Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17679 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. I, 29/08/2011, (ud. 30/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., I.G., M.P., B.

L. e R.P., tutti elettivamente domiciliati in Roma,

Foro Traiano 1/A, presso lo studio Satta & Associati,

rappresentati e

difesi dagli avvocati Satta Filippo, Anna Romano e Aldo Marchetti per

procura in atti,

– ricorrenti –

contro

SEAP s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Largo Messico 7, presso lo studio

Tedeschini, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Tedeschini

e Pugliano Pierpaolo Salvatore per procura in atti;

– controricorrente –

G.L., elettivamente domiciliato in Roma, Largo Messico

7, presso lo studio Tedeschini, rappresentato e difeso dagli avvocati

Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano per procura in

atti;

– controricorrente –

e

COMUNE DI PIEVE TORINA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Largo Messico 7, presso lo studio

Tedeschini, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Tedeschini

e Pierpaolo Salvatore Pugliano per procura in atti,

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 82/2010, in

data 5 marzo 2010, nel procedimento n. 1253/2009 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30

giugno 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

uditi, per i ricorrenti, l’avv. Anna Romano, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso, e, per i controricorrenti, l’avv.

Pierpaolo Salvatore Pugliano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale,

Dott.ssa CESQUI Elisabetta, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 5 marzo 2010, ha rigettato l’appello proposto da M.A., G. I., M.P., B.L. e R.P. avverso la sentenza in data 21 ottobre 2009, con la quale il Tribunale di Camerino aveva respinto il ricorso dai medesimi proposto D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 70, quali cittadini elettori e consiglieri di minoranza del Comune di Pieve Torina, nei confronti di G.L., del Comune di Pieve Torina e della Seap s.r.l. e con il quale avevano chiesto la declaratoria di decadenza del G. dalla carica di Sindaco del suddetto Comune, alla quale era stato eletto all’esito delle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009 e a seguito di delibera di convalida del Consiglio comunale del 22 giugno 2009, trovandosi il medesimo in una situazione d’ineleggibilità ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 10 e/o n. 11, in quanto, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione delle liste e fino al momento della elezione, egli aveva rivestito la qualifica di amministratore unico e legale rappresentante della Seap s.r.l., deputata all’erogazione di servizi pubblici locali, con unico socio il Comune di Pieve Torina.

2. La Corte di merito ha rigettato l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

a) il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, nn. 10 e 11, prevede l’ineleggibilità a sindaco dei legali rappresentanti e dirigenti di società per azioni con capitale superiore al 50% del comune, nonchè degli amministratori e dei dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente dal comune, ma non fa riferimento alla società a responsabilità limitata, che non può essere assimilata alla società per azioni, nè ad istituto, consorzio o azienda;

b) l’interpretazione di tale norma va effettuata sulla base del principio, desumibile dall’art. 51 Cost., secondo cui l’eleggibilità è la regola e l’ineleggibilità l’eccezione e le norme contenenti cause d’ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto di elettorato passivo, sono di stretta interpretazione;

c) è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 60, comma 1, nn. 10 e 11, che costituisce espressione di una scelta rientrante nella discrezionalità del legislatore, non confliggente in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, considerate le differenze esistenti tra la società a responsabilità limitata e la società per azioni, essendo quest’ultima caratterizzata da una molteplicità degli azionisti, con conseguente possibilità di influenza da parte dell’amministratore o del rappresentante su di un più vasto numero di elettori.

3. I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, a cui hanno resistito con controricorso il G., il Comune di Pieve Torina e la Seap s.r.l.

I ricorrenti e i controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 10, nonchè omessa motivazione con riferimento agli artt. 2462 ss. e artt. 2325 ss. c.c., e deducono che la norma citata deve essere applicata indistintamente a tutte le società di capitali e in particolare anche alla società a responsabilità limitata, non essendovi differenze tra i poteri degli amministratori di s.p.a. e quelli degli amministratori di s.r.l. e considerato che tale secondo tipo di società non è soggetto ad alcun regime deputato a impedire l’uso distorto di tali poteri da parte degli amministratori nei confronti degli elettori.

Con il secondo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 11, si deduce che le società partecipate come la Seap sono in toto sovrapponibili al vecchio modello dell’azienda speciale municipalizzata di cui al r.d.

1925/2578, costituendo un plesso organizzativo dell’ente locale privo di autonomia imprenditoriale e di capacità decisionale distinta da quella dell’ente stesso.

5. Va primo luogo rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso per cassazione, sollevata dai controricorrenti per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 83, comma 2. Infatti, in materia di contenzioso elettorale, le disposizioni di cui al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82, comma 3, e art. 82 bis, comma 2,secondo le quali il ricorso va notificato alle controparti, unitamente al decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, dopo il suo deposito presso la cancelleria del giudice adito, non si applicano al giudizio di cassazione, nel quale la comunicazione di tale decreto deve essere effettuata dalla cancelleria a norma dell’art. 377 c.p.c., atteso che, in riferimento a tale giudizio, l’art. 82 ter del citato decreto prevede solo la fissazione dell’udienza in calce al ricorso già notificato (Cass. 2009/16052; 2010/6626).

