Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17688 del 06/08/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17688 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 8085-2012 proposto da:
ATAC SPA 06341981006 – quale incorporante di Trambus SpA in
persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO
MAGNO 23/A, presso lo studio degli avvocati PROIA GIAMPIERO
e PETRASSI MAURO, che la rappresentano e difendono unitamente
all’avv. GIAN FRANCESCO REGARD (quest’ultimo giusta procura
generale alle liti per atto notaio Livio Colizzi di Roma, in data 4.8.2011,
n. rep. 38.901 che viene allegata in atti), giusta delega a margine del

ricorso;
– ricorrente

Data pubblicazione: 06/08/2014

contro
SPAGNOLO VALERIO, MAURO STEFANO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA UNIONE SOVIETICA 8, presso lo studio
dell’avvocato MAURIZIO CERCHIARA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SCHIAVO FRANCESCA, giusta delega in

– contipricon -enti contro
RANIERI FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLE QUAITRO FONTANE 149, presso lo studio dell’avvocato
MARRAZZO DOMENICO, che lo rappresenta e difende, giusta
mandato speciale a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro
RANIERO RAPONI;
– intimato avverso la sentenza n. 9686/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 25.11.2011, depositata il 21/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per la ricorrente l’Avvocato Mauro Peti:assi che si riporta agli
scritti ed insiste nell’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente (Franco Ranieri) l’Avvocato Domenico
Marrazzo che si riporta ai motivi del controricorso;
udito per i controricorrenti (Spagnolo Valerio e Mauro Stefano)
l’Avvocato Maurizio Cerchiara che si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 08085 sez. ML – ud. 27-05-2014
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calce al controricorso;

FATTO
Spagnolo Bruno, Stefano Mauro, Raponi Raniero e Spagnolo
Valerio chiedevano ed ottenevano dal Tribunale di Roma decreti
ingiuntivi nei confronti della Trambus s.p.a., di cui erano
dipendenti, per gli importi indicati in ciascun decreto oltre accessori
e spese, a titolo di indennità per alcuni giorni di copgedo non

goduti nel corso del rapporto di lavoro e sino al 31 dicembre 2000.
La Trambus proponeva opposizione ai decreti.
L’adito giudice, con sentenza n. 9860/2005, accoglieva
l’opposizione rigettando le domande.
Avverso tale decisione proponevano appello i lavoratoti.
Ranieri Franco conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma
la Trambus s.p.s., di cui era dipendente, chiedendone 19. condanna
alla somma di curo 4.041,08 oltre accessori e spese a titolo di
indennità per alcuni giorni di congedo non goduti nel corso del
rapporto e sino al 31 dicembre 2000.
L’adito giudice, sentenza n. 19276/2004, accoglieva la domanda.
Tale decisione veniva appellata da Trambus s.p.a..
La Corte di Appello di Roma, riuniti i due procedimenti, con
sentenza del 21 marzo 2011, riformava la sentenza n. 9860/2005,
rigettando l’opposizione proposta da Trambus avverso i decreti
ingiuntivi ottenuti da Stefano Mauro, Raponi Raniero e Spagnolo
Valerio e confermava la decisione n. 19276/2004.
In sintesi, la Corte aveva ritenuto: a) che nell’ambito aziendale non
esisteva un disciplina nettamente distinta tra congedi e ferie
(diversamente da quanto sostenuto dalla società) dovendo tutti
essere fruiti entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di
maturazione e, in mancanza della espressa richiesta del lavoratore
era specifico obbligo dell’azienda far sì che la fruizione fosse 1

effettiva e tempestiva; b) che i lavoratori avevano provato la
mancata fruizione dei giorni di congedo indicati nel ricorso per
ingiunzione; c) che non poteva ritenersi provata l’esistetiza dell’uso
aziendale di riportare i congedi non fruiti entro l’anno di
maturazione al successivo e . così via, fino a giungere alla
liquidazione della indennità per i residui congedi non goduti alla

cessazione del rapporto e che, comunque, detto uso, seppur
esistente, non avrebbe comportato l’attribuzione generalizzata di un
trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dalla legge o
dalla contrattazione collettiva perché tale non poteva considerarsi
una prassi in base alla quale i lavoratori non avrebbero potuto fruire
delle ferie a loro spettanti senza neppure ricevere la relativa
retribuzione; d) che era infondata la tesi dell’azienda secondo cui i
lavoratori avrebbero fruito di un periodo di congedo anche per
giornate non dovute ai sensi della legge n. 54 del 1977.
Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso l’ATAG
s.p.a quale incorporante di Trambus s.p.a. affidato a sei motivi
illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..
Resistono con separati controricorsi Stefano Mauro e Spagnolo
Valerio nonché Ranieri Franco, quest’ultimo ha anche depositato
memoria ex art. 378 c.p.c.. Raponi Raniero è rimasto intimato.

DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 112
c.p.c. (art. 360, n.4 c.p.c.).
Si assume che l’impugnata sentenza, a fronte di un “petitum” con il
quale era stato chiesto il pagamento esclusivamente dell’indennità
“per ferie non godute”, aveva riconosciuto ai lavoratori il
pagamento di un’indennità riferita non già ai giorni di ferie non

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godute, bensì ai “congedi” non fruiti, finendo con il confondere
l’istituto dei congedi con quello delle ferie.
Con il secondo motivo viene denunciata omessa , insufficiente o
contraddittoria motivazione ( art. 360 n. 5 c.p.c.) avendo la Corte
territoriale affermato il diritto dei lavoratori al pagamento
dell’indennità sostitutiva per i congedi non goduti senza motivare

ed illustrare le ragioni per le quali anche ai congedi diversi dalle
ferie, nonostante avessero diversa natura, funzione e disciplina,
dovevano essere applicati gli stessi principi e le stesse disposizioni
previste in caso di mancato godimento delle ferie.
Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 2109 c.c., 345 c.p.c., 22 All. A) al R.D. n. 148 del 1931 e 36
Cost. ( art. 360 n. 3 c.p.c.).
Si evidenzia che effettivamente nell’art. 22, all. A) al RD n. 148 del
1931), nella raccolta di norme per i conducenti di linea e nell’ordine
di servizio n. 186 del 1989 così come modificato dal successivo n.
395 del 1991 – richiamati nella impugnata sentenza a dimostrazione
del fatto che a livello aziendale non vi fosse una disciplina
differenziata tra ferie e congedi — vi era una confusione
terminologica ferma restando, però, l’impossibilità di accomunare
l’istituto delle ferie con quello dei congedi in generale.
Viene, altresì, sottolineato che la Corte di merito, applicando il
principio in base al quale ove le ferie non siano effettivamente fruite
spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva (principio fondato sulla
specifica natura e funzione delle ferie) anche alle altre tipologie di
riposi, non aveva tenuto conto che, in riferimento a questi ultimi,
gli accordi collettivi non prevedevano né un diritto inderogabile alla
loro fruizione entro l’anno di riferimento, né una loro
monetizzazione entro l’anno successivo.
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I motivi, da trattare congiuntamente in quanto lbgicamente
connessi, sono infondati.
Come si evince dalla. decisione della Corte di appello i lavoratori
avevano chiesto il pagamento dell’indennità sostitutiva riferita ai
congedi non goduti, termine questo da intendersi in senso ampio
comprensivo tanto delle ferie che dei permessi sostitutivi delle

festività soppresse.
Sul punto nella impugnata sentenza vengono elencati úna serie di
riferimenti normativi ed alcuni ordini di servizio della soNetà da cui
era possibile evincere che nell’ambito aziendale non sussisteva una
disciplina nettamente differenziata tra congedi e ferie.
Orbene, il ragionamento seguito dal giudice del gravame, non è
sostanzialmente scalfito dalle censure mosse incentrate sul rilievo
della diversa disciplina, a livello normativo, delle ferie da quella dei
“riposi” a titolo diverso dalle ferie assunto questo che, però, non
dimostra l’esistenza a livello aziendale di una. disciplina differenziata
tra ferie e congedi e, soprattutto, non indica delle insanabili
deficienze o contraddizioni della motivazione che, invece, si
presenta logica, coerente ed esaustiva.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. ( art. 360 n. 3 c.p.c.)
Premesso che, secondo il costante insegnamento di questa
Suprema Corte, grava sul lavoratore che agisce in giudizio per
chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non
godute l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività
lavorativa nei giorni ad esse destinati, si assume che nel caso “de
quo”, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte cli merito, il
lavoratore tale prova non avrebbe fornito. Ed infatti i cedolini
INAIL, ritenuti nella impugnata sentenza idonei a dimostrare la
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mancata fruizione dei congedi, tale efficacia probatoria non
avrebbero perché: a) la loro funzione tipizzata dalla legge, riguarda
soltanto l’adempimento degli obblighi antinfortunistici; b) il
legislatore non ha previsto affatto che in essi vi debba essere anche
l’indicazione delle ferie, dei riposi e dei congedi da fruire; c) essi
recano solo la generica ed indistinta indicazione dei giorni di

