Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17666 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. III, 25/08/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 25/08/2020), n.17666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30164-2018 proposto da:

M.A., MA.AN., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA ASIAGO N 9, presso lo studio dell’avvocato MICHELE PONTECORVO,

che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

CANNIZZARO;

– ricorrenti –

contro

UGF BANCA SPA, GIA’ UNIPOL BANCA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 408/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CANNIZZARO FRANCESCO;

udito l’Avvocato VALTER PECORARO, per delega.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 10 giugno 2011, UGF Banca S.p.A. (già Unipol Banca S.p.A.) evocava in giudizio C.R. e Ma.An., in proprio e C.R. e M.E., quali genitori esercenti la responsabilità di genitoriale sulla figlia minore A., per sentir dichiarare la simulazione della donazione del 16 ottobre 2008 effettuata da C.R. in favore delle figlie (al tempo) minori, An. e M.A. ovvero l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. Si trattava del trasferimento di un appartamento ricevuto da C.R. in eredità dalla madre e donato alle minori in esecuzione della volontà testamentaria, ma la donazione era intervenuta in epoca successiva al rilascio di un garanzia fidessiussoria da parte della donante in favore della banca a garanzia degli obblighi pecuniari assunti dalla società JDAP Srl di cui era amministratrice.

2. Si costituiva M.E. contestando le domande ed evidenziando che la donazione aveva avuto luogo in un momento in cui la società amministrata dalla donante non versava in una situazione di disagio finanziario. Inoltre, si era perfezionata in esecuzione di una disposizione testamentaria della madre, costituendo, ai sensi dell’art. 648 c.c., un onere in capo alla erede, sanzionato con la risoluzione della disposizione testamentaria in caso di mancata ottemperanza.

3. Si costituiva Ma.An. sostenendo analoghe censure. C.R. restava contumace.

4. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 28 maggio 2013, accoglieva la domanda di revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c. attesa la mancata contestazione della pretesa creditoria della banca, la posteriorità dell’atto di disposizione del patrimonio, la gratuità dell’atto di donazione, l’irrilevanza della convinzione di agire in ottemperanza di un obbligo morale e la sussistenza dell’eventus damni.

5. Avverso tale sentenza proponevano appello, con unico atto, Ma.An. ed Ma.Er., quest’ultimo, nell’interesse della figlia minore A., lamentando la violazione dell’art. 648 c.c. per la mancata considerazione della data del decesso della testatrice ((OMISSIS)) rispetto a quella del rilascio della fideiussione (il 4 novembre 2006) e della donazione. Sotto altro profilo non si tratterebbe di un semplice obbligo morale, ma giuridico. Si costituiva UGF Banca S.p.A. contestando i motivi di impugnazione. Interveniva volontariamente C.R. aderendo alle conclusioni di parte appellante.

6. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 19 marzo 2018, interpretando il contenuto della disposizione testamentaria, riteneva che la donazione in favore delle figlie di C.R., della proprietà del bene acquistato con l’eredità, non costituisse un atto obbligato in senso stretto, con le conseguenze stabilite dall’art. 648 c.c. Pertanto, trattandosi di atto a titolo gratuito idoneo a depauperare il patrimonio della debitrice, non giustificato in ragione della sua doverosità, confermava la declaratoria d’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. disposta dal primo giudice.

7. Avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione An. e M.A. affidandosi a due motivi. Resisteva con controricorso UGF Banca SpA (già Unipol Banca S.p.A.). C.R. depositava controricorso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale. Le ricorrenti e la banca controricorrente depositavano memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

8. Fissata l’adunanza della Sesta Sezione civile per il 7 novembre 2019 e, successivamente, per il 12 dicembre 2019, questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 34562 del 27 dicembre 2019, ritenuto che le questioni di diritto sollevate dalle parti apparivano dotate di rilevanza, anche ai fini nomofilattici, rinviava la causa a nuovo ruolo per la discussione in pubblica udienza.

9. Il Procuratore generale deposita conclusioni scritte insistendo per il rigetto del ricorso.

10. Entrambe le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2901 c.c. e degli artt. 648 e 320 c.c. La Corte territoriale avrebbe errato laddove, pur riconoscendo che la donazione costituiva adempimento di un dovere giuridico, e non solo morale (come sostenuto dal giudice di primo grado), ne aveva affermato la revocabilità ai sensi dell’art. 2901 c.c. presumendo che l’atto traslativo fosse stato attuato con l’intento di sottrarre il bene alla garanzia generica del creditore. Al contrario, la disponente C.R. si sarebbe limitata a dare esecuzione ha un obbligo giuridico in favore delle figlie. Per svincolarsi da tale obbligo avrebbe dovuto ottenere l’autorizzazione del giudice tutelare e la nomina di un curatore speciale, facendo affidamento sull’improbabile condivisione di tale scelta, da parte del marito della disponente, nonchè padre delle ricorrenti. In sostanza, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare le conseguenze previste all’art. 320 c.c., comma 3 pur in presenza di due figlie minori beneficiarie. Il giudice di appello avrebbe dovuto considerare che, per sottrarsi all’onere, la disponente avrebbe dovuto rivolgersi al giudice tutelare poichè, l’art. 320 prevede che “i genitori non possono… rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni… se non per necessità o utilità evidente del figlio, dopo l’autorizzazione del giudice tutelare”. Pertanto, nel caso di valutazione non convergente da parte del Curatore speciale (atteso il conflitto di interessi) e da parte del padre delle due minori, oltre che del giudice tutelare, non sarebbe stato possibile sottrarsi all’obbligo previsto all’art. 648 c.c.