6. Il primo motivo del ricorso è fondato.

In base al disposto del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 10 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale “i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario rispettivamente del comune e della provincia”.

La citata disposizione riproduce quanto già previsto, per i medesimi uffici e per quello di consigliere regionale, dalla L. 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, comma 1, n. 10.

Con riferimento alla disposizione da ultimo richiamata, questa Corte, con sentenza n. 12563 del 24 maggio 2010, ha affermato il seguente principio: “La L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 10, a norma del quale non sono eleggibili a consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale i rappresentanti legali ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della regione, della provincia e del comune, mira a prevenire una possibile incidenza sulla libertà di voto da parte di chi già rivesta un ruolo influente, tale da arrecare un “vulnus” alla “par condicio” con gli altri candidati; pertanto, non rileva la forma specifica assunta dalla società di capitali nella cui organizzazione il candidato si trovi inserito, poichè nessuna incidenza ha tale forma sul potere d’influenza che l’amministratore della società regionale può esercitare per avvantaggiarsi nella competizione elettorale. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto non ricorrere la situazione d’ineleggibilità in capo ad un consigliere di amministrazione di una società consortile a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria della regione)”.

Ritiene il collegio di condividere e di ribadire in questa sede il principio sopra enunciato, pur tenendo conto delle considerazioni critiche svolte dai controricorrenti nelle difese in atti, che non inducono a differenti conclusioni.

6.a. Al riguardo i controricorrenti affermano che:

– le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione, non essendo in tale materia consentita l’interpretazione analogica; l’art. 12 preleggi ancora l’attività dell’interprete alla lettera della legge, attraverso la cosiddetta interpretazione letterale e facendo riferimento all’intenzione del legislatore riconosce e legittima l’interpretazione sistematica e logica, che, muovendo dall’intero sistema normativo vigente (e non solo dalla singola norma) giunge a ricostruire la ratio legis e quindi la finalità sociale o economica di una determinata norma giuridica;

– le fattispecie concrete devono essere valutate esclusivamente alla luce della specifica disciplina dettata per la loro regolazione;

– occorre evitare che, per effetto di un’interpretazione asseritamente estensiva o ragionevole delle norme che limitano il diritto di elettorato passivo, si finisca per ricomprendere in tali limitazioni fattispecie che sono invece estranee;

– la limitazione alle società per azioni della causa di ineleggibilità prevista dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 10, si giustifica con la considerazione che tale tipo di società è il modello societario più importante nell’attuale realtà economica, sia per la sua ampia diffusione, sia perchè costituisce la forma scelta dalle imprese di medie e grandi dimensioni;

– il legislatore ha avuto cura di distinguere ipotesi normative riguardanti ogni tipo di società di capitali da quelle, come la fattispecie in esame, concernenti soltanto le società per azioni; in particolare, l’art. 113 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali prevede espressamente che “… 4. qualora sia separata dall’attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono: a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali… 5.

L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione Europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali…”; è evidente pertanto che il legislatore, facendo riferimento nel medesimo testo legislativo, una volta (art. 60, comma 1, n. 10) alla società per azioni, e altra volta (art. 113), alle società di capitali in genere, ha voluto regolare diversamente le due fattispecie e questo non consente di interpretare il riferimento alla società per azioni contenuto nell’art. 60 nel senso che esso sia estensibile anche alla società a responsabilità limitata, atteso che, quando ha voluto far riferimento indifferentemente all’uno o all’altro tipo societario, lo stesso legislatore ha fatto uso del termine generale di società di capitali.

6.b. Tali considerazioni difensive sono prive di fondamento e vanno di conseguenza disattese.

Le cause di ineleggibilità, quale quella contestata nella causa di specie, sono stabilite allo scopo di garantire la eguale e libera espressione del voto, tutelata dall’art. 48 Cost. (“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”), rispetto a qualsiasi possibilità, di captatio benevolentiae esercitabile da, o nei confronti, del candidato, o di metus potestatis nei confronti dello stesso, tali da arrecare un vulnus alla par condicio con gli altri candidati (Cass. 2006/22280; 2010/12563). La loro violazione determina l’invalidità della elezione del soggetto ineleggibile, il quale non abbia tempestivamente rimosso la relativa causa.

Il fondamento costituzionale della previsione delle cause di ineleggibilità alla carica di amministratore locale sta, oltrechè nell’art. 48 Cost., nell’art. 51, comma 1, giusta il quale “tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere… alle cariche elettive, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”: il che significa che il diritto di accesso alle cariche elettive non è incondizionato, ma si realizza e può essere esercitato solo in presenza di detti requisiti.

