E. alla eliminazione dell’apertura esistente nel muro di sostegno della soletta dei terrazzo della casa; 2) con rettifica della motivazione, la reiezione della domanda di rimozione della tubatura fognaria; 3) respingeva ogni altra domanda proposta in primo grado da V.M. 4) compensava le spese dei due gradi di giudizio. A sostegno di questa decisione la Corte genovese osservava: a) che il pluviale era sempre esistito sin dall’epoca di costruzione della casa e, dunque, la F. aveva usucapito il diritto di mantenere il pluviale nella posizione in cui si trovava; b) la F. aveva usucapito il diritto di mantenere la soletta, la ringhiera; di mantenere il tubo di scarico c) La F. non aveva diritto di mantenere le luci irregolari.

La cassazione della sentenza n. 760 del 2004 della Corte di Appello di Genova è stata chiesta da V.M. con ricorso affidato a tre motivi, illustrati con memoria. F.E. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo V.M. lamenta la violazione degli artt. 889, 1158, 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5.

Avrebbe errato la Corte di appello di Genova, secondo il ricorrente per aver ritenuto che F.E. avesse acquisito, per usucapione, il diritto di servitù di mantenere il pluviale di discesa posto all’angolo della facciata (della casa F.) munita di balcone con ringhiera, perchè era mancata da parte della F. la prova rigorosa che occorre, in tema di usucapione, in assenza, cioè, della dimostrazione puntuale di un’ubicazione in quel luogo per 20 anni.

Specifica, la ricorrente, che la prova necessaria nell’ipotesi in esame non avrebbe, comunque, essere sostituita o integrata da considerazioni generiche, neppure inquadrabili fra i fatti notori, quali quelle rese dalla Corte territoriale secondo cui “il pluviale è un accessorio indispensabile di qualsivoglia caseggiato, onde, sembra al Collegio anche mal posta la questione di distanza legale al riguardo”. Le ragioni dunque poste dal Giudice di 2^ grado per l’accoglimento dell’eccezione dell’avvenuta usucapione sono inidonee a fornire il supporto probatorio alla decisione o comunque, conclude il ricorrente, evidenziano una motivazione insufficiente e contraddittoria.

1.1.= la censura è infondata e non può esser accolta, non solo perchè la ricorrente con tale motivo richiederebbe sostanzialmente una nuova valutazione di merito delle risultanze probatorie inibita alla Corte di Cassazione ma, soprattutto, perchè la decisione impugnata contiene una motivazione adeguata, sufficiente, ponderata e priva di vizi logici e giuridici.

In verità, la Corte territoriale ha sufficientemente chiarito che “i testi hanno concordemente dichiarato che il pluviale è sempre esistito sin dall’epoca di costruzione della casa”, cioè dal 1955..

1.2.= La considerazione della Corte genovese riportata dallo stesso ricorrente, secondo cui “il pluviale è un accessorio indispensabile di qualsivoglia caseggiato, onde sembra al Collegio, anche mal posta la questione di distanza legale al riguardo”., in verità, è stata espressa in via semplicemente incidentale, e, tuttavia, non può essere considerata isolatamente in tutto l’impianto probatorio e, soprattutto, non considerando le prove testimoniali compresa la deposizione del geom. F. il quale come specifica la Corte territoriale nato nel 1954, abitò a lungo e, fin da bambino, proprio davanti a quella casa e lo stesso, negli anni 1977/1978;

curò la ristrutturazione della casa F..

2.= Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 900, 905, 1061, 1158, 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5). Avrebbe errato la Corte genovese, secondo la ricorrente: A) per aver ritenuto che la F. avesse usucapito il diritto di mantenere la soletta aggettante oggetto di causa senza aver considerato che la costruzione di essa non risultava in alcuno dei progetti presentati al Comune negli anni 1955/1979/1987.

Conseguentemente doveva aversi per risultante, documentalmente, che fino alla progettazione del 1987 non esisteva e che, quindi, la soletta esistente doveva essere stata realizzata nel corso dei lavori di cui all’ultima progettazione. Da tali elementi derivava pertanto, secondo la ricorrente, che era quantomeno fortemente dubbio che la soletta fosse conformata come in oggi da almeno vent’anni. B) nell’aver ritenuto che la F. avesse maturato il diritto di mantenere la veduta dal terrazzo, perchè in causa c’era prova che la ringhiera era stata apposta solo in tempi molto recenti e comunque da meno di vent’anni necessari per maturare l’usucapione del diritto.

Per altro, specifica la ricorrente, la Corte territoriale, sulla considerazione che non può esistere terrazzo senza idonea protezione ha finito con il ritenere l’esistenza del terrazzo con la presenza della ringhiera e, la presenza della ringhiera perchè esisteva il terrazzo. Seguendo tale ragionamento la Corte territoriale riteneva che una ringhiera era sempre esistita perchè prima di quella attuale, esistevano un tubo di ferro e fili di ferro “a.mo” di ringhiera.

2.1.= Questa censura ha ragion d’essere, e merita di essere accolta, avuto riguardo al secondo profilo che abbiamo contrassegnato con la lettera B) per le ragioni di cui si dirà; mentre è infondata quanto al primo dei due profili, contrassegnato dalla lettera A).

