Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17655 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 15/11/2018, dep. 02/07/2019), n.17655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19514-2015 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MARTINELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE DI PONZIO giusta

memoria di costituzione nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 24,

presso lo studio dell’avvocato TIZIANA ANNICCHIARICO, rappresentato

e difeso dall’avvocato LUIGI DE GREGORIO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 458/2015 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

TARANTO, depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato RAFFAELE DI PONZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2010 M.G., premesso che con contratto del 10/2/2007 aveva concesso in locazione a C.N. un immobile sito in (OMISSIS), comunicando poi disdetta con raccomandata del 15 gennaio 2010, intimò al C. licenza per finita locazione per la data del 10 febbraio 2011 e contestualmente lo convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di (OMISSIS) per la relativa convalida.

Il convenuto eccepì la nullità della comunicazione di diniego di rinnovazione del contratto (L. n. 431 del 1998, ex art. 3)del gennaio 2010 per mancanza di sottoscrizione e chiese il rigetto della domanda.

Pronunciata ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. e disposto il mutamento del rito, il Tribunale adito, con sentenza n. 1287/2014, depositata il 30 aprile 2014, ritenne fondata l’opposizione, attesa l’improduttività di effetti giuridici della detta comunicazione poichè non sottoscritta, e, rilevando che non era più possibile la prosecuzione del contratto, stante l’avvenuta esecuzione dell’ordinanza di rilascio, rigettò la domanda di convalida, accolse la pretesa risarcitoria del C., inerente alla differenza del canone mensile per la necessitata nuova locazione e alle spese di trasloco, condannò il M. al pagamento, a tale titolo, della somm complessiva di Euro 11.800,00, oltre rivalutazione ed interessi.

Avverso tale sentenza il M. propose impugnazione, chiedendo l’accoglimento dell’originaria istanza di convalida.

Al gravame si oppose il C., invocando la conferma della sentenza di primo grado.

La Corte di appello Lecce – Sezione distaccata di Taranto rigettò l’impugnazione, condannò l’appellante alle spese di quel grado e diede atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti di cui alla prima parte di tale norma.

Avverso la sentenza della Corte di merito M.G. ha proposto ricorso per cassazione basato, in sostanza, su quattro motivi e illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso C.N..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, rubricato “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1423,1419 e 1399 c.c. in relazione all’art. 12 disp. gen.”, si lamenta che il Tribunale e, per relationem, la Corte di merito abbiano “ritenuto che la disdetta priva della sottoscrizione del locatore, quale atto giuridico sia inesistente ed inefficace, per erronea interpretazione ed applicazione all’atto giuridico (unilaterale) di disdetta, della disciplina prevista per i contratti in generale”, che, invece, secondo il M., condurrebbe a conclusioni diametralmente opposte.

Ad avviso del ricorrente la doglianza dedotta al riguardo con l’atto di appello (p. 6-9) sarebbe stata pretermessa dalla Corte di merito, con conseguente omissione di pronuncia su una questione giuridica decisiva.

Sostiene il M. che “la mancanza in calce alla scrittura privata della sottoscrizione non determina in linea di principio e in via generale che il contratto ne sia oggetto sia radicalmente invalido (sub specie: nullo) ed improduttivo di effetti”.

Come già dedotto con il secondo motivo di appello, il ricorrente rileva che, secondo la giurisprudenza di legittimità, “con riferimento ai contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiam il contraente che non ha sottoscritto l’atto può perfezionare il negozio o con la produzione in giudizio del documento al fine di farne valere gli effetti contro l’altro contraente sottoscrittore, o manifestando a questi con proprio atto scritto, la volontà di avvalersi del contratto”; “in tal caso, la domanda giudiziale o il successivo scritto assumono valore equipollente della firma mancante semprechè, medio tempore, l’altra parte non abbia revocato il proprio consenso o non sia deceduta, con la conseguente impossibilità della formazione del consenso nella forma richiesta dalla legge” e “la formazione giudiziale del contratto solenne, non soffre deroga per il fatto che la nullità del negozio sia stata dedotta dalla controparte prima della produzione”.

Ad avviso del M., sarebbe pertanto frutto di violazione e falsa applicazione degli artt. 1423,1419 e 1399 c.c., in relazione all’art. 12 disp. gen., quanto affermato in sentenza dalla Corte territoriale e secondo cui “nel caso all’esame, conseguentemente, la comunicazione di disdetta pervenuta (comunque) al conduttore – e incontestabilmente mancante di sottoscrizione – non integrava scrittura privata, nè atto unilaterale recettizio produttivo dell’effetto di impedire il rinnovo del contratto locatizio. Nè può correttamente farsi riferimento all’istituto della ratifica, questa presupponendo un atto non inesistente nè nullo, ma solo inefficace nei confronti del rappresentato poichè posto in essere da falsus procurator, e dunque in ipotesi fattuale del tutto diversa da quella che ne occupa”.

