Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17692 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. II, 28/07/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi – rel. Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8941/2005 proposto da:

R.M.P. (OMISSIS), G.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE TRE

CANNELLE 22, presso lo studio dell’avvocato NAVARRA GIANCARLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato ALIQUO’ Giuseppe;

– ricorrenti –

e contro

N.G.;

– intimata –

sul ricorso 13016/2005 proposto da:

N.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SANGIORCIO ANNA MARIA;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

G.R. (OMISSIS), R.M.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA PORTA

PIA 121, presso lo studio dell’avvocato NAVARRA GIANCARLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato ALIQUO’ GIUSEPPE;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1272/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/12/2004;

adita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/06/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ANTONIO ROVELLI;

udito l’Avvocato ALIQUO’ Giuseppe, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto di riportarsi alle difese depositate;

udito l’Avvocato SANGIORGIO Anna Maria, difensore della resistente

che ha chiesto di riportarsi ed insiste;

udito il P.M., in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

dell’incidentale assorbito il motivo condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24-3-95 N.G. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania i coniugi G.R. e R.M.P. ed esponeva nel giugno del 1987 aveva stipulato con i predetti una scrittura privata con la quale si dava atto:

che alla stessa data tra le medesime parti era stato costituita la srl il Palazzo per realizzare la ristrutturazione di un edificio sito in (OMISSIS);

– che detto edificio era stato trasferito alla predetta società con capitali anticipati da N.G., mentre i G.- R. avrebbero anticipato le somme per commettere in appalto alla Generale Costruzione Grillo tutte le opere necessarie alla ristrutturazione;

– che le quote della società erano state attribuite in ragione di 2/3 a G.R. e R.M.P. e di 1/3 a N. G., perchè il costo delle opere necessarie per la completa ristrutturazione dell’edificio sono state aleatoriamente determinate in misura pari al doppio dell’attuale valore dell’immobile, e cioè pari a L. 842.000.000……dovendo pervenire a N.G. un terzo delle unità immobiliari e, in caso di vendita, un terzo del loro prezzo, al netto di qualsiasi spesa o altra imposta.

Precisava che le vendite erano state completate nel 1992 ad eccezione di due unità immobiliari;

– che solo nel 1994, dopo reiterati solleciti i contenuti le avevano fatto avere un prospetto riepilogativo dal quale emergeva che i ricavi delle vendite effettuate ammontavano a complessive L. 1.899.000.000, per cui il terzo a lei dovuto ammontava a L. 633.000.000, da cui dovevano detrarsi gli acconti già ricevuti nella misura di L. 352.087.941 e quindi il residuo era di L. 310.910.059;

– che nello stesso prospetto i coniugi G. avevano sottratto dai ricavi L. 67.133.941 per asserite spese di provvigione di mediazione e per pubblicità; le avevano, inoltre, addebitato L. 166.667.000 quali spese sostenute in più rispetto a quelle preventivate, riconoscendole, però, il credito di L. 80 milioni a titolo di interessi capitalizzati sul ritardato incasso e le avevano proposto, per il saldo dovutole il trasferimento delle due unità immobiliari rimaste invendute, da loro valutate 515.000.000.

Tutto ciò premesso, avendo ella rifiutato la suddetta proposta, chiedeva che i convenuti venissero condannati al pagamento in suo favore della complessiva somma di 288.532.392, così ridotta per dichiarata sua disponibilità ad accollarsi pro quota le spese per la mediazione e per la pubblicità in ragione di L. 22.377.667; nonchè che fossero condannati a trasferirle o farle trasferire il terzo delle unità immobiliari rimaste invendute e a risarcirle i danni, da liquidarsi in separata sede, per il ritardato trasferimento delle unità immobiliari rimaste invendute.

Il tutto con vittoria di spese e compensi.

Costituitisi i convenuti contestavano le domande rilevando che contrariamente a quanto sostenuto dall’attrice nel caso in esame, le parti non avevano realizzato una permuta, sebbene un patto parasociale, per cui era la società il Palazzo e non essi a dover corrispondere il terzo del ricavato delle vendite ovvero a trasferire il terzo delle unità immobiliari;

– che essendo i maggiori costi da essi sostenuti attribuibili all’impossibilità di eseguire così come originariamente progettati, anche la N. doveva contribuire, pro quota, a dette spese.

