Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17680 del 07/09/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/09/2016, (ud. 01/06/2016, dep. 07/09/2016), n.17680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27057-2011 proposto da:

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A., in persona dei legali rappresentanti

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI

82, presso l’avvocato GREGORIO IANNOTTA, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

FALLIMENTO DELLA MACROFIL S.P.A., in persona del curatore Dott.

D.L.G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO CORRIDONI 4, presso l’avvocato GIUSEPPE MAZZUTI, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott.

ZOTTA Francesco di Rionero in Volture (PZ) – rep. N. 24210 del

20/05/16;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA I.B.M. S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1674/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SCLAFANI FRANCESCO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente ASSICURAZIONI GENERALI Spa, l’Avvocato

IANNOTTA ANTONELLO, con delega, che ha chiesto il rigetto del

ricorso e l’accoglimento del proprio ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato MAZZUTI GIUSEPPE che ha

chiesto il rigetto del ricorso e controricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Il Ministero delle attività produttive ha ammesso Marcofil S.p.A. e IBM Industria Baribbi Meridione S.p.A. alle agevolazioni previste dal combinato disposto della L. 14 maggio 1981, n. 219, artt. 32 e 21 di conversione con modificazioni del D.L. 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981: agevolazioni consistenti nella concessione di un contributo economico alle iniziative dirette alla realizzazione di nuovi stabilimenti industriali.

Successivamente lo stesso Ministero ha dichiarato la decadenza di entrambe le società dai menzionati benefici per non aver conservato per la durata di 10 anni la destinazione industriale degli stabilimenti realizzati e per non aver ottemperato all’obbligo di mantenere il livello occupazionale previsto. In dipendenza dalla dichiarata decadenza, poi, il Ministero ha escusso le polizze fideiussorie emesse a garanzia delle obbligazioni gravanti sulle società destinatarie delle agevolazioni da Assicurazioni Generali S.p.A., che ha rifiutato il pagamento.

2. – Assicurazioni Generali S.p.A. ha dunque agito in giudizio nei confronti del Ministero delle attività produttive nonchè del Fallimento Marcofil S.p.A. e del Fallimento IBM Industria Baribbi Meridione S.p.A. chiedendo accertarsi l’inesistenza del diritto del Ministero di escutere dette polizze, le quali, secondo la società assicuratrice, garantivano l’adempimento dell’obbligazione di realizzazione degli stabilimenti, non quella di mantenimento della loro destinazione e dei livelli occupazionali.

3. – Il Tribunale di Roma, pronunciando nel contraddittorio del Ministero, contumaci i due Fallimenti, ha rigettato la domanda, ritenendo che la delimitazione della garanzia alle sole obbligazioni di destinazione delle somme erogate a titolo di contributo per i fini della costruzione dello stabilimento non trovasse riscontro negli elementi istruttori acquisiti al giudizio.

4. – Assicurazioni Generali S.p.A. ha proposto appello, al quale il Ministero delle attività produttive ha resistito, mentre il Fallimento Marcofil S.p.A. vi ha aderito, nella contumacia del Fallimento IBM Industria Baribbi Meridione S.p.A..

5. – La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 18 aprile 2011, ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato che il Ministero delle attività produttive non aveva diritto di escutere le polizze fideiussorie in discorso essendosi estinte le garanzie per l’avvenuto adempimento da parte del debitore principale delle obbligazioni garantite. La Corte ha inoltre regolato di conseguenza le spese di lite.

Nella sentenza si afferma:

-) che le polizze fideiussorie richiamavano sia le disposizioni legislative dettate dalla L. 14 maggio 1981, numero 219, sia il disciplinare regolante l’erogazione del contributo concesso, che, in particolare, vi era indicato come destinato a regolare l’effettuazione di collaudi parziali al fine dello svincolo graduale della garanzia;

-) che la clausola contenuta nelle polizze fideiussorie, considerata unitamente alla L. n. 219 del 1981, artt. 21 e 32 rendeva evidente che dette polizze garantivano soltanto le attività per le quali i finanziamenti statali venivano concessi, e cioè la costruzione dello stabilimento industriale, la costituzione delle scorte e i crediti restitutori nascenti dalla eventuale mancata esecuzione delle predette attività;

-) che il massimale di polizza veniva calcolato esclusivamente in relazione all’entità del contributo anticipatamente concesso ed era gradualmente ridotto in relazione alla percentuale di opere eseguite e di scorte acquistate, riducendosi a zero una volta che tutte le opere fossero state costruite e tutte le scorte acquistate;

-) che, per converso, la decadenza del contributo era prevista solo nel caso di mancata ultimazione degli impianti nei termini previsti, mentre nessuna disposizione convenzionale prevedeva una decadenza in caso di successiva chiusura dello stabilimento ovvero dichiarazione di fallimento;

-) che, in definitiva, l’oggetto delle polizze fideiussorie era delimitato alla garanzia degli obblighi di costruzione dello stabilimento e degli impianti, di costituzione delle scorte, di pagamento da parte dell’imprenditore della quota di spese sullo stesso gravante.