La riportata affermazione della Corte di merito si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, ad avviso del M., secondo il quale la mancanza di sottoscrizione sarebbe un difetto formale dell’atto giuridico sanabile con efficacia retroattiva, analogicamente, ex art. 12 disp. gen., a quanto previsto dall’art. 1399 c.c. per la ratifica.

2. Con il secondo motivo, indicato in ricorso come “1.bis)” e rubricato “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. – Violazione e falsa applicazione L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, in relazione all’art. 1350, n. 13, art. 1351, art. 1325, nn. 4 e 1, in relazione all’ipotesi di nullità di cui all’art. 1418 c.c., comma 2, per il contratto di locazione e per la disdetta, ex 1324 c.c. quale atto giuridico unilaterale”, il ricorrente rappresenta di aver evidenziato già nell’atto di appello che, prevedendo la L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4 che “per la stipula del contratto di locazione è richiesta la forma scritta”, per il combinato disposto degli artt. 1324 e 1351 c.c., analogo requisito sarebbe ora richiesto per la validità della disdetta della locazione, come pure condivisibilmente affermato dal Tribunale, e deduce di aver censurato però la parte della sentenza del primo giudice in cui era stato affermato che non sarebbe più ammissibile una disdetta scritta priva di sottoscrizione, sul rilievo che, nel caso all’esame, la disdetta sarebbe stata data a mezzo raccomandata A.R. del 15 gennaio 2010, ricevuta dal conduttore il 19 gennaio 2010 in forma scritta e tempestivamente e che la giurisprudenza non solo ammetterebbe che la sottoscrizione mancante di una parte venga utilmente sostituita dalla produzione in giudizio della scrittura ad opera di quella stessa parte ma riterrebbe anche che possa verificarsi la sanatoria attraverso un atto giuridico avente natura di atto unilaterale recettizio che, con effetto sanante, potrebbe essere compiuto, ad esempio, con il rilascio della procura a margine della citazione in giudizio o con altro atto, purchè idoneo a determinare effetti sostanziali e processuali, con efficacia ex tunc circa la provenienza dello scritto apparentemente proveniente dalla parte che non l’ha sottoscritto, che in tal modo, ora per allora ne farebbe proprio il contenuto e nel contempo ne soddisferebbe il requisito della sottoscrizione.

Non sarebbe, pertanto, condivisibile, secondo il M., l’assunto secondo cui la disdetta priva di sottoscrizione sarebbe improduttiva di effetti.

3. Con il terzo motivo, indicato in ricorso come “1.ter)” e rubricato “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. – Violazione e falsa applicazione degli (artt.) 1334 – 1335 e 1372 c.c., art. 1326 c.c. e art. 1325, n. 4, in relazione all’art. 1325, n. 4”, il M. sostiene che, quale atto giuridico recettizio, la disdetta non necessiterebbe della sottoscrizione del locatore per la sua validità e, a fortiori, per produrre effetti in quanto essa produrrebbe i suoi effetti nel momento in cui giunge nella conoscenza del destinatario, secondo la regola generale valida per ogni atto giuridico unilaterale avente natura recettizia, ex art. 1334 e 1335 c.c.. Pertanto, il ricorrente censura l’assunto del Tribunale, condiviso anche dalla Corte di appello nella sentenza impugnata in questa sede e secondo cui “nessun valore riveste, nè effetto giuridico avrebbe la missiva (scrittura privata) inviata al conduttore apparentemente di provenienza del locatore, senza firma dello stesso”, e comunque insuscettibile di sanatoria.

4. Con il quarto motivo, indicato in ricorso come “2” e rubricato “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., n. 4 e art. 1418 c.c., comma 2, in relazione all’art. 2702 c.c., art. 2705 c.c. e ss., e art. 214 c.p.c. e ss. “, il ricorrente censura la sentenza della Corte di appello nella parte in cui si afferma che “secondo costante giurisprudenza (da cui non vi è motivo di discostarsi), elemento essenziale per la validità di una scrittura privata è la sottoscrizione della stessa da parte del suo autore (Cass. 2289/2001), essendosi ancora recentemente sottolineato come le scritture prive di sottoscrizione non possono rientrare nel novero delle scritture private aventi valore giuridico formale e produrre effetti sostanziali e probatori (Cass. ord. n 3730 del 14/12/2013, esattamente menzionata nella sentenza (del Tribunale))”.

Ad avviso del ricorrente, l’ordinanza richiamata dalla Corte di merito e ancor prima dal Tribunale non si attaglierebbe al caso in esame, afferente ad un documento privo di sottoscrizione non della parte contro cui è prodotta (come nella specie esaminata da quella ordinanza) bensì della parte da cui tale documento è stato prodotto.

