Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1771 del 28/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1771 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Ud. 06/12/2013

SENTENZA
PU

sul ricorso 10240-2008 proposto da:
COLETTI LIBERO CLTLBR29C01H620Y,

COLETTI

FABIO,

COLETTI SIMONE, SANTORO MAURO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 35/B, presso lo
studio dell’avvocato BANDINI ANDREA, rappresentati e
difesi dall’avvocato CORRAINI ANTONIO giusta delega
in atti;
– ricorrenti contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO PADANA ORIENTALE SAN
MARCO

S.C.

A

R.L.,

persona

in

1

del

legale

Data pubblicazione: 28/01/2014

rappresentante

Presidente

del

Consiglio

di

Amministrazione dott. LORENZO LIVIERO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94 INT 8,
presso lo studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
BRIZZOLARI MICHELE, BRIZZOLARI FULVIO giusta delega
in atti;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 201/2007 del TRIBUNALE di
ROVIGO, depositata il 10/04/2007, R.G.N. 746/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

06/12/2013

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato EDOARDO TORALDO per delega;
udito l’Avvocato MICHELE BRIZZOLARI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso;

2

.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Libero, Fabio e Simone Coletti proponevano opposizione,
davanti al Tribunale di Rovigo, avverso l’esecuzione immobiliare
iniziata e proseguita dalla Banca di credito cooperativo padana
orientale S. Marco in forza di un contratto di mutuo fondiario

Si costituiva

la Banca proponendo alcune eccezioni

preliminari e chiedendo, nel merito, il rigetto
dell’opposizione.
Con sentenza del 10 aprile 2007 il Tribunale accertava che il
credito per il quale l’istituto aveva il diritto di agire in via
esecutiva era pari ad euro 456.379,88; dichiarava che la Banca
era tenuta a restituire agli opponenti, a titolo di interessi ed
altro, la somma di euro 164.148,07; operava la compensazione tra
i rispettivi crediti, dichiarando che la Banca poteva agire per
il residuo, e condannava la medesima, siccome soccombente, al
pagamento delle spese di lite.
Osservava il Tribunale che la domanda degli opponenti
relativa all’accertamento del criterio anatocistico utilizzato
per il calcolo della somma azionata a titolo di mutuo era
fondata, sulla base di un pacifico orientamento della
giurisprudenza di legittimità. La verifica operata dal c.t.u.
all’uopo nominato aveva consentito di accertare che la somma
effettivamente dovuta a titolo di mutuo era quella sopra
riportata, e non la maggiore di euro 478.954,61 effettivamente
precettata dalla Banca. Quanto agli interessi, l’indebito
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ipotecario.

criterio di computo degli stessi consentiva di affermare
l’esistenza di un credito degli opponenti, da porre appunto in
compensazione con quello della Banca.
Il Tribunale, inoltre, riteneva tardiva rispetto alle regole
in tema di preclusioni istruttorie la possibilità, per gli

quelli prodotti tempestivamente, anche perché lo stesso c.t.u.
aveva rilevato che la frammentarietà degli stessi non avrebbe
comunque consentito «di effettuare un calcolo più veritiero».
3. Avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo propongono
ricorso Libero, Fabio e Simone Coletti, con unico atto affidato
a sei motivi, di cui tre attinenti al merito ed altri tre in
punto di liquidazione delle spese di lite.
Resiste la Banca di credito cooperativo padana orientale S.
Marco con controricorso.
Le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 184 cod. proc. civ.,
nonché contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia.
Rilevano i ricorrenti che il loro difensore aveva chiesto,
all’udienza di precisazione delle conclusioni, la rimessione
della causa in istruttoria al fine di consentire l’espletamento
di un supplemento di consulenza tecnica. Ciò in quanto il c.t.
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opponenti, di produrre ulteriori estratti conto rispetto a

di parte aveva prodotto in precedenza una serie di estratti
conto che avrebbero consentito di valutare, in rapporto al
contratto di mutuo intercorso fra le parti, un arco temporale
più ampio; la richiesta era stata respinta dal c.t.u., che aveva
dichiarato di non tenere conto di detta documentazione. Il

