Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17674 del 02/07/2019
Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 02/07/2019), n.17674
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24099/2015 R.G. proposto da:
IN.CI. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Stefano Cremaschi, Emanuele
Belardi e Laura Tricerri, con domicilio eletto in Roma presso lo
studio di quest’ultima, via Cosseria, n. 5;
– ricorrente –
contro
T.M., domiciliata, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2,
presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e
difesa dall’Avv. Massimiliano Barbanera;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 216 del Tribunale di Siena, pubblicata il 26
settembre 2015.
Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere
Dott. Cosimo D’Arrigo;
letta la sentenza impugnata;
letto il ricorso, il controricorso e le memorie depositate ai sensi
dell’art. 380-bis-1 c.p.c..
Fatto
RITENUTO
La IN.CI. s.r.l. si aggiudicava, all’esisto di un’asta giudiziaria svoltasi innanzi al Tribunale di Montepulciano, un complesso immobiliare pignorato a T.M.. Successivamente, in forza del decreto di trasferimento, agiva nei confronti della T. per il rilascio dell’immobile.
La debitrice occupante, con ricorso ex art. 615 c.p.c., comma 2, proponeva opposizione, chiedendo la sospensione della procedura esecutiva.
Il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza. Il Collegio, in sede di reclamo, disponeva la sospensione inaudita altera parte, per poi revocare tale provvedimento con l’ordinanza conclusiva dell’impugnazione cautelare. La successiva fase di merito, instaurata ai sensi dell’art. 616 c.p.c., dalla debitrice T., si concludeva con il rigetto dell’opposizione.
Stante la sospensione disposta – in via provvisoria – dal collegio del reclamo, l’aggiudicataria IN.CI. s.r.l. notificava, ai sensi dell’art. 608 c.p.c., un nuovo avviso di rilascio dell’immobile.
La T. proponeva opposizione agli atti esecutivi. In accoglimento della domanda, il Tribunale di Siena (divenuto competente a seguito della soppressione del Tribunale di Montepulciano) dichiarava l’inefficacia del nuovo avviso di rilascio, in quanto notificato quando l’atto di precetto era ormai divenuto inefficace per decorrenza del termine di cui all’art. 481 c.p.c.. Ha altresì condannato la IN.CI. s.r.l. al pagamento in favore della T., ai sensi dell’art. 96 c.p.c., della somma di Euro 100.000,00 a titolo di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, oltre al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale pronuncia la IN.CI. s.r.l. ha proposto ricorso straordinario per cassazione affidato a sei motivi di ricorso. La T. ha resistito con controricorso.
La IN.CI. s.r.l. ha depositato memorie difensive.
Diritto
CONSIDERATO
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 481 e 608 c.p.c., nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la contraddittorietà della pronuncia impugnata.
In particolare, la società ricorrente censura la decisione, impugnata nella parte in cui ha dapprima riconosciuto che l’esecuzionè inizia con la notifica del preavviso di rilascio d’immobile di cui all’art. 608 c.p.c., per poi tuttavia concludere che, nel caso di specie, l’esecuzione non fosse ancora iniziata, con conseguente necessità di rinnovare l’atto di precetto.
Il motivo è manifestamente fondato.
Trova applicazione, infatti, il principio di diritto – ripetutamente affermato da questa Corte – secondo cui, in tema di procedura esecutiva per consegna o rilascio, il preavviso prescritto dall’art. 608 c.p.c., esaurisce, con la notifica, il suo scopo di preavvertire l’esecutato del prossimo inizio dell’azione esecutiva, al fine di consentirgli l’adempimento spontaneo e di essere, comunque, presente all’immissione in possesso del creditore procedente, sicchè non sussiste un obbligo di nuovo avviso in caso di sospensione dell’esecuzione già iniziata con un primo accesso e successivamente ripresa (Sez. 6-3, Ordinanza n. 22441 del 27/10/2011, Rv. 620282-01; Sez. 3, Sentenza n. 10566 del 09/05/2007, Rv. 597793-01; Sez. 3, Sentenza n. 10882 del 19/10/1995, Rv. 494280-01).
