Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17666 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 02/07/2019), n.17666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9151-2015 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona del Responsabile Contenzioso

Esattoriale Lazio e legale rappresentante, domiciliata ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato FRANCESCO PISELLI;

– ricorrente –

contro

N.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VANIA SABETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 648/2014 del TRIBUNALE di RIETI, depositata il

11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/04/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Equitalia Sud s.p.a. il 2.12.2011 notificò a N.M. un “preavviso di fermo amministrativo” di un autoveicolo, a garanzia del pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del C.d.S., irrogate dal Comune di Roma per l’importo di 2.892,48 Euro.

2. Il 30.1.2012 N.M. propose dinanzi al Giudice di pace di Rieti un atto di opposizione nel quale:

-) dedusse che non gli era mai stata notificata la cartella di pagamento posta a fondamento del preavviso di fermo;

-) chiese, di conseguenza, dichiararsi “l’insussistenza del diritto a procedere ad esecuzione nei confronti della parte ricorrente”.

In punto di fatto allegò che la cartella esattoriale era stata notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. il 2.2.2010 in un luogo dal quale egli si era trasferito sin dal 19.12.2009.

3. Il Giudice di pace di Rieti con sentenza 21.1.2013 n. 22 rigettò la domanda.

Ritenne che ai fini della ritualità della notifica della cartella esattoriale occorreva avere riguardo non alla data in cui l’opponente presentò domanda di annotazione del trasferimento della residenza, ma alla data in cui questa venne annotata dall’anagrafe del comune interessato, ovvero il 15.6.2010, successiva alla notifica.

4. Il Tribunale di Rieti, adito dal soccombente, con sentenza 11.11.2014 n. 648 accolse il gravame e dichiarò “inefficace” il preavviso di fermo.

Ritenne il Tribunale che, ai fini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26 la data di “variazione anagrafica” (da cui decorrono i 30 giorni di ultrattività del vecchio domicilio, per i fini della notifica degli atti dell’erario) non è quella di annotazione della variazione anagrafica nei registri dello stato civile, ma quella della dichiarazione del cambio di residenza resa dall’interessato.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Equitalia Sud con ricorso fondato su cinque motivi.

Ha resistito N.M. con controricorso illustrato da memoria.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Questione preliminare.

1.1. Questo Collegio giudicante rileva, preliminarmente, come il presente ricorso possa essere deciso, a nulla rilevando che nel giudizio di appello non sia stato convenuto anche l’ente impositore, cioè il Comune di Roma.

N.M., infatti, ha chiesto l’accertamento della insussistenza dei presupposti per l’iscrizione del fermo amministrativo. Ha, quindi, formulato una domanda da qualificarsi come azione di accertamento, rispetto alla quale unico legittimato necessario è l’agente della riscossione, quale soggetto titolare del potere di agire in executivis nei confronti del debitore, come già stabilito da questa Corte (Sez. 6 3, Ordinanza n. 10854 del 07/05/2018, Rv. 648802 – 01).

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso.

2.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè pongono questioni tra loro strettamente intrecciate.

Con tutti e due i motivi la ricorrente lamenta, sotto diversi aspetti, che erroneamente il Tribunale ha ritenuto appellabile, invece che ricorribile per cassazione, la sentenza pronunciata in primo grado dal Giudice di pace.

Sostiene che l’opponente, dolendosi della mancata notifica della cartella, e chiedendo dichiararsi “l’insussistenza del diritto di procedere all’esecuzione”, avrebbe proposto una opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., con conseguente inappellabilità della sentenza di primo grado.

2.2. Ambedue i motivi sono infondati.

Questa Corte, infatti, ha già ripetutamente affermato che “la qualificazione in termini di azione di accertamento negativo della pretesa dell’agente della riscossione di iscrivere il fermo resta ferma, sia che l’accertamento si estenda al merito della pretesa creditoria, sia che riguardi l’esistenza del diritto dell’agente di procedere alla iscrizione, sia che si contesti l’iscrizione di fermo dal punto di vista della regolarità formale dell’atto” (così Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018, Rv. 648267 – 01, in motivazione; nello stesso senso, in seguito, Sez. 3 -, Sentenza n. 28528 del 08/11/2018, Rv. 651657 01).

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1 e della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23.

Deduce che il Tribunale per pervenire al rigetto dell’appello, ha ritenuto di interpretare il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in modo costituzionalmente orientato. Tuttavia, ad avviso della ricorrente, se davvero quella norma presentava un sospetto di illegittimità costituzionale, il Tribunale non avrebbe potuto decidere la causa, ma avrebbe dovuto sollevare l’incidente di costituzionalità.

3.1. Il motivo è manifestamente infondato.

Censurabile in sede di legittimità può essere – semmai l’interpretazione della norma adottata dal giudice di merito, ma non la scelta di interpretarla in modo conforme a Costituzione, piuttosto che sollevare l’incidente di legittimità costituzionale.

Sarà appena il caso di ricordare, comunque, che dinanzi a norme ambigue l’interprete ha l’obbligo, e non la facoltà. di interpretarle in modo costituzionalmente orientato (ex permultis, Corte Cost. (orci), 13-06-2008, n. 208).

4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso.

4.1. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Con tali motivi la società ricorrente lamenta l’erroneità dell’interpretazione che il Tribunale ha adottato del D.P.R. n. 602 del 1972, art. 62 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60.

Sostiene che, nel caso di trasferimento della residenza del contribuente, i 30 giorni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60entro i quali è consentito all’amministrazione eseguire notifiche nel domicilio dismesso, decorrano non dalla richiesta di trasferimento presentata dal contribuente agli uffici anagrafici, ma dal momento in cui questi ultimi compiono la relativa annotazione negli atti dello stato civile.

4.2. Ambedue i motivi sono infondati.

Il D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 18, comma 2, nel testo vigente ratione temporis (anteriore alle modifiche di cui dal D.P.R. 30 luglio 2012, n. 154, art. 1, comma 1, lett. e), in vigore dal 25.9.2012), stabiliva tra l’altro:

“la cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione e l’iscrizione nell’anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza.

Si tratta di un testo normativo cristallino e che non consente divagazioni.

Vero è che la norma parla di trasferimento della residenza da un comune ad un altro, mentre nel caso di specie il trasferimento avvenne nell’ambito del medesimo comune; ma l’analogia legis impone di applicare la medesima regola anche a quest’ultima ipotesi. Il Tribunale, pertanto, ha dato della legge una interpretazione corretta.

5. Le spese.

5.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

5.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Equitalia Sud s.p.a. alla rifusione in favore di N.M. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.785, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Equitalia Sud s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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