In ogni caso il diritto di elettorato passivo – quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra quelli “inviolabili”, riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost. – può essere unicamente disciplinato da leggi generali che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali (quali quelli, ad es., tutelati dal citato art. 48 o dall’art. n. 97 Cost., comma 1), con la conseguenza che – fermo il divieto di interpretazione analogica in materia di cause di ineleggibilità, le relative disposizioni possono tuttavia essere interpretate, nel rispetto del canone della ragionevolezza, in senso “estensivo” rispetto alla mera interpretazione letterale della norma.

6.c. Venendo al caso in esame, non v’è dubbio alcuno che non rileva la forma specifica assunta dalla società di capitali di cui il candidato sia il legale rappresentante, perchè nessuna incidenza ha tale forma sul potere di influenza che il legale rappresentante stesso può esercitare per avvantaggiarsi nella competizione elettorale. La ratio legis non ammette dunque una distinzione tra società per azioni e società a responsabilità limitata, ma impone di considerare estensibile a entrambi i tipi di società la causa di ineleggibilità prevista dalla L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 10.

Questa interpretazione non è incompatibile con la natura eccezionale delle norme limitative del diritto di elettorato passivo, perchè si tratta appunto di un’interpretazione solo estensiva del significato effettivo della norma in discussione. “Poichè, come s’è detto, la ratio della norma in esame è quella di prevenire un’incidenza sulla libertà di voto, ne consegue che la fattispecie dell’esercizio di un potere, idoneo a vulnerare le condizioni di parità dei candidati nella competizione elettorale, è identica quale che sia la forma della società di capitali in cui il potere può essere esercitato” (Cass. 2010/12563).

6.d. Non può neppure condividersi l’assunto dei controricorrenti ed enunciato anche dai giudici di merito, secondo cui – con riferimento all’art. 113 del Testo unico delle leggi sul l’ordinamento degli enti locali, che fa riferimento genericamente alle società di capitali – “se in un disposto normativo non è stata espressamente prevista una fattispecie, mentre in altro disposto della stessa legge si è dettata una disciplina più ampia (quando si parla genericamente di società di capitali), si deve presupporre che il legislatore abbia voluto diversamente normare le due fattispecie, in quanto ritenute meritevoli di diversa disciplina”. In realtà, proprio il richiamato disposto dell’art. 113 citato dimostra che, ai fini della gestione di servizi pubblici locali, il legislatore, facendo generico e complessivo riferimento alle società di capitali, ha equiparato, ai fini della gestione di detti servizi pubblici, la società a responsabilità limitata alla società per azioni, così fornendo un fondamento testuale alle ragioni sistematiche che sono alla base della estensione al legale rappresentante di una società a responsabilità limitata della causa di ineleggibilità prevista letteralmente dall’art. 60, n. 10, soltanto per le società per azioni.

Non appare in ciò configurabile una qualche forzatura del tessuto costituzionale, posto che il principio della par condicio elettorale è anch’esso di rango costituzionale e che, sotto tale aspetto, sarebbe semmai dubbia la conformità alla Costituzione di un’interpretazione della norma che, del tutto irragionevolmente, ravvisasse una causa di ineleggibilità a carico del legale rappresentante di una società per azioni e non anche di una società a responsabilità limitata, malgrado la sostanziale equiparazione tra i due tipi societari effettuata nello stesso D.Lgs. n. 267 del 2000, ai fini della gestione di un servizio pubblico locale e benchè le ragioni dell’ineleggibilità risiedano nel rischio dell’uso strumentale del potere di controllo esercitato sulla società – e perciò presenti in entrambe le ipotesi – al fine di influire indebitamente sulla competizione elettorale, alterando la par condicio tra i vari candidati con l’esercizio di una captatio benevolentiae o di un metus publicae potestatis nei confronti degli elettori.

Le considerazioni che precedono conducono all’accoglimento del primo motivo di ricorso, restando assorbita da tale accoglimento la seconda censura e dovendosi altresì escludere, alla stregua di quanto fin qui osservato, la sussistenza dei presupposti ex art. 374 c.p.c. per la pronuncia da parte di questa Corte a sezioni unite, come invece richiesto dai controricorrenti.

7. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata in relazione alla censura accolta. Considerato che nei ricorsi in materia elettorale la Corte di cassazione è giudice non solo di legittimità, ma anche di merito, potendo procedere all’esame e al riesame diretto degli atti, indipendentemente dalla valutazione che ne ha fatto il giudice di appello, disponendo la stessa Corte, in tale ambito, di poteri di diretta cognizione dei fatti di causa, con facoltà di esame degli stessi, nell’ambito delle risultanze probatorie già acquisite nei precedenti gradi del giudizio (Cass. 2004/14199; 2006/10054; 2007/15026), la causa va decisa nel merito, previo accertamento dell’eventuale, tempestiva rimozione della causa d’ineleggibilità.

