Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17684 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 02/07/2019), n.17684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26546/2017 proposto da:

M.A.R., I.L., domiciliati ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato CARLO STASI;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS) in persona del legale rappresentante

Dott. C.M. quale procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato

SVEVA BERNARDINI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO

BRUDAGLIO;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 767/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. M.A.R. e I.L. ricorrono, affidandosi ad otto motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Lecce che, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore della Generali Ass.ni Spa (da ora Generali) per una ingente somma, pretesa in relazione alle due “appendici di coobbligazione” sottoscritte dalle odierni ricorrenti ed apposte in calce alla polizza fideiussoria stipulata dalla compagnia di assicurazione nell’interesse della (OMISSIS) Srl, successivamente fallita, a favore della Banca Popolare Pugliese, a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto di finanziamento stipulato fra la società e l’istituto di credito.

2. L’intimata ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La complessità della controversia impone in breve riepilogo degli aspetti fattuali della vicenda.

1.1. Generali Ass.ni Spa otteneva due separati decreti ingiuntivi dal Tribunale di Lecce, uno nei confronti di I.L. ed M.A.R. e l’altro contro la (OMISSIS) srl, per l’importo di Euro 433.278,38 ciascuno, con riferimento a:

a. una polizza fideiussoria stipulata da Generali nell’interesse della società a favore della Banca Popolare Pugliese e a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto di finanziamento stipulato;

b. un’appendice di coobbligazione apposta in calce ad essa sottoscritta da (OMISSIS) srl e dalla I. e dalla M. che si obbligavano a pagare, a prima richiesta, tutte le somme versate da Generali alla Banca Pugliese in forza della polizza fideiussoria.

1.2. Riuniti i distinti atti di opposizione la causa veniva interrotta per il sopravvenuto fallimento di (OMISSIS) srl e riassunta dalle odierne ricorrenti che, come prima difesa, disconobbero le firme apposte sull’appendice di polizza.

1.3. Il Tribunale, valutando la perizia grafologica espletata, ritenne che le firme fossero false ed, assorbiti gli altri motivi, accolse l’opposizione.

1.4. La Corte d’appello riformò la pronuncia, previa differente valutazione della CTU: confutando la tesi della falsità delle firme, ritenne che le pattuizione aggiuntive dovevano essere qualificate come contratto autonomo di garanzia, con inapplicabilità del termine di cui all’art. 1957 c.c..

2. Tanto premesso, tutte le censure contenute negli otto motivi proposti – due dei quali con la medesima numerazione (n. 4) ed i successivi privi di indicazione progressiva – vengono ricondotte dalle ricorrenti all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3. Con il primo, il secondo ed il terzo motivo – strettamente connessi sia sotto il profilo logico che, in parte, per l’identità della critica denunciata lamentano la violazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c., in relazione all’art. 1936 c.c.: contestano l’interpretazione formulata dalla Corte territoriale che aveva qualificato le obbligazioni da loro “pretesamente” assunte (cfr. pag. 3 del ricorso), come contratti autonomi di garanzia, mentre si trattava di fideiussioni, da ritenersi estinte per effetto del decorso del termine di cui “all’art. 1937 c.c.” (evidente lapsus calami con il quale doveva intendersi l’art. 1957 c.c.).

3.1. Lamentano, altresì, che non era stato dato rilievo al fatto che le “appendici” erano state espressamente definite “parti integranti” della polizza cui afferivano e che a ciò non era stato attribuito alcun significato (secondo motivo).

3.2. Contestano, inoltre, l’interpretazione della Corte che aveva dato seguito acriticamente (pag. 20 del ricorso) al principio portato dal noto arresto di SSUU 3947/2010, non tenendo conto della clausola di salvezza in esso prevista che, nel caso concreto, consisteva nell’evidente discrasia fra la pattuizione aggiuntiva e l’intero contenuto della convenzione negoziale (terzo motivo).

3.3. Assumono, ancora, che nell’appendice i due stipulanti ((OMISSIS) srl e Generali) avevano soltanto disciplinato alcune conseguenze della garanzia assunta dalla compagnia di assicurazioni nei confronti della Banca Pugliese e che, dunque, ” la convenzione si poneva “a valle” della polizza fideiussoria e delle rispettive obbligazioni”: anche tale elemento imponeva di escludere, secondo le ricorrenti, che (OMISSIS) srl avesse sottoscritto un contratto autonomo di garanzia.

