Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17708 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/08/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 25/08/2020), n.17708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29249-2014 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO, 41,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI CIOMMO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI LO SASSO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO, SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 272/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 04/06/2014 R.G. N. 764/2013.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

la Corte d’appello di Potenza in riforma della decisione di primo grado ha respinto la domanda avanzata da B.F. nei confronti dell’INPS volta al riconoscimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente al mancato riconoscimento del diritto alla rivalutazione del periodo contributivo a seguito di esposizione qualificata all’amianto;

Ha evidenziato la Corte territoriale essere pacifica ed obiettiva la circostanza della richiesta di collocamento in pensione datata 29/06/2007 e del riconoscimento della stessa a decorrere dall’1/10/2007, prima finestra utile ritenendo altresì che la domanda giudiziale avesse natura sostanzialmente risarcitoria e che i pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale lamentati in giudizio fossero carenti perfino di compiuta allegazione, prima ancora che di prova in particolare, la cassazione della sentenza è domandata dal B. Inps sulla base di quattro motivi; resiste, con controricorso, l’INPS.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di norme di diritto nonchè omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia oltre alla violazione dell’art. 112 c.p.c.;

con il secondo motivo si censura ancora la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 nonchè omessa insufficiente contraddittoria motivazione in relazione all’inammissibilità dell’appello proposto dall’Inps ex art. 329 c.p.c.;

con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., nonchè omessa insufficiente contraddittoria motivazione in relazione al mancato riconoscimento del diritto alla pensione di anzianità e del danno patrimoniale;

il quarto motivo censura la decisione impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 5, per il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale;

il primo ed il secondo motivo, da scrutinarsi congiuntamente per l’intima connessione sono infondati;

questa Corte ha da tempo consolidato il principio (di recente ribadito da Cass. n. 2927 del 7 febbraio 2019) secondo cui il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (si veda, altresì, Cass. n. 21087 del 2015);

nella specie, quindi, del tutto correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che il contenuto sostanziale della pretesa fatta valere dall’odierno ricorrente avesse natura sostanzialmente risarcitoria, come risulta chiaramente anche dal contenuto della stessa come indicato alle pagg. 8 e 9 del ricorso introduttivo della presente fase di legittimità; i giudici di merito hanno, infatti, ritenuto che il pregiudizio patrimoniale lamentato in giudizio non avesse formato oggetto di compiuta allegazione e prova: tale affermazione appare corretta, prima ancora che incontestabile in questa sede di legittimità, conclusione che emerge anche da quanto fatto valere nel presente giudizio di cassazione secondo cui il danno patrimoniale, nel caso di specie, sarebbe in qualche modo da considerarsi in re ipsa, discendendo dal mancato godimento della pensione, e dal non aver potuto eventualmente svolgere un’altra attività;

questa Corte ha sempre escluso che una domanda risarcitoria di un danno patrimoniale possa prescindere dall’allegazione e prova del danno sulla scorta della chiara disposizione contenuta nell’art. 1223 c.c.;

giova solo ricordare che la nozione di danno in re ipsa perviene surrettiziamente ad identificare il danno con l’evento e a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con il consolidato orientamento di legittimità secondo cui ciò che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente precisazione secondo cui un danno punitivo può essere ritenuto compatibile con l’ordinamento vigente solo in caso di sua espressa previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost. (così da ult. Cass. n. 2927/2020 cit., nonchè, Cass. n. 31233 del 2018, ove si riviene il richiamo a Cass. S.U. nn. 26972 del 2008 e 16601 del 2017);

alla luce delle suesposte argomentazioni, anche il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di carattere logico – sistematico, non possono trovare accoglimento;

è opportuno evidenziare, in merito, che nessuna dispensa dall’onere probatorio circa la sussistenza del danno non patrimoniale può ricavarsi da Cass. n. 3023 del 2010 essendosi questa Corte colà pronunciata esclusivamente sull’astratta configurabilità di un danno non patrimoniale alla persona che, a causa del ritardo nella concessione della prestazione pensionistica, non aveva potuto esercitare una legittima scelta di vita, ciò che nella specie non è stato negato in radice, ma semplicemente ritenuto non provato come chiaramente si legge nella sentenza impugnata a pag. 7;

il ricorso, pertanto, va rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, art. 1 -bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 3500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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