“congedo” ancora spettanti al lavoratore e, dunque, nn possono
valere a dimostrare il diritto all’indennità per ferie non godute”
richiesta, comprendendo tra i “congedi” residui esclusivamente
quelli spettanti ad un titolo diverso dalle ferie; d) l’azienda aveva
provato documentalmente di aver fatto godere al dipendente, negli
anni dal 1994 al 2000, mediamente di un numero di giomi di riposo
superiore a 25.
Orbene, osserva il Collegio che il motivo è inamitnissibile in
quanto seppur prospettato come violazione di norme di diritto,
nella sostanza, finisce con il censurare unicamente la valutazione
compiuta dai giudici di merito delle risultanze di causa e sollecita
una richiesta di controllo sulla motivazione che si risolverebbe in
una inammissibile duplicazione del giudizio di merito (cfr. Cass n.
6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass. 9908/2010, Cass.
27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass.
18885/2008, Cass. 6064/2008).
In effetti la Corte di appello ha ritenuto provato l’ssunto del
lavoratore sulla scorta dei cedolini INAIL evidenziando che non vi
era ragione di ritenere non veritieri i dati numerici in essi indicati
proprio in considerazione della non differenziazione tra congedi,
permessi e ferie esistente in azienda.
E’ appena il caso di notare che nel motivo si contesta la efficacia
probatoria dei detti cedolini solo in modo generico e, poi, si afferma
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che il legislatore avrebbe indicato specificamente il loro contenuto
negli articoli 20 e ss. del DPR n. 1124/1965 ed all’art. 2 del DPR n.
359/1994, laddove, invece, in tali norme non è detto alcunché circa
il contenuto dei menzionati cedolini.
Con il quinto motivo viene lamentata omessa motivazione circa
un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p..) laddove

l’impugnata sentenza aveva erroneamente escluso l’esistenza
dell’uso aziendale di riportare i riposi eventualmente non goduti
nella disponibilità dell’anno successivo e di monetizzarli, ove non
finiti nemmeno in seguito, alla cessazione del rapporto. Si censura,
altresì, l’ulteriore argomentazione, utilizzata dalle Corte di merito
sul punto, secondo cui la prassi invocata dalla società lion poteva
considerarsi migliorativa rispetto alla disciplina prevista4 in materia
dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Osserva il Collegio che il motivo è inammissibile perché sollecita
una diversa valutazione del merito della controversia prospettando
una diversa valutazione del materiale probatorio in atti. La Corte di
appello — premesso che la sussistenza di un uso aziendale era stata
tempestivamente contestata dalla difesa del lavoratore sin dalla
memoria di costituzione in primo grado – ha, infatti, analiticamente
illustrato le ragioni per le quali non poteva ritenersi dimostrata
l’esistenza di detto uso aziendale. In particolare, ha evidenziato: che
la produzione in giudizio di una richiesta avanzata alrazienda da
numerosi lavoratori diretta ad ottenere il godimento delle ferie
escludeva una accettazione di una prassi quale quella indicata dalla
ricorrente; che l’uso aziendale era escluso anche dall’esistenza di un
notevole contenzioso tra le parti ( di cui si dà atto nell’accordo
aziendale del 6 aprile 2001), proprio riferito alla fruizione delle ferie.

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I
I

Con il sesto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
della legge n. 54 del 1977 e dell’art. 1 del D.P.R. n. 792 del 1985
nonché degli artt. 1418 e 1362 e ss c.c. in relazione agli accordi
sindacali del 16 marzo 1963 e del 7 marzo 1969 ed agli accordi
interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14 novembre 1978 per non
avere la Corte di appello considerato che ai lavoratori non

