Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17693 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. III, 25/08/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 25/08/2020), n.17693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36765-2018 proposto da:

A.F., A.A., A.A.A.,

A.G.A., (ammesso al grat. Patroc.) elettivamente domiciliati

in ROMA, VIALE BEATO ANGELICO 101, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO BAURO, rappresentati e difesi dall’avvocato ELISABETTA

BARBARA LOISI;

– ricorrenti –

contro

Z.D., Z.M.A., P.A.,

Z.G., I.M., I.P.;

– controricorrenti –

e contro

AVIVA ITALIA SPA, COMPAGNIA DI FIRENZE ASSICURAZIONI SPA IN LCA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1096/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data (OMISSIS), alle ore 20,30 circa, l’autovettura Ford Escort, di proprietà di A.G.B. e condotta da A.G.A., assicurata per la rca con la Firenze Assicurazioni SpA, investì Z.M., di (OMISSIS), che camminava in via (OMISSIS), causandone la morte.

Con citazione notificata il 6-6-1985 Z.G., P.A., Z.M.A. e Z.D. (i primi due genitori del defunto e gli altri due fratelli) convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina A.G.B., A.G.A., il Commissario liquidatore della Compagnia Firenze Assicurazioni SpA (posta in liquidazione coatta amministrativa) e la GEAS SpA, quale impresa cessionaria del portafoglio della detta Compagnia e impresa designata a liquidare i danni in nome e per conto del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, per sentir dichiarare che l’incidente era avvenuto per esclusiva responsabilità del conducente dell’auto, che viaggiava a fortissima velocità e contromano, e condannare tutti i convenuti in solido al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del loro congiunto.

Si costituirono A.G.B. e A.G.A. nonchè la GEAS, in nome dell’INA (Gestione Autonoma FGVS).

Nel corso del giudizio fu depositata sentenza penale emessa il 13/6/1986 dalla Corte d’Appello di Messina (divenuta irrevocabile), con la quale A.G.A. fu ritenuto responsabile all’80% del sinistro, con addebito del residuo 20% alla stessa vittima Z.M., in quanto quest’ultimo, nel rincorrersi con un coetaneo, era “sbucato” da una traversa laterale della (OMISSIS); la GEAS SpA, inoltre, offrì “banco iudicis” agli attori (che l’accettarono a titolo di acconto) la somma di Lire 20.000.000, costituente (secondo la GEAS) l’intero massimale minimo di legge.

Il processo fu dichiarato interrotto il 28-9-1999 per morte di A.G.B., e poi riassunto dagli attori nei confronti anche degli eredi di quest’ultimo (lo stesso G.A. ed i fratelli F., A.A. e A.).

Con sentenza 15/9-17-10-2002 il Tribunale di Messina dichiarò la propria incompetenza per territorio.

Con ordinanza 5/5-6-8-2004 la S.C., adita a seguito di regolamento di competenza, dichiarò competente il Tribunale di Messina.

Riassunto il giudizio dagli attori, il Tribunale di Messina, con sentenza 27/28-22007, dichiarò A.G.A. responsabile dell’incidente all’80%, e liquidò in Lire 5.000.000 il danno per spese funerarie ed in Lire 100.000.000 il danno morale; quindi, decurtato il 20% (in ragione dell’affermata percentuale di responsabilità) e detratto il percepito acconto di Lire 20.000.000, condannò in solido gli A. e la Aviva Italia SpA (già Commercial Union già Geas), in nome e per conto della CONSAP gestione autonoma del FGVS, al pagamento della somma di Lire 64.000.000, oltre rivalutazione ed interessi dalla domanda al soddisfo.

Con sentenza 1096/2017 del 7-11-2017 la Corte d’Appello di Messina, decidendo sull’appello principale proposto dagli attori e su quello incidentale proposto da Aviva Italia SpA e dagli A.: 1) ha rideterminato il risarcimento dei danni conseguenti alla morte di Z.M.; precisamente ha liquidato: Euro 208.562,63 in favore di Z.G. (padre); Euro 208.562,63 in favore di P.A. (madre); Euro 43.832,68 in favore di Z.M.A. (sorella); Euro 43.832,68 in favore di Z.D. (fratello); 2) ha condannato A.G.A. nonchè (ciascuno nei limiti di 1/4 del totale) F., A.A. ed A.A. al pagamento, in favore di Z.G. e P.A., della somma di Euro 198.087,58 per ciascuno, e, in favore di M.A. e Z.D., della somma di Euro 33.357,63 per ciascuno; 3) ha condannato Aviva Italia SpA, per conto del FGVS, al pagamento (in solido con gli A., nei termini di cui al punto precedente), in favore di Z.G. e P.A., della somma di Euro 45.194,62 ciascuno, e, in favore di Z.M.A. e Z.D., della somma di Euro 3.442,37 per ciascuno, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.