6. – Per la cassazione di tale sentenza il Ministero dello sviluppo economico ha proposto ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria.

Assicurazioni Generali S.p.A. e Fallimento Marcofil S.p.A. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato memoria.

Il Fallimento IBM Industria Baribbi Meridione S.p.A. non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

7. – Il ricorso contiene tre motivi.

7.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, artt. 32 e 21 e/o travisamento del contenuto e della funzione del disciplinare e del suo ruolo nell’economia della fideiussione ad esso correlata, comunque violazione e/o falsa applicazione, in punto delle regole di ermeneutica contrattuale (segnatamente ex artt. 1362, 1363 e 1369 c.c.). Motivazione mancante e/o comunque carente e contraddittoria sul punto”.

Secondo il Ministero ricorrente, l’ordine di idee manifestato dalla Corte d’appello recherebbe il travisamento non solo del dato testuale del negozio di garanzia, ma anche della ratio del quadro dei pubblici interventi previsti dalla L. n. 219 del 1981 in cui andava ad inquadrarsi il disciplinare richiamato nella polizza fideiussoria: l’erogazione di pubblico denaro previsto da tale legge sarebbe – sostiene il ricorrente – finalizzato allo sviluppo di un determinato comparto industriale nelle relative aree geografiche, il che la Corte territoriale non avrebbe considerato, dando luogo ad una lettura decontestualizzata del ventaglio di obbligazioni discendenti dal negozio di garanzia.

La menzionala legge, in altri termini, porrebbe precetti diretti a favorire lo sviluppo di reali e durature iniziative industriali, non certo la mera percezione dei contributi ancorati alla sola realizzazione dello stabilimento industriale.

Sicchè, avuto riguardo al tenore del disciplinare, sarebbe occorso senz’altro parametrare l’obbligazione di garanzia non certo alla pura e semplice realizzazione di capannoni, la qual cosa, del resto, emergerebbe anche dall’applicazione della regola ermeneutica dettata dall’art. 1329 c.c., che impone di attribuire al contratto il senso più conveniente alla natura e all’oggetto del medesimo.

7.2. – Il secondo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, artt. 32 e 21 in relazione al contenuto e funzione della fideiussione. Violazione e/o falsa applicazione delle norme che regolano tale fideiussione “a prima richiesta”. Motivazione mancante, e/o comunque carente e contraddittoria sul punto”.

Sostiene il Ministero ricorrente che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto dell’art. 5, comma 1, delle condizioni generali di assicurazione, che conteneva la clausola di garanzia a prima richiesta, così dando luogo ad una fattispecie di contratto autonomo di garanzia e impedendo al garante di far valere ogni eccezione basata sul rapporto sottostante, tanto più che l’art. 6 della medesima polizza prevedeva l’impegno del contraente a rimborsare alla società assicuratrice tutte le somme da questa versate in forza dalla polizza all’avente diritto.

7.3. – Il terzo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, artt. 32 e 21 in particolare relazione alla durata della garanzia fideiussoria. Motivazione mancante e/o comunque carente e contraddittoria sul punto”.

Afferma il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe considerato l’art. 2 delle condizioni di polizza, il quale prevedeva il permanere dell’obbligazione di garanzia fino al momento della liberazione del contraente.

8. – Il ricorso è inammissibile.

I motivi, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, sono inammissibili.

Ed infatti, in disparte la carenza del requisito di autosufficienza, dal momento che il ricorso concerne la correttezza dell’interpretazione data dalla Corte d’appello al negozio di garanzia ed al disciplinare da esso richiamato, senza che il contenuto della polizza fideiussoria sia stato trascritto (se non in una parte delle premesse ed in parte degli artt. 5 e 6), è agevole osservare che il complesso delle censure spiegate mira ad una complessiva rivalutazione degli esiti interpretativi motivatamente raggiunti dal giudice di merito ed alla sostituzione di essi con una diversa interpretazione più favorevole al Ministero ricorrente.

Com’è noto, ove venga denunciato un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una dichiarazione negoziale da parte del giudice del merito, la parte non può limitarsi a richiamare genericamente le regole legali di cui all’art. 1362 c.c. e ss. nè contrapporre assiomaticamente a quella accolta dal giudice a quo una tesi interpretativa diversa, ma deve specificare i canoni ermeneutici in concreto violati nonchè il punto ed il modo in cui il giudice si sia da essi discostato. Diversamente la critica della ricostruzione della volontà contrattuale operata dal giudice si riduce a contrapporre all’interpretazione data dal giudice la diversa interpretazione sostenuta dalla parte, investendosi in tal modo il merito delle valutazioni del giudice stesso con censura inammissibile (Cass. 11 maggio 2009, n. 10753; Cass. 19 dicembre 2012, n. 23470; Cass. 25 marzo 2013, n. 7476).