2. Inoltre, la decisione sarebbe censurabile nella parte in cui ha escluso che l’adempimento dell’onere (trasferimento dell’appartamento) costituisse il solo motivo determinante della disposizione testamentaria in un caso, come quello in esame, in cui il testatore non aveva contemplato alcuna sanzione ai sensi dell’art. 648 c.c. Sulla base di tali elementi la Corte territoriale di Brescia avrebbe concluso che la donazione effettuata non rientrava tra gli “atti obbligati in senso stretto”.

3. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione delle medesime disposizioni oggetto dell’art. 2901 c.c. e art. 320 c.c. La Corte territoriale non avrebbe considerato che l’obbligo giuridico di trasferire il bene con donazione era sorto alla data di apertura della successione ((OMISSIS)), mentre l’assunzione di garanzia fideiussoria si riferisce ad un momento successivo (24 novembre 2006). Inoltre, la dilatazione dei tempi necessari a dare esecuzione all’onere testamentario era stata determinata dalla necessità di ottenere l’autorizzazione del giudice tutelare, intervenuta in un momento successivo, ma precedente a quello del perfezionamento della donazione (16 ottobre 2008). Alla luce di tali elementi l’obbligo giuridico a trasferire il bene doveva ritenersi anteriore alla garanzia prestata (24 novembre 2006), perchè riferito al momento dell’apertura della successione ((OMISSIS)), se non al momento ancora precedente, della redazione della disposizione testamentaria (1 febbraio 2006).

4. I motivi strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente.

5. Ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 3, non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto, tale essendo l’obbligazione esistente, in capo all’autore dell’atto impugnato con l’actio pauliana, in epoca anteriore al compimento di tale atto.

6. Nella specie, costituisce circostanza pacifica tra le parti (oltre che attestata dallo stesso giudice d’appello) l’avvenuta imposizione, a carico della C., dell’obbligazione di procedere alla donazione dell’immobile oggetto di causa in favore delle figlie (e dunque al compimento dell’atto impugnato in questa sede), per effetto dell’onere alla stessa C. imposto dal testamento redatto dalla di lei madre.

7. L’obbligazione di procedere al compimento di detta donazione insorse, in capo alla C., a far data dall’apertura della successione della madre, costituente il dies a quo dell’efficacia delle disposizioni testamentarie redatte dalla de cuius.

8. E’, altresì, pacifica la circostanza della preesistenza dell’obbligazione donativa in capo alla C., rispetto all’atto con il quale la stessa ebbe ad assumere l’obbligazione fideiussoria nei confronti della banca attrice. Pertanto, l’atto con il quale la C. ebbe a trasferire alle proprie figlie l’immobile dedotto in giudizio costituiva l’adempimento di un debito scaduto (rispetto all’esercizio dell’actio pauliana da parte della banca), e dunque il compimento di un atto insuscettibile di formare oggetto di azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 3.

9. Ma, la Corte d’Appello di Brescia, sulla base di una interpretazione della disposizione testamentaria, ha escluso che “l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione” ai sensi dell’art. 648 c.c., comma 2.

10. Pertanto, con tale motivazione, ha ricondotto la fattispecie ad una ipotesi diversa da quella dell’adempimento di un debito scaduto, come tale non soggetto a revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 3. Tale valutazione, giusta o sbagliata che sia, non è stata adeguatamente contrastata, nè con il primo, nè con il secondo motivo.

11. In particolare, solo nel primo motivo, nella parte centrale dello stesso, le ricorrenti affrontano la questione (in maniera generica) rilevando che la decisione impugnata sarebbe censurabile nella parte in cui ha escluso che l’adempimento dell’onere (trasferimento dell’appartamento) costituisse il solo motivo determinante della disposizione testamentaria in un caso, come quello in esame, in cui il testatore non aveva contemplato alcuna sanzione ai sensi dell’art. 648 c.c., comma 2.

12. A prescindere dalla genericità della doglianza, la quale non si fa carico in alcun modo delle argomentazioni della Corte territoriale, una siffatta censura è comunque inammissibile poichè non menziona in alcun modo i criteri di ermeneutica negoziale e ciò sulla base del noto orientamento di legittimità secondo cui l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763).

13. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).

14. Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044).

15. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza che riguarda anche la posizione di C.R..

16. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti e C.R., in solido, al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto del presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

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