Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17700 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/08/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 25/08/2020), n.17700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19395-2014 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che a

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO BOER;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA C. BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO URSO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3171/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/05/2014 R.G.N. 7543/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/02/2020 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS, per delega verbale Avvocato PAOLO

BOER;

udito l’Avvocato GIUSEPPE FIORENTINO, per delega verbale Avvocato

EDOARDO URSO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 26.5.2014, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda con cui S.F. aveva chiesto la restituzione, a titolo di eccedenza contributiva, dell’intero montante contributivo accantonato in suo favore presso l’INPS dall’Agensud e non utilizzabile in suo favore nel regime pensionistico INPDAP cui ella era stata assoggettata a seguito del proprio trasferimento presso il Ministero delle Attività Produttive e la conseguente ricongiunzione della posizione pensionistica.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che la restituzione dei contributi versati prevista dal D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4, in favore del personale cessato dal servizio con Agensud dopo il 13.10.1993 e prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 32 del 1995, (conv. con L. n. 104 del 1995), concernesse non già l’intero montante dei contributi versati presso l’INPS, con i relativi frutti, ma soltanto la parte versata dal lavoratore assicurato.

Avverso tali statuizioni S.F. ha ricorso per cassazione, deducendo un unico e articolato motivo di censura. L’INPS ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4 e della L. n. 29 del 1979, artt. 2 e 5, per avere la Corte di merito ritenuto che la restituzione dei contributi versati, di cui all’art. 14-bis, comma 4, cit., concernesse soltanto i contributi versati dal lavoratore e non invece l’intero montante delle somme risultanti dalla contribuzione versata in suo favore da Agensud e dai frutti da essa prodotti: ad avviso di parte ricorrente, infatti, la disposizione cit., secondo la quale “il personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima della data di entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, può chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali”, andrebbe letta insieme alla L. n. 25 del 1979, art. 2, commi 2 e 3, e 5, commi 2 e 3, che, nel disciplinare l’istituto della ricongiunzione, stabiliscono che essa operi, rispettivamente, mediante l’annullamento della contribuzione versata da parte della gestione che ne è detentrice, il trasferimento alla gestione ricevente di una somma pari al montante della contribuzione versata e dei suoi frutti, calcolati in ragione dell’interesse composto del 4,50%, e l’imputazione, sulla nuova posizione contributiva, di una rendita vitalizia pari a quella necessaria per produrre effetti equivalenti alla contribuzione mancante, giusta il meccanismo di cui alla L. n. 1338 del 1962, art. 13, (richiamato dalla L. n. 29 del 1979, art. 2, comma 3 cit.), di talchè l’effetto precipuo del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4, sarebbe quello di introdurre, per i dipendenti Agensud trasferiti al Ministero per le Attività Produttive, una deroga al principio, già statuito da questa Corte di legittimità, secondo cui, qualora il montante trasferito superi la quota della riserva matematica che L. n. 29 del 1979, art. 2, comma 3, pone a carico dell’assicurato, questi non avrebbe diritto a richiedere l’eccedenza, prevedendo invece, quale beneficio compensativo per il deteriore trattamento pensionistico del quale l’assicurato veniva a fruire per effetto del trasferimento presso l’amministrazione statale, la restituzione della parte del montante eccedente la riserva matematica da lui in ipotesi dovuta, in considerazione del fatto che, a seguito del declassamento del trattamento economico conseguente al passaggio dall’Agensud al Ministero, il montante trasferito sarebbe risultato largamente superiore alla riserva matematica stessa.

Il motivo è infondato.

Questa Corte, statuendo in una fattispecie affatto analoga alla presente, ha già avuto modo di chiarire che la norma di cui al D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4, presentando carattere eccezionale rispetto alla regola solidaristica del sistema previdenziale, che porta ad escludere in via di principio la restituzione dei contributi legittimamente versati ma inutilizzabili per la maturazione del diritto a pensione, è soggetta a stretta interpretazione per ciò che concerne l’individuazione della contribuzione oggetto di restituzione per le finalità compensative di cui s’è innanzi detto, dovendo quest’ultima individuarsi in quella effettivamente versata dal dipendente e non anche in quella versata dal datore di lavoro, atteso che, diversamente opinando, si otterrebbe il diverso risultato di attribuire ai soggetti indicati dalla norma in esame una misura premiale e non compensativa, che non troverebbe valida giustificazione a fronte della portata generale del principio di divieto di restituzione della contribuzione legittimamente versata e non utilizzata (così Cass. n. 7319 del 2018).