Peraltro, deduce il ricorrente che la sottoscrizione del mittente non sarebbe “elemento formale essenziale in mancanza del quale la scrittura privata e il contratto (o l’atto giuridico che ne è oggetto) sarebbe nullo per difetto di forma, si pensi in via analogica al telegramma… documento che in copia perviene al destinatario privo di sottoscrizione” e che, a differenza di quanto previsto per la disdetta alla seconda scadenza (L. n. 413 del 1998, art. 2, commi 1 e 5), per la disdetta alla prima scadenza l’art. 3 della richiamata legge neppure richiederebbe che la disdetta venga comunicata a mezzo raccomandata, sicchè non potrebbe escludersi che la comunicazione di diniego di rinnovo possa essere data a mezzo telegramma; sostiene, altresì, il M. che la più recente giurisprudenza di legittimità avrebbe ritenuto valida ed efficace l’impugnativa del licenziamento del lavoratore, per la quale è richiesta la forma scritta, effettuata a mezzo telegramma inviato mediante dettatura telefonica, e quindi con scrittura priva di sottoscrizione, affermando pure che, in caso di contestazione, la prova della provenienza potrebbe essere fornita anche mediante presunzioni.

5. I motivi sopra riportati, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente.

5.1. Osserva il Collegio che, con riferimento alla prima scadenza – come nel caso all’esame -, la L. n. 431 del 1998, art. 3applicabile nella specie, prevede che il locatore possa avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, senza neppure richiedere che tale comunicazione sia inviata a mezzo raccomandata, come invece previsto per la seconda scadenza dall’art. 2, commi 1 e 5 medesima legge.

Risulta che il ricorrente ha inviato tale comunicazione al conduttore a mezzo lettera raccomandata tempestivamente ricevuta, sicchè è stata nella specie, comunque, adottata la forma scritta.

La comunicazione in questione, che costituisce un atto negoziale unilaterale e recettizio, concretantesi in una manifestazione di volontà del locatore di avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, difetta, pacificamente, della sottoscrizione che, in relazione all’atto di cui si tratta e ai fini che qui rilevano, costituisce mero strumento di riferibilità della comunicazione stessa al locatore, riferibilità che, mancando la sottoscrizione e in caso di contestazione, può essere tuttavia desunta da altri elementi e, comunque, provata con ogni mezzo.

Va evidenziato che, nel caso all’esame, come si desume dalla stessa narrazione dei fatti riportata a p. 2 del controricorso, risulta contestata la sola mancanza di sottoscrizione della comunicazione in parola (peraltro riprodotta integralmente a p. 2 del ricorso, da cui si evince che nell’intestazione della stessa è riportata l’indicazione completa del mittente ed in calce sono riportati il nome e il cognome del locatore) ma non risulta sia stata effettivamente contestata nel giudizio di merito la riferibilità della stessa al locatore o la provenienza della medesima dal M., difettando di specificità il controricorso con riferimento ad ulteriori contestazioni mosse in relazione alla comunicazione in parola (possibile attribuibilità della stessa al figlio del locatore, “quale beneficiario della motivazione oggetto della missiva de qua”) cui si fa riferimento a p. 9 del predetto atto, senza che sia precisato quando e in quali esatti termini la questione sia stata sottoposta all’esame dei Giudici di merito.

A quanto precede va aggiunto che, peraltro, non risulta correttamente ritenuta dalla Corte di merito l’invalidità e l’inesistenza della comunicazione all’esame (v. p. 6 e 7 della sentenza impugnata), atteso che l’atto unilaterale recettizio in parola, prodotto in giudizio dal ricorrente locatore nei confronti del conduttore, deve ritenersi, nella specie, valido ed efficace in ossequio all’insegnamento giurisprudenziale secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura privata (pure in caso di forma scritta richiesta ad substantiam, come avviene, ad esempio, per la lettera di licenziamento), priva di firma da parte di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione, a condizione che tale produzione avvenga ad opera della parte stessa (v., ex multis, Cass. 12/06/2006, n. 13548; Cass. 25/02/2004, n. 3810; Cass. 11/03/2000 n. 2826) nel giudizio pendente nei confronti dell’altro contraente o, deve ritenersi in caso di atto unilaterale inter vivos e a contenuto patrimoniale (la cui disciplina è equiparata ex art. 1324 c.c., in quanto compatibile, a quella dei contratti), nei confronti del relativo destinatario se si tratta di atto recettizio (Cass. 11/03/2000 n. 2826; Cass. 16/05/2017, n. 12106; Cass. 22/01/2018, n. 1525).

6. Tali rilievi assorbono ogni ulteriore questione proposta dalle parti.

7. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione.

8. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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