3.4. Con il quarto ed quinto motivo (così rinumerata tale ultima censura), lamentano, sotto altro profilo, la violazione degli artt. 1362,1367 e degli artt. 1203 e 1950 c.c.: in particolare, deducono che la decisione della Corte in merito alla scindibilità delle obbligazioni assunte rispetto a quelle della polizza fideiussoria (con particolare riferimento allo statuito diritto di surroga che violerebbe il principio di conservazione del contratto: quarto motivo) non avrebbe tenuto conto che l’obbligazione di (OMISSIS) era nata in forza degli accordi negoziali e delle previsioni dell’art. 1950 c.c., sul regresso contro il debitore principale.

3.5. Con le ultime tre censure, infine, prive di numerazione, le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 1362 e 1936 c.c.e degli artt. 1945 e 1941 e dell’art. 1762 c.c., nonchè la violazione dell’art. 1957 c.c.: reiterano le critiche precedenti agganciandosi da una parte al dato letterale della “coobbligazione”, sufficiente, in tesi, per sostenere l’estensione della natura fideiussoria della garanzia, e, dall’altra, a quello della clausola “a semplice richiesta” non idonea a dare sostegno alla interpretazione formulata dalla Corte territoriale.

4. Inoltre, è prospettato un rilievo titolato “sulla limitazione delle eccezioni” (pag. 42 del ricorso) privo di rubricazione.

5. I motivi vanno congiuntamente esaminati per l’intrinseca connessione logica ed, in parte, per la loro sovrapponibilità.

5.1. Essi sono tutti inammissibili in quanto prospettano questioni di mero fatto e contrappongono una diversa interpretazione a quella, esaustivamente argomentata, della Corte territoriale che – sulla base dell’attenta analisi del testo dei negozi giuridici esaminati, e sulla considerazione dell’assenza di firma della Generali Spa e della presenza degli altri indicatori, valorizzati anche nella parte in cui, come dati neutri, non potevano dare sostegno alla tesi della parte ricorrente (cfr., in relazione ai primi tre motivi il coerente percorso argomentativo contenuto nelle pagg. 14,15, 18 e 19 della sentenza impugnata) – ha affermato che il negozio contenuto nella polizza fideiussoria integrava un contratto autonomo di garanzia.

5.2. Premesso che, dando seguito al fondamentale arresto di questa Corte (cfr. Cass. SU 3947/2010) che ha avuto modo di descrivere le diversità genetiche delle due fattispecie, è stato reiteratamente affermato che “il contratto autonomo di garanzia reca come connotato fondamentale l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore (cfr. Cass. 7883/2017) si osserva che la qualificazione delle diverse fattispecie si fonda sull’attività interpretativa del giudice di merito che sfugge al vaglio cassatorio, ove sia immune da vizi logici e presenti argomentazioni, come nel caso in esame, al di sopra della sufficienza costituzionale.

5.3. E’ stato, al riguardo, specificamente affermato, con orientamento al quale questo Collegio intende dare seguito che “l’accertamento relativo alla distinzione, in concreto, tra contratto di fideiussione e contratto autonomo di garanzia è questione riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità esclusivamente per violazione dei canoni legali di ermeneutica ovvero per vizio di motivazione” (cfr. Cass. 3678/2011); ed in termini più generali configura un principio consolidato quello secondo cui “la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (cfr. Cass. 25728/2013; Cass. 28319/2017).

6. Nel caso in esame, l’interpretazione della Corte territoriale ha applicato i principi di legittimità sopra richiamati: ragione per cui nessuna delle censure proposte – limitandosi a contrapporre una diversa interpretazione dei negozi giuridici in esame a quella compiutamente formulata dai giudici d’appello – è idonea a scalfire la decisione criticata.

7. Infine l’ultimo rilievo (richiamato al par. 4), privo di rubricazione, deve ritenersi ugualmente inammissibile per assoluta mancanza di specificità ed autosufficienza, con violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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