Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17682 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. I, 28/07/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11345/2005 proposto da:

R.R. (c.f. (OMISSIS)), R.A.

(C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DEGLI AVIGNONESI 5, presso l’avvocato ABBAMONTE Andrea, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BALLETTA GIOVANNI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI S. MARIA A VICO (P.I. (OMISSIS)), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.

MIRABELLO 26, presso l’avvocato IANNUCILLI Pasquale, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 670/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/06/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato IANNUCCILLI

(preliminarmente deposita n. 2 avvisi di ricevimento) che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I signori A. e R.R. chiamarono in giudizio, davanti alla Corte d’appello di Napoli, il Comune di Santa Maria in Vico, contestando l’indennità loro offerta per l’espropriazione di un fondo di loro proprietà. Gli attori dedussero che essa non comprendeva il valore degli alberi esistenti nel fondo, e che il valore attribuito dal comune al suolo espropriato non rifletteva quello reale, e non comprendeva il danno prodotto al fondo rimanente dall’espropriazione parziale, come risultava dalla relazione di consulenza tecnica assunta in altro giudizio pendente davanti al Tribunale di S.M. Capua Vetere, avente ad oggetto il risarcimento dei danni per accessione invertita da occupazione senza titolo del medesimo immobile, la quale aveva stimato il valore unitario per mq del suolo in L. 25.000, contro le 36.500 offerte.

La corte territoriale, con sentenza 23 febbraio 2004, accertò che non v’era coincidenza, neppure parziale, tra il fondo espropriato, oggetto del giudizio, e quello oggetto del giudizio di risarcimento danni pendente davanti al Tribunale di S.M. Capua Vetere. La corte affermò poi di non poter condividere le conclusioni dei due consulenti tecnici di ufficio assunti in corso di causa, il primo dei quali, dopo aver accertato la natura agricola del fondo in base agli strumenti urbanistici, aveva riconosciuto un’edificabilità di fatto, mentre il secondo aveva ritenuto l’edificabilità legale argomentandola alla possibilità di edificazione di fabbricati rurali. La corte escluse la possibilità di utilizzare i più vantaggiosi criteri risarcitori invocati dagli attori attraverso il rinvio alla consulenza tecnica assunta nel giudizio per accessione invertita davanti al tribunale. Considerando poi che il valore agricolo medio, utilizzabile nella fattispecie, non era stato contestato, la corte respinse la domanda.

Per la cassazione della sentenza, non notificata, i signori R. ricorrono con atto notificato in data 11 aprile 2005, con due mezzi d’impugnazione, illustrati anche con memoria.

Resiste il comune con controricorso notificato il 20 maggio 2005, e con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso si denunciano vizi di motivazione in punto di determinazione del valore agricolo del fondo. Si deduce che il primo consulente aveva riconosciuto la natura agricola del fondo, e ne aveva stimato il valore secondo i dettami della L. n. 865 del 1971. In tal modo, il primo consulente non aveva valorizzato l’edificabilità di fatto, ma aveva applicato il principio affermato da questa corte con la sentenza 12035 del 1991, e la contraria motivazione della corte territoriale sarebbe insufficiente o contraddittoria.

Il motivo è inammissibile, deducendo un preteso contrasto tra la ricostruzione, operata dal giudice di merito, del ragionamento sviluppato dal primo consulente tecnico nella sua relazione, e il contenuto effettivo della relazione medesima. La contraddittorietà della motivazione, deducibile come vizio di legittimità della sentenza a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è solo quella emergente dalla sentenza impugnata, e non quella che dovrebbe desumersi dal confronto del suo contenuto con gli elementi raccolti nel corso del giudizio. In questo caso, peraltro, l’omessa riproduzione nel ricorso, per esteso, del ragionamento del consulente non consente alla corte neppure di verificare il preteso contrasto.

Con il secondo motivo si denunciano vizi di motivazione della sentenza di rigetto della domanda, con riferimento al punto dell’impugnata sentenza nel quale si nega l’esistenza di contestazioni sul valore agricolo medio. Si riportano i passi dell’atto introduttivo del giudizio nei quali dovrebbe leggersi una tale contestazione.

Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha basato la sua decisione sulla premessa che gli attori avevano omesso di contestare non già il valore del suolo ritenuto dall’ente espropriante, ma il valore agricolo medio attribuibile al suolo in applicazione del criterio tabellare previsto dalla legge. I passi riprodotti nella parte introduttiva dello stesso ricorso in esame confermano l’esattezza di questa ricostruzione. Da essi emerge, infatti, che gli attori lamentavano il mancato riconoscimento aggiuntivo del soprasuolo costituito dagli alberi, e la mancata applicazione di parametri risarcitori applicabili in un diverso giudizio, ma estranei alla determinazione del valore agricolo medio.

In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 2.300,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

 

 

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