In particolare la Corte territoriale:

1) ha ritenuto spettante il risarcimento del danno patrimoniale futuro subito per effetto del mancato contributo economico che la vittima avrebbe fornito ai bisogni della famiglia; al riguardo ha evidenziato che, poichè il giovane Z.M. era stato ammesso alla terza media ed era stato definito dai suoi insegnanti “attivo, vivace e ben inserito nella dinamica della classe”, era ragionevole ritenere, considerato anche il titolo impiegatizio dei genitori, che, ultimato il periodo scolastico, il giovane si sarebbe inserito nel mondo del lavoro e, rimasto per alcuni anni nel nucleo d’origine, avrebbe offerto in qualche maniera un contributo economico ai genitori ed agli altri fratelli; 2) ha ritenuto inadeguata al caso concreto la liquidazione del danno morale, essendo stata la stessa operata dal Tribunale in maniera unitaria per tutti gli attori e senza alcun riferimento a parametri e tabelle; di conseguenza ha rideterminato, sulla base dei parametri minimi delle tabelle di Milano del 2005 (devalutati alla data del sinistro), in Euro 30.000,00 il danno morale per ciascun genitore ed in Euro 6.000,00 il danno morale per ciascun fratello; 3) ha ritenuto che le dette somme andassero rivalutate secondo indici Istat dalla data del sinistro al momento della decisione e maggiorate degli interessi compensativi al tasso legale sugli importi come annualmente rivalutati; 4) in ordine alla responsabilità ultramassimale per c.d. “mala gestio impropria” della Geas (e quindi di Aviva Italia SpA), ha innanzitutto precisato che il massimale di legge vigente all’epoca era quello c.d. “catastrofale” di Lire 50.00.000 per l’intero sinistro e di Lire 20.000.000 per la singola persona danneggiata; ciò posto ha ritenuto sussistente detta “mala gestio impropria”, in quanto la Geas, per il FGVS, una volta trascorso l’ampio termine semestrale di cui alla L. n. 738 del 1978, art. 8 (decorrente dall’invio in data 7/10/1983 della raccomandata alla stessa Geas da parte degli attori), avrebbe dovuto mettere a disposizione dei danneggiati l’intero massimale di legge così come sopra specificato, in quanto sicuramente insufficiente a coprire il complessivo debito; ciò in considerazione della gravità delle conseguenze e del numero degli aventi diritto al risarcimento nonchè dell’intervallo di tempo trascorso dal fatto e del’avvenuto rinvio a giudizio dell’ A. per omicidio colposo; 5) ha confermato il rigetto della domanda formulata dagli A. nei confronti della Commercial Union Insurance per c.d. “mala gestio propria”, ritenendo detta “mala gestio” nè allegata nè tanto meno provata.

Avverso detta sentenza A.G.A. nonchè F., A.A. ed A.A. propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Z.G., P.A., Z.M.A. e Z.D. resistono con controricorso, con il quale eccepiscono l’inammissibilità del ricorso in Cassazione, in quanto proposto tardivamente.

Aviva Italia SpA e Compagnia Firenze Ass.ni SpA, in l.c.a., in persona del Commissario liquidatore, non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 315,433,1227,2043,2056,2697 c.c. e 115 c.p.c., si dolgono che la Corte d’Appello abbia riconosciuto sussistente (sebbene riducendo il “quantum” richiesto) il danno patrimoniale futuro, senza che gli attori avessero in alcun modo provato (neanche tramite presunzioni) che il figlio Mario, peraltro sordomuto, sarebbe stato percettore di reddito e che con tali introiti avrebbe contribuito ai bisogni della famiglia; in ogni modo, senza considerare che la voce del danno futuro doveva essere compensata con le spese che i genitori avrebbero dovuto sostenere sino al raggiungimento da parte del figlio (che al momento dell’incidente aveva (OMISSIS)) dell’indipendenza economica.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 315,1227 e 2059 c.c. (in uno con gli artt. 2056 e 1226 c.c. con riguardo alla personalizzazione del danno subito dalla vittima di un sinistro stradale) nonchè – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame di fatti decisivi controversi, si dolgono che la Corte territoriale abbia ritenuto equo riliquidare il danno parentale subito dagli stretti congiunti della vittima utilizzando le tabelle di Milano del 2005 devalutate alla data del sinistro, senza tuttavia esplicitare nè i criteri assunti a base del procedimento valutativo nè i parametri utilizzati per addivenire alla somma concretamente dovuta nell’ambito del “range” tra il minimo ed il massimo stabilito in via astratta dalle tabelle, e senza operare alcun riferimento al calcolo a punti e ad altri criteri di personalizzazione del danno; in particolare si dolgono che la Corte territoriale abbia utilizzate le tabelle milanesi di ristoro del danno da perdita del rapporto parentale del 2005, e non invece quelle del 1995, le prime elaborate successivamente all’epoca del sinistro ((OMISSIS)).

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1176,1218,1224,1375,1917,2697 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè -ex art. 360 c.p.c., n. 5 – insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, si dolgono che la Corte territoriale, pur riconoscendo la sussistenza, in capo alla Compagnia assicuratrice, della “mala gestio impropria”, non abbia poi ritenuto configurabile, nei confronti della parte assicurata, la “mala gestio propria”.

Il ricorso è inammissibile in quanto tardivamente proposto.

Rileva, invero, il Collegio che, come eccepito anche dai controricorrenti, la sentenza di appello è stata depositata il 7/11/2017 e, contrariamente a quanto evidenziato dai ricorrenti, notificata ai ricorrenti in data 14-12-2017, il ricorso per cassazione risulta proposto solo il 6-12-2018, e quindi abbondantemente oltre il termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2 e art. 326 c.p.c., di 60 gg dalla notifica.

Quanto evidenziato in memoria non consente di superare il detto rilievo, atteso che il procedimento notificatorio della sentenza appare corretto e correttamente documentato dalla controparte.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 4, ratione temporis vigente, si ritiene, attesa l’evidente tardività della proposizione del ricorso, peraltro segnalata con pec del 14-12-2018 dai controricorrenti (ai fini della eventuale rinunzia allo stesso), che i ricorrenti abbiano proposto il ricorso con colpa grave, con conseguente condanna al pagamento, in favore dei controricorrenti, di una somma che appare equo determinare in Euro 2000,00.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; condanna, inoltre, i ricorrenti in solido, al pagamento, in favore dei contro ricorrenti, della somma di Euro 2.000,00; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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