Assumevano quindi che, ammontando i ricavi delle vendite a L. 1.638.000.000 ed i maggiori costi a L. 566.000.000, alla N. spettavano solo L. 357.000.000, somma pressochè pari a quella corrisposta.

– che essi erano stati sempre disponibili al trasferimento in favore della N., delle unità immobiliari rimaste invendute.

Chiedevano, quindi, il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale, che l’attrice venisse condannata a rilasciare quietanza liberatoria in favore della società il Palazzo e a restituire la somma di L. 66.896.710.

Nel corso del giudizio veniva ammessa ed espletata prova per testi.

Con sentenza del 20-5/25-6-2002, il Tribunale di Catania, in parziale accoglimento della domanda della N., condannava i convenuti al pagamento in favore della predetta dell’importo di Euro 133.522,00, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonchè a trasferire o far trasferire all’attrice un terzo delle unità immobiliari rimaste invendute; rigettava la domanda di risarcimento danni e compensava interamente le spese del giudizio.

Avverso tale decisione hanno proposto appello i coniugi G.- R. deducendo le parti, nella scrittura privata del 23-6-87 avevano assunto quale presupposto, condizione dell’affare che il costo delle opere fosse pari al doppio del valore dell’immobile;

che nel caso in esame, poichè si era verificata una lievitazione dei costi necessari per la ristrutturazione non si era verificato nè il presupposto nè la condizione sui quali le parti avevano manifestato la loro volontà, di talchè l’obbligazione dedotta doveva ritenersi nulla;

– che l’alea della quale le parti avevano tenuto conto era solo quella dell’aumento dei costi di produzione, mentre nel caso in esame i maggiori costi erano da imputare alle modifiche apportate al progetto originario per fatti estranei alla volontà di essi appellanti;

– che aveva errato il primo giudice ad attribuire attendibilità al conteggio depositato dall’appellata, sia perchè aveva ritenuto raggiunta la prova dell’esistenza di una differenza di prezzo tenendo presente la deposizione del teste avv. D.G., marito dell’appellata, che non poteva essere presa in considerazione, in quanto il teste doveva ritenersi interessato alla causa (per avere trasferito l’immobile da ristrutturare senza percepire alcun compenso);

sia perchè essi appellati avevano sempre smentito di aver redatto ed inviato all’attrice, unitamente alla lettera del 9-3-95, il riepilogo dalla predetta depositato in atti;

sia perchè il primo giudice non aveva correttamente valutato gli esiti delle deposizioni degli altri testimoni (acquirenti delle unità immobiliari) che avevano dichiarato che le somma da essi pagate in più afferivano non a pagamenti in più quali corrispettivo delle unità compravendute, sibbene a lavori commissionati in più rispetto alle rifiniture previste nel capitolato d’oneri.

Osservavano, poi, che aveva errato il primo giudice a non accogliere la loro eccezione di nullità della domanda di condanna al trasferimento delle unità immobiliari rimaste invendute per assoluta indeterminatezza dell’oggetto, atteso che l’eccezione riguardava la domanda e non la conoscenza degli immobili di cui si pretendeva il trasferimento;

– che, ancora, non sussistevano i presupposti per accogliere la domanda di esecuzione in forma specifica sia perchè mancava il contratto preliminare e perchè l’appellata era consapevole che gli immobili erano di proprietà di terzi.

Costituitasi, l’appellata contestava le censure mosse alla sentenza e ne chiedeva il rigetto.

Proponeva, a sua volta appello incidentale lamentando che gli appellanti non fossero stati condannati al risarcimento dei danni derivanti dal mancato trasferimento del terzo indiviso degli immobili rimasti invenduti e che le spese del giudizio fossero state compensate nonostante la soccombenza dei convenuti.

Chiedeva, quindi, in accoglimento dell’appello incidentale, la parziale riforma della sentenza con vittoria di spese per entrambi i gradi del giudizio.

La Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 16 dicembre 2004, confermava la sentenza di condanna degli originar convenuti al pagamento della somma valutata come pari al terzo del ricavato delle vendite e, in parziale riforma, sostituiva la pronunzia di condanna al trasferimento delle unità immobiliari rimaste invendute con la mera declaratoria dell’obbligazione al trasferimento, condannando gli appellati al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio e respingendo per il reato, l’appello incidentale.

