Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17656 del 02/07/2019
Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 02/07/2019), n.17656
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16371/2016 R.G. proposto da:
Ente Autonomo per le Fiere di Verona, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Giorgio Floridia, Raffaella Floridia e Marco Pugliesi, presso il cui
studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Cremuzio Cordo, n.
23;
– ricorrente –
contro
Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, H.D., F.E. e
T.P., tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Virginia
Ripa di Meana e Valeria Vacchini, con domicilio eletto in Roma,
piazza dei Caprettari, n. 70;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma depositata il 9 ottobre
2014.
Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere
Dott. Cosimo D’Arrigo;
letta la sentenza impugnata;
letto il ricorso, il controricorso e le memorie depositate ai sensi
dell’art. 380-bis-1 c.p.c..
Fatto
RITENUTO
L’Ente Autonomo per le Fiere di Verona, titolare del marchio “(OMISSIS)” (che contrassegna la più rilevante fiera di prodotti vinicoli del Paese), conveniva in giudizio il Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a., il direttore responsabile H.D. e i giornalisti F.E. e T.P., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla pubblicazione sul settimanale “(OMISSIS)” di due articoli, intitolati rispettivamente “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”. Esponeva che i titoli, riferiti in realtà a due indagini penali relative a sofisticazioni alimentari di prodotti vinicoli, avevano cagionato un rilevante danno d’immagine al marchio “(OMISSIS)”, di cui la parola “(OMISSIS)” rappresentava una malevola storpiatura:
l’accostamento era inevitabile non solo per l’evidente assonanza delle due parole e per il contenuto degli articoli, concernenti per l’appunto prodotti vinicoli, ma anche perchè la pubblicazione era accompagnata dalla rappresentazione fotografica di una bottiglia e di un bicchiere di vino ed era avvenuta in concomitanza con l’apertura della manifestazione del 2008.
La domanda veniva rigettata dal Tribunale di Roma, rilevando che negli articoli di stampa non vi era, in realtà, nessun riferimento alla manifestazione fieristica (pacificamente estranea alla vicenda penale) e che l’editore non poteva avere nessun ragionevole motivo per voler offendere la reputazione dell’Ente. Aggiungeva che quest’ultimo non aveva titolo per vantare alcuna esclusiva sull’uso del suffisso “-italy” e che l’eventuale accostamento non aveva alcuna potenzialità diffamatoria, posto che negli scritti non vi era alcun riferimento alla manifestazione “(OMISSIS)”. In ogni caso, rilevava che l’Ente attore non aveva fornito alcuna allegazione di un effettivo pregiudizio commerciale della propria attività, nè poteva ritenersi legittimato ad agire a tutela dell’immagine della categoria dei produttori di vino, non avendone alcuna capacità esponenziale.
La decisione era appellata dall’Ente, ma la Corte d’appello di Roma, con ordinanza ex artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., pubblicata il 30 aprile 2016, dichiarava inammissibile il gravame.
L’Ente ha quindi proposto ricorso per la cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, della sentenza di primo grado per due motivi.
Gli intimati hanno resistito congiuntamente con un unico controricorso.
Il Pubblico Ministero non ha ritenuto di depositare conclusioni scritte.
L’Ente ha depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme sull’illecito di diffamazione a mezzo stampa.
Il motivo pone profili preliminari di ammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendo stata omessa la specifica indicazione delle norme di cui si deduce la violazione.
Tuttavia, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che non è inammissibile il ricorso per cassazione in cui sia stata omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate, la cui presenza non costituisce requisito autonomo ed imprescindibile dell’atto, ma è solo funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicchè la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza solo se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate. (Sez. 5, Ordinanza n. 21819 del 20/09/2017, Rv. 645629 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25044 del 07/11/2013, Rv. 629102 – 01).
Orbene, nel caso in esame, la questione prospettata riguarda l’accertamento della capacità diffamatoria degli articoli di stampa in questione. Tale prospettazione, tuttavia, si rivolve per la massima parte, in doglianze di merito che neppure l’Ente ricorrente prospetta come vere e proprie violazioni di legge.
Pertanto, il motivo è inammissibile non solo per la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ma anche perchè richiede a questa Corte di sovrapporre il proprio giudizio ad un apprezzamento in fatto (relativo alla capacità diffamatoria degli articoli) riservato ai giudici di merito.
2 A tale esito si sottrae, però, un profilo dedotto sempre nell’ambito del primo motivo, concernente l’autonoma potenzialità diffamatoria del titolo “(OMISSIS)”.
In parte qua, il motivo è meritevole di accoglimento.
Il Tribunale ha basato la propria decisione soltanto sul contenuto del testo degli articoli di stampa, trascurando del tutto l’impatto autonomo del titolo, il quale – già da solo – potrebbe invece avere invece valenza diffamatoria.
Questa Corte ha recentemente ribadito che, in tema di esercizio dell’attività giornalistica, il carattere diffamatorio di un articolo non può essere valutato sulla base di una lettura atomistica delle singole espressioni, ma con riferimento all’intero contesto della comunicazione, comprensiva di titoli e sottotitoli e di tutti gli altri elementi che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo. Infatti, in contenuto diffamatorio non va riferito solamente alla percezione che del contenuto dell’articolo di stampa possono avere i lettori attenti, che ne leggono l’intero contenuto, ma anche in relazione ai lettori più frettolosi, che possono farsi fuorviare e suggestionare anche solo dal titolo o dalle fotografie che lo accompagnano. Si deve, pertanto, riconoscere particolare rilievo alla titolazione, in quanto specificamente idonea, in ragione della sua icastica perentorietà, ad impressionare e fuorviare il lettore, ingenerando giudizi lesivi dell’altrui reputazione (Sez. 3, Sentenza n. 29640 del 12/12/2017, Rv. 646655 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 12012 del 16/05/2017, Rv. 644302 – 01).
Nella specie, l’accostamento del neologismo “(OMISSIS)”, impiegato nel titolo, alla manifestazione “(OMISSIS)” è evidente. Pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto accertare se la storpiatura fosse di per sè offensiva, a prescindere dalla circostanza che il lettore attento, arrivando in fondo all’articolo, si poteva rendere conto che l’Ente Fiera di Verona era del tutto estraneo alle vicende penali verificatesi, in relazione alle posizioni di singoli produttori vinicoli, in alcune parti d’Italia.
In relazione a tale profilo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio. Il giudice del rinvio, attenendosi al principio di diritto sopra indicato, dovrà quindi valutare l’autonoma capacità diffamatoria del titolo e della veste grafica, comprensiva delle immagini fotografiche, con cui il servizio giornalistico in questione è stato presentato al lettore.
2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme sull’interesse ad agire e sul risarcimento del danno.
Il motivo è assorbito dal parziale accoglimento del precedente. Infatti, gli eventuali profili risarcitori presuppongono il preventivo accertamento della capacità diffamatoria del titolo contenente la parola “(OMISSIS)”, rimesso al giudice del rinvio. Solo in caso di esito positivo di tale scrutinio, si porrà un problema di determinazione del danno risarcibile in relazione alla lesione concretamente riscontrata.
3. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il motivo di ricorso, cassa la sentenza in relazione al motivo e rinvia al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019