2.1.a) Intanto, quanto alla censura di cui al profilo contrassegnato con la lettera A) non ha ragion d’essere perchè la Corte territoriale, pur avendo dato atto di quanto riferito dalla ricorrente e, cioè, che i progetti negli anni 1955, 1979, 1987 non rappresentavano graficamente la presenza della soletta”, tuttavia, ha chiarito che il fatto che la soletta del terrazzo sia sempre esistita emergeva, univocamente, dalla deposizione di tutti i testi che si sono pronunziati in ordine alla preesistenza della rudimentale ringhiera. A ben vedere, questa affermazione non presenta un vizio logico perchè l’affermazione della Corte territoriale dimostra che la stessa, in una valutazione complessiva, ha ritenuto che come può essere nell’ordine delle cose i progetti presentati al Comune non rappresentavano esattamente quello che invece era stato realizzato.

2.1.b) La Corte territoriale ha ritenuto esistente, da sempre, una ringhiera perchè, come esplicitamente afferma, prima di quella attuale esistevano un tubo di ferro e fili di ferro zincato “a mo” di ringhiera. Epperò, la Corte ha mancato di chiarire e lo avrebbe dovuto fare le ragioni che, a suo giudizio, consentivano di assimilare una struttura composta da un tubo di ferro e da fili di ferro zincato a “mo” di ringhiera, ad una ringhiera. Nè è possibile ritenere che una “rudimentale” ringhiera possa di per se stessa identificarne una vera e propria perchè, considerata la sua funzione, una struttura o è una ringhiera o non lo è, o consente alle persone di guardare e di mostrarsi senza esporsi a pericolo di cadute o non lo consente. Non vi è dubbio che una ringhiera, normalmente metallica, riferita ad un balcone o ad un terrazzo, identificai un’opera stabile che delimita il bordo esterno del balcone o terrazzo volta a consentire ad una persona di normale costituzione fisica, senza particolare agilità fisica od un particolare allenamento, di guardare e di mostrarsi senza esporsi al pericolo di cadute. Nè, per assimilare un tubo e dei fili di ferro, a ringhiera, era sufficiente ritenere che quel tubo e quei fili di ferro a mo di ringhiera, consentiva l’affaccio perchè, oltre l’affaccio era necessario accertare o chiarire se quella struttura consentisse un affaccio senza pericolo.

Nel caso in esame, poi, l’identificazione delle caratteristiche strutturali e funzionali del tubo e dei fili di ferro a mo di ringhiera, era particolarmente importante perchè la prova testimoniale esperita aveva evidenziato, come riferisce la Corte in sentenza, delle deposizioni contrastanti che, i probabilmente, avrebbero trovato spiegazione se fossero state accertate le specifiche caratteristiche di quella “rudimentale ringhiera”, perchè era ragionevole pensare che quei testi che parlavano di un terrazzo senza protezione intendevano riferirsi proprio al fatto che mancava una vera e propria ringhiera e, cioè, una struttura che consentisse alle persone di guardare e di mostrarsi senza esporsi a pericolo. La decisione, pertanto, sul punto presenta una motivazione lacunosa, insufficiente e quantomeno imprecisa, che merita di essere integrata, specificata e chiarita.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1158, e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Contraddittoria motivazione su punti decisivi (art. 360 c.p.c., n. 5). La ricorrente, sostiene la Corte territoriale, non poteva disporre essersi concretata usucapione, neppure in ordine ai tubi di scarico, perchè era certo che al momento della proposizione dell’azione non era trascorso il richiesto possesso ventennale considerato che non poteva utilizzarsi il tempo decorso fino a quel momento per altra e diversa servitù esistente dal 1955 e che, nel 1973 veniva eliminata. Infatti, specifica la ricorrente, un conto è la servitù di scarico su un fondo, altro è la servitù di attraversamento del fondo con una fognatura nera per l’immissione delle acque nella fognatura comunale:

3.1.= Questa censura non ha ragion d’essere e non può essere accolta, non solo perchè anche con questo motivo la ricorrente tenta di ottenere una nuova valutazione di merito inibita alla Corte di cassazione quale giudice di legittimità ma, soprattutto, perchè ancora una volta la Corte territoriale chiarisce adeguatamente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione assunta.

3.2.= la Corte territoriale, a bene veder, ha distinto le due servitù cui si riferisce la ricorrente e ha chiarito adeguatamente che entrambe le servitù non vanno sovrapposte. Piuttosto la Corte territoriale ha riferito anche della servitù relativa al pozzo nero a perdere (che il precedente proprietario ( B.) consentì nel 1955 di realizzare nel terreno di sua proprietà (assumendo altresì l’impegno di vuotarlo per concimare tale terreno), tale pozzo o non fu realizzato o fu dopo qualche tempo sostituito dall’attuale impianto fognario, comportante l’interramento nel terreno B. di tubature dirette verso la fogna comunale, proprio per dar conto che l’esistenza della servitù relativa alla tubazione di scarico fognario fosse acclamata in ragione di prove testimoniali autonome e indipendentemente dalla esistenza o meno dell’originaria servitù del “pozzo nero a perdere”.

In definitiva, il ricorso va accolto quanto al secondo motivo per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, rigettato nel resto. La sentenza impugnata, pertanto, va cassata e il processo va rinviato ad altra sezione della Corte di appello di Genova perchè provveda secondo i principi innanzi esposti. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo del motivi del ricorso per quanto di ragione, rigetto nel resto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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