Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17656 del 17/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.17/07/2017),  n. 17656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7484/2016 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

LOTARIO 6, presso lo studio dell’avvocato SILVIA AENTE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO LACOPO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1202/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 03/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con la sentenza epigrafata, la Corte di appello di Reggio Calabria, in accoglimento del gravame dell’INPS ed in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da G.G., intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto a beneficiare dell’assegno di invalidità civile con decorrenza dalla domanda ovvero con altra decorrenza;

che la Corte rilevava, all’esito di nuova cm medico legale – che precisava le percentuali attribuibili ad ognuna delle patologie riscontrate e riscontrava il miglioramento dell’affezione oculare già presente in sede di indagine peritale di primo grado – che il gradiente invalidante complessivo riconoscibile in favore della G. era inferiore a quello idoneo per legge al riconoscimento del beneficio assistenziale invocato;

che, per la cassazione di tale decisione ricorre la G., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2.1. che, con il primo motivo, viene dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, evidenziandosi la mancata considerazione della sindrome ansioso depressiva da cui era affetta la ricorrente;

2.2. che, con il secondo motivo, viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, rilevandosi che nella sentenza impugnata il diritto al beneficio assistenziale viene negato sulla base della quantificazione dell’invalidità che ha indotto a ritenere insussistente il requisito sanitario, laddove, secondo una corretta interpretazione delle norme, sarebbe stato rilevante ai detti fini non la parziale inettitudine lavorativa, bensì l’incapacità dell’assicurata ad essere adibita a proficuo lavoro;

che si rileva sotto tale profilo il vizio della sentenza limitatasi a negare il beneficio sulla base delle sole conclusioni formulate nella c.t.u., senza indicare il possibile eventuale impiego delle asserite energie lavorative residue e, quindi, senza alcun accertamento che la residua capacità lavorativa, in relazione alle attitudini lavorative di bracciante agricola consentisse lo svolgimento di attività lavorativa confacente;

2.3. che, con l’ultimo motivo, si deduce la nullità della sentenza per contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla valutazione della capacità lavorativa dell’istante con riguardo all’attività svolta e come bracciante agricola;

3.1. che il primo motivo è inammissibile, posto che in termini del tutto generici si fa riferimento alla mancata valutazione di sindrome ansioso depressiva senza rilevare l’incidenza di tale patologia ai fini del calcolo del gradiente invalidante complessivo e prima ancora offrire elementi di riscontro circa la rilevata presenza di tale patologia nell’ambito del primo grado del giudizio conclusosi favorevolmente per l’assistita;

che, quanto al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si osserva, poi, che è scomparso il termine motivazione e che deve trattarsi di un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

che è evidente, quindi, che il motivo all’esame non presenti alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5, così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte (n. 8053/2014);

3.2. che, quanto al secondo ed al terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto, ugualmente deve rilevarsene l’inammissibilità; che, invero, non può essere assolutamente condiviso l’assunto di parte ricorrente secondo cui, anche in presenza di residua capacità lavorativa superiore ad 1/3, deve essere riconosciuto il diritto all’assegno, allorchè l’utilizzo delle residue energie non possa avvenire se non intaccando in maniera determinante l’efficienza psico-fisica del soggetto, e non consenta altresì lo svolgimento di una attività lavorativa idonea alle attitudini lavorative. Non pertinenti si appalesano le critiche formulate in quanto i due istituti dell’assegno di invalidità civile e dell’assegno ordinario sono geneticamente, strutturalmente e normativamente differenti:

che il secondo, previsto dalla L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 3, costituisce una prestazione di natura previdenziale, ed è collegata alla esistenza di un rapporto previdenziale, presuppone lo svolgimento di una pregressa attività lavorativa, ha come punto di riferimento la capacità lavorativa specifica dell’assicurato, è correlata alla impossibilità dello svolgimento in maniera non usurante della suddetta attività lavorativa o di altra confacente alle specifiche attitudini del soggetto, in coerenza al ruolo suppletivo del sistema previdenziale che valorizza la attitudine del soggetto assicurato a sfruttare una residua capacità lavorativa in attività confacenti, laddove l’assegno di invalidità civile previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, costituisce una prestazione di natura assistenziale, che ha come punto di riferimento la capacità lavorativa generica dell’assistito, è strutturata in base ad sistema tabellare di punti di invalidità, per cui, ove tale invalidità non raggiunga la soglia del 74%, la suddetta prestazione non può essere concessa;

che, pertanto, a fronte di una pronuncia che ha accertato l’insussistenza del requisito sanitario per il beneficio assistenziale dell’assegno di invalidità civile, le censure risultano inconferenti, essendo supportate da rilievi che attengono alla diversa prestazione previdenziale. In ogni caso anche il riferimento alla contraddittorietà ed illogicità della motivazione risulta di per sè inidonea a concretare il vizio dedotto perchè connotata da assoluta genericità;

4. che, alla stregua delle esposte considerazioni, in adesione alla proposta del relatore, deve pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso;

5. che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza;

6. che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2017

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