E’ vero che, in passato, questa Corte ha talora affermato la possibilità che la restituzione concernesse tutti i contributi eccedenti le necessità della gestione ad quem e non solo quelli versati dal lavoratore (così ad es. Cass. S.U. n. 29356 del 2008, in una fattispecie di lavoratori assicurati presso il Fondo previdenza dazieri gestito dall’INPS e transitati ex D.P.R. n. 649 del 1972 nei ruoli dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, nonchè Cass. n. 13899 del 1999, in una fattispecie di trasferimento di contributi dall’assicurazione svizzera alle assicurazioni sociali italiane); si tratta, tuttavia, di fattispecie in cui le relative discipline nessun dubbio ermeneutico ponevano circa l’estensione dell’obbligo in questione (si vedano, rispettivamente, il D.P.R. n. 649 del 1972, art. 18, comma 3, che si riferisce ai “contributi previdenziali che risultino versati in loro favore”, e dunque all’evidenza anche a quelli versati dal datore di lavoro, e il paragrafo 3 dell’art. 1 dell’Accordo aggiuntivo alla Convenzione relativa alla sicurezza sociale, stipulato a Berna il 4 luglio 1969 e ratificato e reso esecutivo in Italia con L. n. 283 del 1973, che espressamente stabilisce il rimborso dei “contributi trasferiti” dalle assicurazioni svizzere; e lo stesso può dirsi del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 76, che, nel prevedere l’iscrizione all’INADEL dei dipendenti dei soppressi enti mutualistici passati alle unità sanitarie locali, stabiliva l’obbligo dell’ufficio liquidazioni presso il Ministero del Tesoro di versare a tale Istituto l’indennità di anzianità maturata da ciascun dipendente alla data di tale iscrizione, con l’obbligo dell’INADEL, trattenuta la somma necessaria alla ricongiunzione nel proprio ambito dei servizi riconosciuti utili ai fini del trattamento di fine rapporto presso gli enti di provenienza, di corrispondere l’eventuale eccedenza al lavoratore interessato: v., al riguardo, Cass. n. 14400 del 2000) e che dunque, a contrario, rafforzano sia il principio generale secondo cui la disciplina della ricongiunzione di cui alla L. n. 29 del 1979, non dà normalmente luogo a restituzione di contributi eccedenti qualora i contributi trasferiti dalla gestione a qua siano di valore superiore a quelli necessari nella gestione ad quem per la costituzione della rendita relativa al periodo utile considerato (Cass. n. 740 del 1989), sia la necessità di interpretare D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4, in modo coerente con la sua natura eccezionale e derogatoria rispetto al carattere autonomo e all’assenza di sinallagmaticità dell’obbligazione contributiva rispetto a quella previdenziale, che esclude che vi sia nel nostro ordinamento un diritto alla restituzione di contributi legittimamente versati che non siano per un qualunque motivo utilizzabili per la maturazione di una prestazione previdenziale (Cass. n. 10649 del 1990).

In altri termini, solo in presenza di espressioni univocamente riferibili all’intero montante dei contributi eccedenti le necessità della riserva matematica costituita presso la gestione ad quem può legittimamente sostenersi che il lavoratore assicurato abbia diritto a vedersi corrisposta anche la quota di contributi versati in suo favore dal datore di lavoro; in mancanza, l’espressione “restituzione” va circoscritta al suo significato letterale di riconsegna alla persona interessata di quanto essa aveva dato in precedenza, il che, riferito ai “contributi versati”, di cui al D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis, comma 4, equivale per l’appunto a designare i contributi propriamente versati dal lavoratore.

E’ il caso di precisare che contrari argomenti non possono desumersi dal fatto che, essendo il lavoratore dipendente tecnicamente estraneo al rapporto contributivo, non sarebbe in realtà configurabile alcun versamento di contributi a suo carico: la norma in esame, infatti, si riferisce a quella parte della contribuzione previdenziale che, ancorchè materialmente corrisposta dal datore di lavoro, grava comunque a carico del lavoratore, ciò che in specie è stato accertato dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 3). Mentre, sotto altro profilo, va rimarcato come all’adozione della soluzione qui accolta non siano d’ostacolo nè la ricostruzione che della fattispecie si è proposta da Corte Cost. n. 219 del 1998, menzionandosi in essa esclusivamente il beneficio della “restituzione dei contributi versati e non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali” senza alcuna precisazione circa la portata oggettiva dell’obbligo in questione, nè – più in generale – la complessiva ratio del sistema normativo volto a garantire la c.d. congruità e utilità contributiva nelle ipotesi di trasferimento del personale e della relativa posizione contributiva in una gestione previdenziale diversa, per come delineata da Cass. S.U. n. 29356 del 2008: giusta quanto dianzi precisato, non è qui in discussione la restituzione dei contributi eccedenti rispetto alle necessità della gestione ad quem, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno individuato quale modalità di garanzia alternativa rispetto alla previsione del mantenimento, presso la gestione ad quem, dei medesimi coefficienti di rendimento propri della gestione a qua, quanto piuttosto l’estensione di tale obbligo di restituzione, che – ad avviso del Collegio – non può essere riferito all’intero montante dei contributi versati in assenza di norme di legge che dispongano univocamente in tal senso, sotto pena di violazione dell’art. 14 prel. c.c., secondo il quale, com’è noto, le leggi “che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”.

Il ricorso, pertanto, va rigettato. L’intima complessità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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