produzione, non avrebbe tenuto conto della propria precedente
ordinanza istruttoria con la quale era stata autorizzata
l’acquisizione, da entrambe le parti, degli estratti conto dei
quali era stata ordinata l’esibizione ai sensi dell’art. 210
cod. proc. civ., ampliando in tal modo la portata di quel mezzo
istruttorio, in origine chiesto dai ricorrenti nei confronti
della Banca.
Sussisterebbe, pertanto, una violazione dell’art. 184 cod.
proc. civ., nonché una contraddizione nella motivazione per il
fatto che il Tribunale, dopo aver escluso l’esistenza di un
termine per la produzione ai sensi del citato art. 210, ha poi
dichiarato gli opponenti decaduti dalla possibilità di produrre
ulteriori documenti.
1.1. Il motivo non è fondato.
La sentenza impugnata costruisce la propria motivazione su
questo punto attraverso i seguenti passaggi logici: l) la Banca
opposta, a seguito dell’ordine di esibizione del giudice, aveva
esibito gli estratti conto risalenti all’indietro per il periodo
di dieci anni, sicché nessun addebito di negligenza le poteva
essere mosso ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ.; 2) gli
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Tribunale, nel dichiarare in sentenza la tardività della

opponenti, ove avessero voluto ricostruire un periodo ancora più
lontano, avrebbero potuto (e dovuto) conservare gli estratti
conto per poi produrli in giudizio; 3) la produzione di
ulteriori estratti conto era, quindi, da ritenere tardiva e
comunque irrilevante, in quanto il c.t.u. aveva dichiarato di

veritiero.
Si tratta,

com’è facile intuire,

di una motivazione

stringente, priva di vizi logici, che resiste alle censure. I
ricorrenti, infatti, oltre a lamentare la presunta violazione
dell’ordinanza istruttoria emessa dal Tribunale in data 9 maggio
2006, senza però riportarne il contenuto – in violazione della
previsione di cui all’art. 366, primo comma, n. 6), cod. proc.
civ. – sostengono che l’ordine di esibizione di cui all’art. 210
cod. proc. civ. li avrebbe, in sostanza, rimessi in termini ai
fini della produzione di ulteriore documentazione. Tale tesi non
risponde affatto alla logica dell’art. 210 cod. proc. civ.,
perché l’ordine di esibizione dato alla banca non rimette di per
sé l’altra parte in termini ai fini della produzione di
ulteriore documentazione;

d’altra parte, anche volendo accedere,

per un attimo, alla tesi dei ricorrenti, un ordine di esibizione
non può essere dato

senza termine,

sicché sarebbe stato onere

dei medesimi almeno indicare entro quale termine il deposito è
avvenuto, consentendo di verificare il rispetto di quanto
stabilito dal giudice nell’ordine di esibizione.

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non potere effettuare, sulla base degli stessi, un conteggio più

Va inoltre rilevato che il Tribunale, come si è detto, con
valutazione di merito insindacabile in questa sede, ha affermato
che la frammentarietà dell’ulteriore documentazione non avrebbe
comunque consentito «di effettuare un calcolo più veritiero», il
che rende inutile la verifica circa la presunta tardività della

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 184 cod. proc. civ. e
dell’art. 111 Cost., in relazione al nuovo testo dell’art. 616
cod. proc. civ. introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52.
Si ritiene, in proposito, che la modifica dell’art. 616 cod.
proc. civ. – che ha sancito la non appellabilità delle sentenze
che decidono l’opposizione all’esecuzione – essendo entrata in
vigore quando erano già scaduti i termini per il deposito delle
memorie istruttorie e delle relative repliche, avrebbe dovuto
consigliare al Tribunale di ammettere la produzione
dell’ulteriore documentazione di cui sopra, essendo stato
soppresso il secondo grado di giudizio. La regola costituzionale
del giusto processo, infatti, doveva condurre ad una diversa
interpretazione dell’art. 184 cod. proc. civ., in base al
semplice rilievo che non sarebbe stata più possibile la
produzione della documentazione in appello.
2.1. Il motivo non è fondato.
Premesso che, secondo pacifica giurisprudenza della Corte
costituzionale, il legislatore gode di ampia discrezionalità
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produzione.

nella conformazione degli istituti processuali e il principio
del doppio grado di giurisdizione non gode di “copertura”
costituzionale, il motivo in esame muove da due presupposti
errati. Il primo, che ricalca quanto già detto a proposito del
è che la documentazione non tenuta in

considerazione dal c.t.u.