In applicazione di tali principi, la IN.CI. s.r.l. non solo non aveva alcun onere di rinnovare la notificazione dell’atto di precetto – la cui eventuale sopravvenuta inefficacia dunque non aveva nessuna importanza – ma, addirittura, non era tenuta neppure ad un secondo avviso ex art. 608 c.p.c..
In realtà, il tribunale si è fatto carico di tale giurisprudenza, ma ha escluso che il principio potesse trovare applicazione nel caso di specie, in quanto prima della sospensione non vi era stato alcun accesso dell’ufficiale giudiziario; condizione, quest’ultima, ritenuta necessaria per esonerare la società procedente dalla rinnovazione della notificazione del precetto.
Sul punto il Tribunale osserva: “il primo accesso vi è stato il 3 agosto 2011 e nel relativo verbale si legge che è presente la T.M. e “non potendo procedere al rilascio forzato, stante l’assenza di parte istante e la mancanza di forza pubblica…”. Il primo accesso è stato rinviato per assenza della parte istanza al 29.9.2011 e di seguito al 28.10.2011 (data rientrante nel periodo di sospensione disposta dal Collegio) e quindi il 21.2.2012, previa notifica del II avviso ex art. 608″.
Questa motivazione è errata in diritto, illogica e contraddittoria.
In diritto, l’errore consiste nell’aver ritenuto che la presenza dell’istante e della forza pubblica costituiscano condizione per ritenere che vi sia stato un regolare accesso dell’ufficiale giudiziario. Al contrario, l’accesso del solo ufficiale giudiziario (senza la presenza dell’istante, non richiesta dalla legge, e senza l’ausilio della forza pubblica) è già, di per sè, sufficiente a dare inizio dell’azione esecutiva e consentire l’occupante, per evitare l’intervento della forza pubblica, di rilasciare spontaneamente l’immobile. Risulta quindi pienamente soddisfatta la condizione ricorrendo la quale la citata giurisprudenza di questa Corte esonera il creditore procedente dalla rinnovazione dell’avviso di cui all’art. 608 c.p.c. (e, a fortiori, dell’atto di precetto).
D’altro canto, che l’azione esecutiva ha inizio con la notificazione dell’avviso di cui all’art. 608 c.p.c., comma 1, lo prevede testualmente la medesima disposizione, così come modificata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, come modificato dal D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito con modificazioni dalla L. 17 agosto 2005, n. 168.
Previa riqualificazione della censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione impugnata merita di essere cassata anche perchè illogica. Essa, infatti, nel ritenere insufficiente il semplice accesso dell’ufficiale giudiziario, peraltro ritualmente verbalizzato, finisce col sottintendere che la condizione per la quale non sarebbe occorso rinnovare la notificazione dell’avviso ex art. 608 c.p.c. – e quindi, a maggior ragione, dell’atto di precetto – si identifica nel completamento, anche per il tramite della forza pubblica, dello sgombero dell’immobile. Ma, se così fosse, è evidente che il problema della rinnovazione dell’avviso neppure si porrebbe, essendo oramai conseguito il risultato preso di mira dal creditore procedente.
Infine, la sentenza risulta anche contraddittoria nella parte in cui, inevitabilmente, qualifica più volte come “primo accesso” l’attività verbalizzata dall’ufficiale giudiziario in data 3 agosto 2011 e, ciò nonostante, afferma che l’esecuzione non era ancora iniziata per non esservi stato alcun accesso.
Tali gravi vizi logici impediscono di considerare adempiuto l’obbligo di motivazione imposto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, del quarto, del quinto e del sesto motivo.
Il terzo motivo è relativo al capo della sentenza impugnata di condanna della IN.CI. s.r.l. per responsabilità processale aggravata, che è sostanzialmente dipendente dall’accoglimento dell’opposizione proposta dalla T.. Pertanto, cassata la sentenza in relazione al capo principale, va disposta la cassazione anche del capo dipendente.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, è possibile decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, rigettando l’opposizione della T. in quanto manifestamente infondata.
Nella liquidazione delle spese processuali, che seguono la soccombenza, occorre applicare la maggiorazione prevista dal D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, art. 4, comma 8.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione agli atti esecutivi. Condanna T.M. al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 13.400,00, e del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 17.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019