Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17687 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 02/07/2019), n.17687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20404/2017 proposto da:

AZIENDA USL TOSCANA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

in carica, elettivamente domiciliato in Roma Largo dei Lombardi n. 4

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO TURCO che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GAETANO VICICONTE;

– ricorrente –

contro

C.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1241/2017 della CORTE d’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2019 dal Consigliere relatore Dott. CRISTIANO VALLE;

udito l’Avvocato FABRIZIO LUCCHESI per delega avvocato GAETANO

VICECONTE, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo, di rigetto della domanda dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) Toscana (OMISSIS) nei confronti del Dottor C.C., medico in servizio presso detta AUSL, unità operativa di urologia, di risarcimento dei danni conseguenti alle affermazioni, asseritamente, diffamatorie contenute nell’intervista rilasciata dal medico ed inserita nel servizio mandato in onda dall’emittente televisiva (OMISSIS), nel corso della trasmissione “(OMISSIS)” del (OMISSIS).

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la AUSL Toscana (OMISSIS) con sei motivi.

C.C. è rimasto intimato.

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 51 e 595 c.p., con riferimento al presupposto della cd. pertinenza della notizia.

Il secondo mezzo è formulato ai sensi dello stesso parametro di legittimità, in relazione agli artt. 51 e 595 c.p., con riferimento al presupposto della cd. continenza.

Il terzo mezzo assume violazione, o falsa applicazione, degli artt. 185 e 595 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c..

Il quarto propone vizi di violazione o falsa applicazione dell’art. 595 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c. e di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.

Il quinto mezzo denuncia ancora le dette violazioni, in riferimento agli artt. 244 c.p.c. e segg. e art. 2721 c.c. e segg..

Infine il sesto motivo richiama ancora l’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 112,244 c.p.c. e segg. e artt. 2721 c.c. e segg..

I primi quattro motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.

La sentenza della Corte territoriale ha ritenuto che correttamente il giudice di prime cure avesse concentrato l’attenzione sul testo integrale dell’intervista rilasciata dal Dott. C. ed ha condiviso detta scelta affermando, con statuizione non utilmente censurata, che l’intervistato poteva e doveva essere ritenuto responsabile soltanto di quel che aveva effettivamente dichiarato, costituendo il successivo montaggio del servizio per la trasmissione televisiva “(OMISSIS)”, e l’inserimento in esso dell’intervista, attività di notevole complessità, autonoma, effettuata da personale specialistico (il montatore) e non soltanto da soggetti con competenze prettamente giornalistiche.

La pronuncia in scrutinio evidenzia, infatti, che l’interpretazione, probabilmente capziosa ricavabile dal taglio di alcune delle sequenze dell’intervista integrale era frutto delle scelte operate da altri (nella specie: il montatore del servizio) e il risultato finale, ossia l’intervista mandata in onda, non poteva essere imputato all’intervistato.

Nella disamina del testo integrale dell’intervista rilasciata dal C. la sentenza d’appello evidenzia, inoltre, con adeguato apprezzamento di fatto, che l’utilizzazione dei termini quali “io ero spostato” non assumeva una configurazione diffamatoria, in quanto riferito al fatto che l’ordine di servizio che destinava il Dott. C. alle dipendenze di altro primario era dal C. vissuto come comportante un aggravio dal punto di vista burocratico ed operativo, tanto che – rileva la sentenza impugnata – il C. ironizzava sul sentirsi sostanzialmente “messo a riposo”, ma non come una forma discriminatoria della sua professionalità.

In senso sostanzialmente analogo, ossia come affermazione di carattere meramente soggettivo, è stata letta, nella sentenza d’appello, l’intervista del Dott. C. laddove, nella sua forma integrale, esponeva che nella riunione della prima mattinata del (OMISSIS), con i vertici della AUSL Toscana (OMISSIS) si era parlato soprattutto di chi avesse fornito i documenti alla rete televisiva (OMISSIS).

La Corte territoriale ha, infatti, ritenuto che la detta affermazione del C., ossia che nella riunione si era parlato soprattutto di chi avesse fornito le notizie all’esterno, andava letta in correlazione con la successiva relazione a firma del Dott. B., che confermava, il 6 dicembre 2006, che nella suddetta riunione del 22 novembre non si era affatto parlato dell’oggetto della segnalazione del C., relativa alla modifica da parte di altro medico della cartella di un paziente deceduto.

Risulta, quindi, adeguatamente motivata la statuizione della Corte territoriale, laddove si esclude che siano stati violati, nell’intervista integrale del C., i parametri della pertinenza e della continenza delle notizie riferite, con esclusione, quindi, sia della fattispecie penale di cui all’art. 595 c.p., che dell’illecito civile (in generale, sui detti presupposti, si veda Cass. n. 00375 del 11/01/2005: “Il diritto di critica non si concreta, come quello di cronaca, nella narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio, o, più genericamente, in una opinione, la quale, come tale, non può che essere fondata su un’interpretazione dei fatti e dei comportamenti e quindi non può che essere soggettiva, cioè corrispondere al punto di vista di chi la manifesta, fermo restando che il fatto o comportamento presupposto ed oggetto della critica deve corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, così come accade per il diritto di cronaca. Il diritto di critica, inoltre, non diversamente da quello di cronaca, è condizionato, quanto alla legittimità del suo esercizio, dal limite della continenza, sia sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, e dev’essere accompagnato da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente sull’onore o la reputazione”).

Gli ultimi due motivi del ricorso, il quinto ed il sesto, concernono la mancata ammissione delle prove testimoniali anche da parte del giudice di appello, oltre che di quello di primo grado.

Essi sono entrambi sono formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Le censure sono in parte inammissibili, ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5, risolvendosi in una critica a sentenza d’appello che ha deciso in senso identico alla sentenza di prime cure questioni di fatto, in punto di inammissibilità delle prove testimoniali.

A di là della questione terminologica irrilevanza-inammissibilità, sulla cui sostanziale improduttività la stessa difesa di parte ricorrente conviene, deve ritenersi che il diniego all’ammissione delle prove sia stato congruamente motivato, da parte della Corte territoriale, sulla base dell’ampiezza del materiale probatorio già raccolto in prime cure. E’ opportuno, sul punto, evidenziare che la stessa parte ricorrente era venuta a conoscenza del testo integrale dell’intervista rilasciata dal C. soltanto nel corso del giudizio di primo grado, con la conseguenza che vi era già stato un significativo incremento del materiale probatorio.

La sentenza d’appello ha, inoltre, con apprezzamento di fatto, e l’affermazione non è adeguatamente censurata dai motivi all’esame, che si limitano a proporre una diversa lettura delle risultanze di causa, ritenuto che le prove dedotte vertessero su “circostanze del tutto pacifiche in causa”.

La violazione dei parametri di legittimità esposti in ricorso (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 112,244 c.p.c. e segg. e art. 2721 c.c.) deve, quindi, essere esclusa.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

Nulla per le spese, in quanto C.C. è rimasto intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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