spettavano:
a) le quattro giornate annue di permessi previste dall’accordo del 7
marzo 1969 , sottoscritto durante la vigenza della legge n. 260 del
1949, perché in. contrato con la disciplina inderogabile introdotta
dalla legge n. 54 del 1977 per la quale “le solennità civili previste
dalla legge 27 maggio 1949, n. 260 e dalla legge 4 marzo 1958 , n.
132, non determinano riduzione dell’orario di lavoro negli uffici
pubblici” prevedendo anche il divieto di consentire negli uffici
pubblici riduzioni di orario;
b) almeno due delle cinque giornate di permessi previsti dagli
accordi interconfederali sulla scorta del nuovo regime delle festività
(civili e religiose) di cui 91112 1 n. 54/1977 non avevano alcuna
giustificazione a seguito del DPR n. 792 del 1985 che aveva
ripristinato le festività dell’Epifania e del giorno dei SS. Pietro e
Paolo per il comune di Roma.
Il motivo è inammissibile in quanto si limita a ribadire le tesi
proposte nell’appello senza articolare una specifica censura alla
motivazione della impugnata sentenza sul punto.
Ed infatti la Corte di merito ha evidenziato che l’entrata in vigore
della legge n. 54 del 1977 – la cui “ratio” era quella di garantire la
continuità del servizio impendendo ai lavoratori degli uffici pubblici
di entrare dopo o uscire prima dell’orario normale – non aveva
comportato automaticamente la illegittimità dei riposi sostitutivi
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delle festività soppresse ragion per cui non potevano considerarsi
non spettanti perché illegittime tanto le quattro giornate annue di
permesso previste dall’accordo del 7 marzo 1969 che due dei cinque
giorni di riposo annui riconosciuti dagli accordi interconrederali del
27 luglio 1978 e del 14 novembre 1978. Con riferimelto a questi
ultimi la Corte di appello ha anche precisato che la compensazione

di festività soppresse era un mero motivo giustificativo, all’epoca
degli accordi, della concessione patrimoniale e non costituiva causa
o, comunque, presupposto essenziale della stessa come dimostrato
dal fatto che l’azienda aveva continuato negli anni a computare i
congedi in questione ed a riconoscerli ai lavoratori.
Peraltro, questa Corte ha avuto modo di precisare che l’art 1 della
legge 5 marzo 1977 n. 54 (il quale ha disposto, al primo comma, che
cessano di essere considerati festivi agli effetti civili i giorni delle
cinque festività religiose ivi indicate, e, al secondo comma, che
cessano di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre)
ha un’efficacia abrogativa generale, nel senso della pura e semplice
soppressione di dette festività, comprese quelle civili succitate,
essendo in contrario irrilevante che di queste la stessa norma abbia
conservato (ma, rispettivamente alla prima domenica di giugno e di
novembre) la celebrazione; pertanto, la disciplina economicoretributiva dei due giorni predetti è (anch’essa) riservata alla
contrattazione collettiva, da interpretare nel rispetto dei canoni
ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ..( Cass. n. 17724
del 29/08/2011; Cass. n. 7212 del 11/06/1992). Dunque, del tutto
infondato è l’assunto posto a base del motivo secondo gui l’entrata
in vigore della 1. n. 54 del 1977 avrebbe comportato
automaticamente la nullità dell’accordo aziendale del 7 marzo 1969
così come la reintroduzione di due delle festività soppresse da parte
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del D.P.R. n. 792/1985 avrebbe fatto venir meno il presupposto del
riconoscimento di due ( dei cinque) giorni di permesso previsti dagli
accordi interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14 novembre 1978.
Alla luce di quanto esposto il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,
sono poste a carico della ricorrente nei confronti di Ranieri Franco,

dispositivo. Non si provvede in ordine alle spese dél presente
giudizio nei confronti del Raponi rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento

delle spese del presente giudizio liquidate: in euro 100,00 per
esborsi ed in curo 2.000,00 per compensi professionali oltre
accessori di legge ed il 15% di rimborso spese forfetario in favore di
Ranieri Franco con attribuzione all’avv. Domenico Marrazzo; in
euro 100,00 per esborsi ed in euro 2.400,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge e 15% per rimborso spese
forfetario in favore di Mauro Stefano e Valerio Spagnolo; nulla per
le spese nei confronti di Raponi Raniero.
Cosi deciso in Roma ,27 maggio 2014
Il Consigliere est.

ma

dott. 2201 Fernandes

residente
e*/ tetro Curzio
f”L—t

41b-IMP
W
Il FutzierraTio-Gieio
Paolo TALARIGO

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma, ………… ………………

Mauro Stefano e Spagnolo Valerio e vengono liquidate come da

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