Avverso tale sentenza i sigg.ri G. e R. proponevano ricorsi per cassazione affidato ad un unico motivo. Resisteva la parte intimata proponendo altresì ricorso incidentale in base a due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Assumono le parti ricorrenti vizio di motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia, per avere la Corte di merito ritenuto raggiunta la prova che il “documento di riepilogo” prodotto da parte attrice sia quello redatto dagli odierni ricorrenti, pur prescindendo dalla deposizione resa dall’avv. D. G., (ritenuta inammissibile per avere un interesse in causa) non essendo provata l’autenticità del documento, e non volendo come prova sufficiente le due circostanze addotte: la circostanza che sia fatta menzione del documento di riepilogo nella lettera raccomandata inviata dalla N., e la coincidenza della somma suindicata con quella pretesa dall’originaria attrice.

Il lamentato vizio di motivazione non sussiste.

Infatti la Corte di merito rileva che l’invio di lettera raccomandata 23/2/1995 da parte dell’avv. De beronimo per conto della N. ai coniugi G.- R., “in periodi non sospetti ed il richiamo in essa contenuto al documento riepilogativo, avvalorando la tesi secondo cui furono proprio i coniugi G.- R. ad inviare il prospetto di cui si discute alla N.”. Aggiunge che “il contenuto di detto documento rispecchia quello che sono i dati indicati dagli allora convenuti nella comparsa di risposta” specificando tali dati. E rileva infine che i ricavati delle vendite risultano concordemente indicati in L. 1.899.000.000 (1.638.000.000+261.000.000) e che l’unica discordanza è che -secondo gli odierni ricorrenti – l’importo di L. 261.000.000 si riferirebbe a somme corrisposte dagli acquirenti per lavori extracapitolato. E specifica poi le ragioni per le quali non si può ritenere che il prezzo percepito in più dagli acquirenti rispetto a quello risultante dai rogiti notarili a quo da imputare a lavori extracapitolato, mancando ogni annotazione o altro utile indizio al riguardo. In tale situazione non ricorre il vizio di motivazione quale deducibile in sede di legittimità, vizio che sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato esame di punti decisivi della controversia e non può consistere in un apprezzamento dei fatti di causa diversi da quella valutata dalla parte, non essendo conferito alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto spetta l’individuarne le fonti del proprio convincimento, valutare la prova, controllarne l’attendibilità e concludenza e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti rilevanti in causa. Resta in tal modo assorbito il motivo di ricorso incidentale condizionato con il quale si contesta la valutazione di incapacità a testimoniare dell’avv. D.G..

Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce il vizio di violazione di legge (in particolare dell’art. 1218 c.c., artt. 278 e 360 c.p.c.) per avere la corte territoriale confermate la pronunzia di rigetto della domanda di condanna generica dei convenuti al risarcimento del danno per inadempienza all’obbligo di trasferirle la quota di un terzo delle due unità immobiliari rimaste invendute.

Anche tale motivo non appare fondato.

Ed infatti la Corte di merito, dopo aver emesso decisione dichiarativa della sussistenza dell’obbligazione degli originari convenuti a trasferire e/o far trasferire all’altro le quote di un terzo delle unità immobiliari rimaste invendute (senza peraltro indicare la decorrenza di tale obbligo), decidendo nell’appello incidentale relativo alla domanda di condanna generica il risarcimento del danno, dopo aver rilevato che “non esiste in atti nessuna prova che dimostra la sussistenza dei danni nè è stato dedotto in che cosa consistono i danni subiti” ha rigettato il motivo di appello proposto al riguardo. Non essendo, in questa sede, dedotto uno specifico vizio di motivazione offerente tale pronunzia (e in particolare, in relazione all’omessa deduzione relativa alla sussistenza di un evento dannoso), non può, questa Corte, in sede di legittimità, procedere ai diversi accertamenti di merito, correlata all’esistenza dell’obbligazione accertata il consequenziale prodursi della potenzialità dannosa esclusa. Nella considerazione della prevalente, ancorchè parziale, soccombenza della parte ricorrente, le stesse, in solido fra loro, devono essere condannate a rifondere alla controparte i due terzi delle spese del grado, restando il terzo rimanente, compensato fra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; condanna le parti ricorrenti in solido fra loro a rifondere alla controparte i due terzi delle spese del grado, quota parte che liquida in complessivi Euro 1.800,00 per onorari di avvocato, oltre accessori, e in Euro 200,00 per spese restanti, il terzo restante compensato tra le parti.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

 

 

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