Nel caso in esame, la Corte d’appello ha compiuto una complessiva e soddisfacente analisi del dato negoziale, almeno per quanto attiene agli elementi istruttori considerati, ponendo in evidenza che le polizze fideiussorie richiamavano sia le pertinenti disposizioni dettate dalla L. 14 maggio 1981, n. 219, sia il disciplinare di erogazione del contributo, evidenziando che il combinato disposto dell’art. 6 del disciplinare e degli artt. 32 e 21 citata legge rendevano manifesto che le polizze erano destinati – a garantire l’esecuzione delle attività a fronte delle quali il finanziamento statale era stato concesso, ossia alla costruzione dello stabilimento industriale e la costituzione delle scorte.

Nel pervenire a tale conclusione la Corte d’appello ha valorizzato la circostanza che il massimale di polizza veniva calcolato in relazione all’entità del contributo anticipatamente concesso e che detto massimale era destinato gradualmente a ridursi man mano che le opere di realizzazione dell’impianto industriale venivano portate a compimento, riducendosi a zero con l’integrale costruzione dell’impianto e l’acquisto delle necessarie scorte.

La Corte territoriale, inoltre, non ha mancato di considerare che la L. n. 219 del 1981, art. 11 menzionava lo scopo del ripristino dell’originario numero di occupati e l’art. 32 i1 raggiungimento di un predeterminato numero di nuovi occupati, ma ha ritenuto che tale previsione normativa non fosse entrata a far parte del contenuto del negozio di garanzia, essendo il contributo e dunque la corrispondente garanzia – concesso per la costruzione degli stabilimenti e la costituzione delle scorte e non per il successivo svolgimento dell’attività di impresa.

A fronte di ciò il Ministero ha in buona sostanza semplicemente evidenziato la complessiva finalità della L. n. 219 del 1981, diretta a favorire la stabile diffusione di insediamenti industriali, e non la semplice (Ndr: testo originale non comprensibile) di stabilimenti, finalità che senza dubbio la norma perseguiva ma che, d’altronde, la Corte d’appello non ha affatto negato, ritenendo tuttavia che detta finalità non incidesse sull’estensione dell’obbligazione di garanzia, ancorata all’obbligazione del beneficiario del contributo statale di portare a termine la realizzazione dell’insediamento.

Non v’è perciò dubbio che, come si premetteva, la prospettazione del ricorrente, lungi dallo specificare i canoni ermeneutici in concreto violati nonchè il punto ed il modo in cui il giudice si sarebbe da essi discostato, si risolve nella semplice contrapposizione di una propria lettura delle polizze fideiussorie a quella motivatamente adottata dal giudice di merito.

Nè a conclusioni diverse può pervenirsi in ragione del carattere dell’obbligazione di garanzia, che, secondo il ricorrente, avrebbe natura di garanzia a prima richiesta e, dal punto di vista temporale, sarebbe rimasta in vita in mancanza della liberazione delle due Società beneficiarie delle agevolazioni.

Al di là del fatto che tali argomenti non risultano menzionati nella sentenza di appello, nè dal ricorso risulta quando essi fossero stati allegati a sostegno della tesi sostenuta dall’amministrazione, la quale risulta così essere completamente nuova e conseguentemente inammissibile, è nuovamente di tutta evidenza come tali aspetti non implichino, tantomeno di necessità, alcun diverso risultato interpretativo in ordine alla latitudine dell’obbligazione di garanzia, che la Corte territoriale ha posto il collegamento con l’obbligazione delle due società di rendere operativimenti gli stabilimenti realizzati col contributo statale.

Vale per completezza osservare che non potrebbero essere invocati, contro gli argomenti fino ad ora svolti, alcuni precedenti in cui, in controversie sovrapponibili a quella oggi in esame, il giudizio si è concluso con un esito sostanzialmente capovolto: in particolare, di recente, Cass. n. 13091 del 2015 e Cass. n. 12917 del 2014 (ma, in quest’ultima, pare che il fatto fosse diverso, giacchè l’amministrazione aveva lamentato non già la cessazione dell’attività dopo la realizzazione dello stabilimento, bensì che “la iniziativa industriale non risulta realizzata”).

In entrambi i casi, difatti, le Corti di appello investite della controversia avevano accolto la tesi dell’amministrazione, ed i successivi ricorsi per cassazione proposti dalle società assicuratrici sono stati disattesi per inammissibilità delle doglianze ovvero perchè esse miravano ad una rivalutazione dell’interpretazione delle clausole contrattuali già interpretate dalle corti di merito. Sicchè, in realtà, l’esito contrastante dei giudizi rientra nel fisiologico congegno di funzionamento del ricorso per cassazione, che non ha ad oggetto diretto il merito della controversia, ma si atteggia quale giudizio anzitutto rescindente sulla sentenza impugnata negli stretti limiti segnati dai motivi di censura.

9. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore di Assicurazioni Generali S.p.A. e del Fallimento Marcofil S.p.A., delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate, quanto ad ognuno di tali controricorrente, in Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2016

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