Secondo quanto prevede il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60 la causa d’ineleggibilità prevista dal n. 10 della stesso norma non ha effetto se l’interessato cessa dalle funzioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature (comma 3); la pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta e, ove l’amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione (comma 5), fermo restando che la cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito (comma 6).

8. Nel caso di specie il termine ultimo per presentare le candidature era il 9 maggio 2009. Il G. ha dedotto nel proprio controricorso di essersi tempestivamente dimesso dalla carica di amministratore unico della Seap s.r.l. il 2 maggio 2009 e che tali dimissioni dovevano ritenersi comunque pienamente efficaci, anche in caso di inerzia dell’Amministrazione comunale, dal 7 maggio 2009, ai sensi del disposto del citato art. 60, comma 5, a nulla rilevando che la dichiarazione di dimissioni da lui presentata non sia stata protocollata, atteso che le dimissioni esauriscono il loro effetto costitutivo nel momento in cui sono consegnate all’amministrazione, mentre la successiva protocollazione può avere soltanto effetti dichiarativi nei confronti dei terzi.

Il collegio ritiene tuttavia che le risultanze documentali acquisite agli atti di causa non consentono di ritenere che il G. abbia adempiuto all’onere, su di lui gravante (Cass. 2007/15026;

2010/12653), di provare la tempestività ed effettività delle proprie dimissioni.

La lettera di dimissioni prodotta dal resistente nel giudizio di merito è indirizzata al Comune di Pieve Torina e non alla s.r.l.

Seap e, mancando ogni attestazione di protocollazione in entrata da parte della società, non vi è prova che le dimissioni dell’amministratore unico siano mai pervenute alla società amministrata. Detta lettera di dimissioni reca in calce un’attestazione di ricevuta in data 2 maggio 2009 scritta a mano, accompagnata da una sottoscrizione illeggibile e da un timbro del Comune di Pieve Torina, ma tale attestazione, anch’essa non accompagnata da protocollazione in entrata, deve ritenersi priva di data certa in ordine alla decorrenza delle dimissioni e comunque provenendo, anche secondo l’assunto dello stesso G., dal Comune di Pieve Torina e non dalla società Seap non è idonea a comprovare la effettività delle dimissioni dell’amministratore unico nei confronti della società da lui amministrata.

Non rileva a questo proposito l’esito del processo penale celebrato davanti al Tribunale di Camerino a carico del G. e di R.M.F., segretario comunale di Pieve Torina, quale imputati, in concorso tra loro, del delitto di cui agli artt. 110 e 479 c.p., per falsa attestazione circa la ricezione delle dimissioni del G. il 2 maggio 2009, trattandosi di pronuncia che vale ad escludere la responsabilità penale degli imputati, ma non fornisce decisivi e nuovi elementi di giudizio in ordine alla effettività e alla decorrenza delle dimissioni del G..

9. Altri elementi acquisiti al processo non si conciliano con l’assunto secondo cui il G. sarebbe stato dimissionario dalla carica di amministratore unico della Seap sin dal 2 maggio 2009. In particolare, dal verbale dell’assemblea ordinaria dei soci di detta società in data 9 giugno 2009, avente all’ordine del giorno le dimissioni dell’amministratore unico e la nomina del nuovo amministratore, risulta che l’assemblea medesima è stata presieduta, a norma di statuto, dal G. nella sua qualità di amministratore unico della società.

E’ stata inoltre documentata l’assunzione a tempo determinato, nelle date del 6 e del 7 maggio 2009, di tre dipendenti ( D. G., V.M. e C.M.), con ratifica dell’assunzione sottoscritta dal nuovo amministratore il 10 giugno 2009. Osserva al riguardo il collegio che, se le assunzioni risalgono al 6-7 luglio, le stesse non possono che essere state effettuate dal G., quale precedente amministratore unico e legale rappresentante della società non ancora sostituito nell’incarico.

Tali documentate circostanze comprovano che il G. ha continuato a esercitare le funzioni di amministratore unico della società Seap anche dopo la data del 2 maggio 2009 e fino al 9 giugno dello stesso anno. In base a quanto precede deve concludersi che risulta accertata la mancata rimozione della causa di ineleggibilità riguardante il G., il quale deve di conseguenza essere dichiarato decaduto dalla carica di Sindaco del Comune di Pieve Torina.

L’opinabilità, al momento della presentazione del ricorso elettorale, della questione controversa, essendo stata la sentenza di questa Corte n. 12653/2010 pubblicata successivamente, giustifica la totale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accerta la ineleggibilità di L. G. alla carica di Sindaco del Comune di Pieve Torina e dichiara il medesimo decaduto da detta carica. Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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