Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17705 del 07/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/09/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 07/09/2016), n.17705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28724-2014 proposto da:

BANCA POPOLARE COMMERCIO E INDUSTRIA SPA, in persona del suo

Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 28,

presso lo studio dell’avvocato MARCO NICOLOSI, che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CROPPELLO ADRIANA MARIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3511/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

17/09/2014, depositata il 06/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato Marco Nicolosì difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. La Banca Popolare Commercio e Industria sp.a. convenne dinanzi il Tribunale di Milano G.A.M., deducendo che:

– gestiva, per conto dell’INPS, il servizio di pagamento delle pensioni;

– nella gestione del servizio, la banca assunse nei confronti dell’INPS la garanzia di restituzione delle rate di pensione indebitamente pagate;

– nell’esecuzione del servizio, la banca erogò la pensione a tale B.R. per sette anni dopo la morte della beneficiaria (dal 17.6.2000 al febbraio 2007);

– la pensione erroneamente pagata alla defunta B.R. veniva accreditata su un conto corrente cointestato a quest’ultima e ad G.A.M.;

– G.A.M., anche dopo la morte della beneficiaria, aveva prelevato le somme indebitamente erogate;

– la banca aveva restituito all’INPS i ratei di pensione indebitamente pagati, surrogandosi ex art. 1203 c.c. nei suoi diritti verso G.A.M.. Chiese pertanto la condanna della convenuta alla restituzione di quanto indebitamente percetto, ovvero Euro 51.625,81, oltre accessori.

2. Sia il Tribunale che la Code d’appello di Milano rigettarono la domanda, osservando che, per effetto della morte di B.R., restitutorio si era trasferito da questa a ai suoi eredi, e dunque solo questi ultimi potevano essere obbligati alla restituzione.

3. Con l’unico motivo di ricorso la Banca denuncia violazione da parte del giudice del merito dell’art. 2033 c.c., deducendo che:

(a) l’obbligo restitutorio, non essendo mai sorto in cupo a B.R., non poteva essersi trasferito da questa ai suoi eredi;

(b) obbligato alla restituzione dell’indebito ex art. 2033 c.c., è chi lo abbia ricevuto.

4. Il motivo è manifestamente fondato.

A prescindere dalla banale considerazione che la stupefacente decisione milanese ha finito di fatto per avallare un vero e proprio furto, la Corte d’appello ha trascurato di considerare che una obbligazione restitutoria ex art. 2033 cc. in tanto può sorgere, in quanto chi riceva l’indebito sia vivente.

Il pagamento dell’indebito a persona defunta, ma ritenuta vivente dal solvens, non fa sorgere alcuna obbligazione nè in capo al dèfunto, nè in capo ai suoi eredi:

– non in capo al primo, perchè ovviamente non è soggetto di diritto, e la venuta ad esistenza di qualsiasi obbligazione esige la presenza d’un debitore;

– non in capo ai suoi eredi, perchè questi assumono i debiti presenti nell’asse ereditario al momento della morte; e nel nostro caso al momento della sua morte B.R. non aveva alcun debito nei confronti dell’INPS, per la semplice ragione che fino a quel momento non le era stato pagato indebitamente alcun rateo di pensione.

Il pagamento dell’indebito a persona defunta ma ritenuta vivente dal solvens, fa sorgere invece l’obbligo di restituzione dell’indebito, ex art. 2033 c.c., in capo a chi di fatto di quel pagamento si avvalga.

E’ solo questi, infatti, che con una condotta concludente, consistita nella materiale apprensione del pagamento, acquista la qualità di accipiens e, con essa, l’obbligo di restituire il malo acquisto.

5. Si propone pertanto l’accoglimento del ricorso”.

2. Nessuna delle parti ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione;

(-) rimette al giudice del rinvio h liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte di cassazione, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2016

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