sarebbe stata prodotta dietro

autorizzazione da parte del giudice, circostanza che, come si è
visto, non può dirsi affatto pacifica; il secondo è che i
documenti in questione sarebbero dotati del requisito della
decisività, il che ne avrebbe dovuto consigliare, se non
imporre, l’acquisizione da parte del Tribunale. Ma proprio tale
decisività non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata,
la quale ha affermato, invece, l’esatto contrario, ossia che,
anche ammettendo la produzione, il risultato finale in termini
di prova non sarebbe cambiato.
Tali circostanze dimostrano in modo palese l’infondatezza del
secondo motivo.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in termini di
omessa pronuncia circa la richiesta di supplemento di c.t.u.
svolta all’udienza di precisazione delle conclusioni.
Osservano i ricorrenti che il Tribunale, nonostante la
rilevanza della richiesta istruttoria – la quale avrebbe
condotto alla declaratoria di illegittimità del pignoramento

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primo motivo,

immobiliare – ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di
rimessione in istruttoria.
3.1.

Il motivo

può

ritenersi

assorbito,

nel

senso

dell’infondatezza, alla luce di quanto già detto in relazione ai
motivi precedenti, poiché la sentenza impugnata ha dato conto

ulteriori estratti conto, sicché nessuna omissione di pronuncia
è prospettabile.
4. Con i motivi quarto, quinto e sesto di ricorso si lamenta,
ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
in termini di omessa pronuncia relativamente alla condanna alle
spese della c.t.u., alla condanna alle spese del c.t. di parte
nonché alla distrazione delle spese in favore del difensore che
si era proclamato antistatario.
Quanto alle spese di c.t.u, i ricorrenti rilevano che, non
avendo il Tribunale provveduto assieme alla condanna alle spese,
rimarrebbe il provvedimento del giudice che, avendo liquidato il
compenso al c.t.u., ne ha posto l’ammontare, in via provvisoria,
a carico di entrambe le parti. In relazione alle spese del c.t.
di parte, si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo
la quale tali spese rientrano tra quelle al cui rimborso ha
diritto la parte vittoriosa. Quanto al provvedimento ai sensi
dell’art. 93 cod. proc. civ., si osserva che il silenzio del
Tribunale non può considerarsi frutto di una svista, ma
piuttosto di un’omessa pronuncia.
9

delle ragioni per le quali non ha ammesso la produzione di

5. Su questi ulteriori motivi va fatta una distinzione.
5.1. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile, giacché
questa Corte, con la sentenza delle Sezioni Unite 7 luglio 2010,
n. 16037 – alla quale il Collegio intende dare continuità – ha
stabilito che, in caso di omessa pronuncia sull’istanza di

esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è
costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali
di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., e non dagli
ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di
distrazione qualificarsi come domanda autonoma.
5.2. Quanto, invece, ai motivi quarto e quinto, rileva la
Corte che essi sono entrambi fondati.
Ed infatti, nel dispositivo della sentenza il Tribunale di
Rovigo, dopo aver affermato che la banca opposta doveva essere
condannata alle spese in base al principio della soccombenza, ha
totalmente omesso ogni pronuncia sia in ordine alle spese
liquidate provvisoriamente a favore del c.t.u., poste a carico
di entrambe le parti, sia in ordine a quelle del c.t. di parte;
anche per queste ultime, oltre che, ovviamente, per le prime, la
giurisprudenza di questa Corte ha stabilito il diritto al
rimborso in favore della parte vittoriosa, stante la natura di
allegazione difensiva tecnica riconosciuta alla c.t. di parte
(sentenze 16 giugno 1990, n. 6056, e 3 gennaio 2013, n. 84).

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/\)Q,

distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio

La sussistenza di un’evidente omissione di pronuncia implica
la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti di questi due
motivi.
6. In conclusione, vanno respinti il primo, il secondo e il
terzo motivo di ricorso, va dichiarato inammissibile il sesto e

La sentenza impugnata è cassata nei limiti dei motivi accolti
ed il giudizio rinviato al Tribunale di Rovigo, in diversa
composizione personale.
Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di
provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio
di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte,

accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso,

dichiara inammissibile il sesto,

rigetta il primo, il secondo e

il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei
motivi accolti e rinvia il giudizio al Tribunale di Rovigo, in
diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio
di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 6 dicembre 2013.

vanno accolti il quarto ed il quinto.

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