Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17707 del 18/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.18/07/2017),  n. 17707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6182-2016 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERTOLONI 31,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA RAPONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato TERESA NOTARO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

nonchè contro

MINISTERO DELL’ECONOMI E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 98/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 02/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. ARIENZO ROSA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza del 2.2.2016, la Corte di appello di Messina confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da G.C., intesa all’accertamento dello stato di invalidità civile della predetta ed alla condanna dell’INPS al pagamento del corrispondente beneficio dell’assegno;

che la Corte territoriale, all’esito dell’espletamento di nuova consulenza tecnica d’ufficio, rilevava la insussistenza del requisito sanitario richiesto dalla norma per poter accedere al beneficio invocato;

che per la Cassazione di tale decisione la G. propone ricorso affidato ad un unico motivo, cui ha opposto difese l’INPS, con controricorso, laddove il Ministero dell’Economia e Finanza ed il Ministero dell’Interno sono rimasti intimati;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la G. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che, con l’unico motivo di ricorso viene dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere la Corte di merito considerato i seguenti elementi di fatto: valutazione delle note difensive e critiche alla CTU depositate il 5.8.2015, del referto lombosacrale, di quello dell’esame TC colonna per segmento cervicale e lombare ed all’anca e delle risultanze degli esami MOC e di altra documentazione sanitaria versata in atti che avrebbe dovuto condurre a diverse conclusioni;

che si richiama il contenuto di documentazione specialistica relativa a visita neurologica e psichiatrica depositata nel corso del giudizio di secondo grado e si contesta la riduttiva valutazione dell’apparato cardiologico, nonchè il mancato esame della richiesta supplementare di rinnovo CTU;

3. che il ricorso è qualificabile come inammissibile;

3.1 che è sufficiente, in primo luogo, osservare che la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione, oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa o, come nella specie, nella sentenza che l’ha recepita, ha l’onere di trascriverne integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del CTU officiato. Va rilevato che la doglianza attiene alla omessa valutazione dei sopra elencati clementi di fatto senza tenere in alcun conto della motivazione dell’impugnata sentenza che, nel riportare e fare propri ampi passi della rinnovata consulenza tecnica d’ufficio, evidenzia come il quadro degenerativo poliartrosico fosse di media entità, come la cardiopatia fosse classificabile in 1^ classe NYHA e lo stato neurologico non fosse caratterizzato da segni clinicamente obiettivabili, ciò senza considerare l’inammissibilità del motivo anche alla luce dei nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, – come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile all’impugnata sentenza pubblicata dopo 11 settembre 2012 (ai sensi del D.L. cit., art. 54, comma 3) – nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014);

3.2. che va, invero, ribadito quanto già precisato con riferimento allo specifico vizio previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in cui è scomparso il termine motivazione, che deve trattarsi di un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Le Sezioni unite hanno specificato che “la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui risulti l’esistenza, il come ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

che è evidente, quindi, che il motivo all’esame non presenti alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5, così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte. Ed infatti si lamenta l’omesso esame di documenti, ovvero una errata valutazione del materiale probatorio che finisce con il sollecitare una rivisitazione del merito della controversia non ammessa in questa sede;

3.3. che anche per quanto attiene alla censura relativa all’uso delle tabelle di cui al D.M. 5 febbraio 1992, è da escludere che alla valutazione del requisito sanitario, utile ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità, si debba pervenire attraverso il riferimento a codici e percentuali che, in relazione alle malattie diagnosticate, identificano le stesse e ne fissano l’incidenza invalidante, prescindendo da una valutazione ad personam, nella specie viceversa operata, stante l’orientamento accolto da questa Corte, secondo cui successivamente all’emanazione del predetto decreto (cfr. da ultimo Cass. n. 25254/2014 e in precedenza Cass. ti. 15680/2006 e Cass. n. 6652/2004), in caso di ricorrenza nel soggetto esaminato “di una pluralità di menomazioni e malattie invalidanti, il danno globale non si computa, come qui si vorrebbe, addizionando le percentuali di invalidità risultanti dalla tabella” approvata con il citato D.M., “ma la tabella deve essere presa in considerazione come parametro di base e la valutazione deve essere effettuata tenendo conto dell’incidenza del danno globale sulla validità complessiva del soggetto”. Ciò è idoneo a confermare la correttezza del metodo dell’esame diagnostico, l’insindacabilità in questa sede del relativo esito, non fatto oggetto sotto altro profilo di specifiche censure, e la legittimità della pronunzia di merito che lo ha recepito;

3.4. che, infine, va qui ribadito che, con specifico riferimento alle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’assicurato, il difetto di motivazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico- formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (v., tra le altre, Cass. n. 4570/2013, n. 26558/11, n. 9988/2009 e n. 8654/2008);

3.5. che, per tutto quanto sopra considerato, ed in conformità ai principi ribaditi da ultimo da Cass. 26566/2016, Cass. 24501/2016, 15098/2016, tenuto conto anche dei rilievi svolti dalla ricorrente in memoria, in adesione alla proposta del relatore, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1;

4. che sussistono le condizioni di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., per l’esonero della G. dal pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, emergendo dalla dichiarazione sottoscritta dal ricorrente in calce al ricorso che i redditi percepiti nell’anno precedente a quello del deposito dello stesso sono inferiori ai limiti previsti dalla norma richiamata, onde alcuna condanna alle spese deve essere disposta in capo alla parte soccombente;

5. che la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dare atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Cfr. Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

 

dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2017

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